Presentato il report degli archeologi Unife sugli obiettivi raggiunti nel sito archeologico a pochi passi dal Sepolcro cd. di Geta.
Si è conclusa da pochi giorni la Seconda Campagna di Scavo presso il sito di Via Appia Antica n. 39, nel cuore del Parco Archeologico e del Parco Regionale dell’Appia Antica a pochi passi dal Sepolcro cd. di Geta. Il gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Ferrara per il laboratorio “Eredità culturali e comunità”, sotto la direzione scientifica della Prof.ssa Rachele Dubbini, presenta i nuovi risultati, con lo sguardo già rivolto alla Terza Campagna di Scavo, prevista a partire dal 18 settembre 2023.
Il cantiere archeologico, aperto in regime di concessione del Ministero della Cultura (DG ABAP DD 679, 31/05/2022) e finanziato dalla fondazione Patrum Lumen Sustine – PLuS Stiftung e Associazione L’Italia Fenice, ha interessato un’area posta a poche centinaia di metri fuori le Mura Aureliane, mai indagata finora da uno scavo archeologico con finalità di ricerca, nonostante la sua forte valenza storica e culturale. Lo spazio in cui l’Appia Antica supera la valle dell’Almone rappresentava il confine della città di Roma e questo suo carattere critico e di passaggio si riflette nella carica che quest’area acquisisce in ambito religioso, dalla ninfa Egeria, al santuario di Marte Gradivo, all’incontro di San Pietro con il Cristo.
“Il progetto non riguarda solo le attività di scavo archeologico ma è un vero laboratorio in cui insieme agli studenti universitari, a professionisti di diversi ambiti scientifici e della valorizzazione del patrimonio culturale stiamo sperimentando nuovi modi di fare archeologia ”esordisce la direttrice scientifica, prof.ssa Rachele Dubbini “Il cantiere archeologico è per sua natura interdisciplinare perché si basa su un approccio di tipo contestuale, che indaga cioè le relazioni tra gli oggetti, gli uomini e l’ambiente in cui questi si trovano. Recentemente siamo passati a un approccio di tipo globale, in cui ogni elemento del sito analizzato, antropico e naturale, viene tenuto in considerazione per il suo valore storico, senza alcuna gerarchia di importanza tra epoca antica e post-antica, per giungere quindi negli ultimi anni a un’archeologia cd. pubblica, che si apre cioè a diversi pubblici oltre a quello degli specialisti. In questa campagna, grazie al prezioso supporto del Parco Archeologico dell’Appia Antica, siamo andati oltre, permettendo ai visitatori di scendere in cantiere insieme ai professionisti e ai nostri studenti e provare in prima persona il mestiere dell’archeologo. Questo esperimento è molto importante perché illustra a diverse tipologie di pubblico, in maniera semplice ma efficace, quali sono le procedure dello scavo e il valore di una professione che da una parte esercita da sempre un grande fascino, con un impatto fortissimo sull’immaginazione dei più, ma di cui non viene compresa a livello generale l’importanza per la società contemporanea, soprattutto in Italia. Un grande insegnamento anche per i nostri studenti”.
L’ampliamento della trincea aperta lo scorso anno e quindi della superficie d’indagine, oltre ad aver permesso la piena identificazione di alcune strutture solo parzialmente intercettate nella prima campagna di scavo, ha portato alla luce ulteriori edifici che dovevano essere presenti a ridosso del tracciato della Via Appia Antica.
“L’ampliamento del sedime di scavo effettuato in questa seconda campagna ha più che raddoppiato l’area oggetto d’indagine archeologica”, afferma con soddisfazione Fabio Turchetta, Direttore dello scavo. “Le indagini archeologiche hanno confermato la natura funeraria dell’area, occupata da edifici pertinenti a famiglie o a limitati clan familiari; le strutture identificate, perlopiù colombari di piccole o medie dimensioni, sono realizzate in opera cementizia con paramenti in laterizi, alcuni dei quali di eccezionale fattura; all’interno dei vani è presente un cospicuo numero di sepolture a incinerazione, entro olle infisse nelle murature, e di sepolture a inumazione conservate in arcosoli, che stiamo indagando grazie alla preziosa collaborazione della cattedra della prof.ssa Barbara Bramanti.”
“Questa seconda campagna di scavo – aggiunge il Dott. Turchetta – ha già permesso di raggiungere la quota pavimentale di uno degli edifici che doveva essere attiguo alla Via Appia; qui sono stati rinvenuti alcuni lacerti di un interessante mosaico geometrico bianco e nero. Dei restanti edifici, più lontani dalla Via Appia e che con tutta probabilità si impostavano a una quota più bassa, non sono ancora stati raggiunti i piani di calpestio.”
Fra i ritrovamenti di maggiore interesse è una struttura in blocchi di tufo identificata sul limite meridionale dell’area di scavo. “La struttura in blocchi doveva verosimilmente segnare un confine invalicabile tra il lotto sul quale fu permessa la costruzione degli edifici funerari e un’area in cui l’edificazione di strutture fu palesmente preclusa. L’indagine archeologica che riprenderà nella campagna autunnale fornirà ulteriori dati per l’interpretazione di tale preesistenza” ha aggiunto il Dott. Turchetta mostrando una certa trepidazione. “Scavare significa sollevare lentamente il sipario che cela da circa 1800 anni una scenografia che doveva essere di grande impatto visivo allora e che emoziona ancor più oggi”.
Matteo Lombardi, dottorando del programma “Sostenibilità ambientale e benessere” dell’Università di Ferrara, e responsabile di uno dei settori di scavo conclude: “Lo scavo dei primi strati di obliterazione interna ai piccoli mausolei ha parzialmente messo in luce un apparato decorativo di livello, con la presenza di intonaci dipinti, sia con scene figurate che con la rappresentazione di lastre marmoree. Un erote alato si mostra in tutta la sua straordinaria vividità sulla porzione di una parete di uno dei colombari appena scavati. “Aspettiamo con grande impazienza le prossime campagne di scavo per conoscere la meravigliosità delle decorazioni e la complessità delle strutture che continueremo a portare alla luce dopo questo lungo oblio”.
“I paesaggi antichi e le loro architetture stanno emergendo dallo scavo insieme a un cospicuo nucleo di reperti. Questi provengono dalle grandi colmate di riempimento degli edifici funerari, seguite agli abbandoni e alle demolizioni intercorse nel VI secolo d.C. In queste dinamiche i frammenti dei materiali da costruzione, degli stucchi e degli intonaci dipinti si sono mescolati agli arredi e agli oggetti d’uso che si sono accumulati nell’intensa frequentazione dell’area”, sostiene Francesca Romana Fiano, responsabile del trattamento dei reperti e prosegue “Il paesaggio di oggetti che iniziamo a ricostruire ci parla di storie individuali e collettive e delle trasformazioni intervenute nel corso delle generazioni che si sono avvicendate nei secoli lungo la Via Appia. Numerose attività hanno visto gli studenti coinvolti sul campo con restauratori e specialisti per accedere ai significati storici, culturali ed economici impliciti nella cultura materiale, dall’orizzonte mediterraneo offerto dalle anfore da trasporto, alle tracce di un gesto intimo come una lucerna lasciata accesa, ultima fiammella di luce per i propri cari defunti.”
Seguendo le indicazioni del Parco Archeologico dell’Appia Antica, l’artista e restauratrice Athina Koumparouli ha compiuto un primo intervento conservativo per mettere in sicurezza le superfici di intonaco dipinto e i lacerti musivi emersi in questa campagna attraverso operazioni di consolidamento e stuccature, seguendo il criterio del minimo intervento attraverso l’impiego di materiali e tecniche compatibili con i manufatti.
Gli intonaci dipinti presentavano infatti alcune criticità legate a distacchi e fessurazioni, per tale ragione sono stati realizzati puntuali consolidamenti di profondità attraverso iniezioni localizzate di malta idraulica, infine sono state contestualmente sigillate le fessurazioni e realizzate le stuccature a protezione dei bordi con una malta a base di calce idraulica compatibile con i materiali originali per proprietà chimiche e fisico-meccaniche.
Le superfici musive non presentavano gravi fenomeni di dissesto o distacchi, tuttavia era necessario mettere in sicurezza i bordi perimetrali dei lacerti per assicurare la stabilità delle tessere, a tal fine è stata realizzata una stuccatura a contenimento dei bordi con malta realizzata ad hoc a base di calce idraulica.
Uno degli obiettivi del progetto archeologico riguarda la creazione di quella che viene definita nella Convenzione di Faro come “comunità di eredità culturale”. In linea con questo obiettivo, la dottoranda Elena-Maria Cautiș, del programma “Sostenibilità ambientale e Benessere” dell’Università degli studi di Ferrara, ha avuto il ruolo di mediatrice fra le attività scientifiche del progetto e le comunità che abitano il territorio caratterizzato dalla via Appia.
“Il progetto – spiega la Cautiș – si concentra sulla costruzione di metodologie di gestione di progetti di eredità culturale, che mirano a rafforzare la partecipazione delle varie comunità di interesse nei processi decisionali di tali progetti e a costruire strategie di sviluppo organizzativo secondo i principi della sostenibilità ambientale, economica e sociale”.
Come fase preliminare di questo processo, è stata avviata una ricerca etnografica del territorio in cui si trova lo scavo archeologico, con lo scopo di identificare le comunità di eredità culturale, di definire il rapporto fra l’équipe di scavo e tali comunità e quello fra queste ultime e il paesaggio delle prime due miglia dell’Appia Antica e del Parco della Caffarella. Quest’area è stata definita sia in base agli obiettivi del progetto che all’identificazione dell’area di interesse per le comunità che sono state individuate come principali fruitori del progetto.
La ricerca etnografica svolta sullo scavo archeologico è stata caratterizzata in questa fase principalmente da metodi di osservazione partecipata e intesa come metodo per individuare da un lato i rapporti esistenti fra l’equipe di scavo e le varie comunità, dall’altro il rapporto fra i metodi di ricerca archeologica e il paesaggio della zona.
In linea con questo obiettivo è stato organizzato sullo scavo un incontro di storia orale, intitolato “L’Almone racconta. Storie di ieri e di oggi” cui hanno partecipato l’équipe di scavo e la comunità che risiedeva nella zona circostante il “Sepolcro cd. di Geta” nel secondo dopoguerra e che ha avuto diversi scopi:
1- didattico, al fine aumentare la consapevolezza degli studenti di archeologia in relazione al contesto storico più recente;
2- metodologico, per sensibilizzare l’intero gruppo di scavo a lavorare su un periodo storico su cui convenzionalmente la ricerca archeologica non si concentra, seguendo così i principi dell’archeologia globale;
3- di studio, per osservare e capire il rapporto che potenzialmente può essere costruito tra l’équipe del progetto e le varie comunità di interesse. Anche se i dati raccolti necessitano di un’ulteriore analisi sistematica, il primo impatto di tale iniziativa ha avuto un grande successo sia per ciò che riguarda l’équipe dello scavo, che per la comunità di ex residenti che sono stati invitati.
In questa fase, la ricerca etnografica svolta nel territorio circostante ha avuto lo scopo di individuare le cosiddette comunità di eredità culturale o i principali potenziali fruitori delle attività del progetto. I risultati preliminari indicano l’esistenza di quattro tipi di tali comunità nel tratto indicato:
1-la comunità di ex residenti dell’Appia Antica;
2-la comunità di residenti e di persone che al momento svolgono varie attività economiche sull’Appia Antica;
3- i membri del Comitato per il Parco della Caffarella;
4- i visitatori che partecipano alle visite guidate sullo scavo.
Nel processo di ricerca, in questa fase sono state svolte interviste prova con membri di tutte queste comunità. I dati raccolti necessitano un ulteriore analisi sistematica.
“Creare un ponte tra la ricerca scientifica e il grande pubblico” è questo per Chiara Maria Marchetti – archeologa, guida turistica abilitata e Responsabile degli Eventi culturali del sito – il primo obiettivo che l’archeologia pubblica deve perseguire ad Appia Antica 39. “Già durante la prima campagna di scavo” prosegue Marchetti “abbiamo mirato a coinvolgere cittadini e turisti avvicinandoli con Open Day settimanali in cui le visite guidate mettevano in contatto i non addetti ai lavori con il contesto archeologico, spiegando e veicolando temi scientifici in modo chiaro e comprensibile a tutti”.
Forti del successo dello scorso anno, le visite guidate sono state proposte anche nella seconda stagione di scavo affiancate da una new entry, l’evento “Vivi l’esperienza dell’archeologia”. “Durante le visite guidate le persone mostravano sempre grande interesse nei confronti del lavoro degli archeologi, manifestando spesso il desiderio di “scendere in campo” e, trowel alla mano, scavare con loro. E’ così che per la prima volta in uno scavo universitario romano, i visitatori dai sette anni in su hanno potuto vivere in prima persona e in totale sicurezza le attività principali della professione in cantiere, accompagnati dai responsabili di scavo e dagli studenti universitari che in questo modo hanno messo in pratica i principi dell’archeologia condivisa”.
“Un’esperienza immersiva a 360° che vede al centro il cantiere di scavo archeologico nelle sue molteplici dimensioni temporali, spaziali e sociali: dai paesaggi antichi svelati di settimana in settimana nella trincea di scavo, ai valori che la ricerca archeologica introduce nel sito e nel più ampio paesaggio culturale dell’Appia Antica. Adattando l’innovativo allestimento all’estensione dello scavo abbiamo aumentato il grado di accessibilità visuale e fisica alla realtà archeologica, alle sue procedure e ai metodi di indagine. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza i materiali di riutilizzo reperiti grazie al generoso contributo e al supporto attivo della comunità locale ispirato ai principi della sostenibilità”. E questo è solo il primo dei risultati raggiunti dal progetto di valorizzazione del sito – racconta Francesca Romana Fiano responsabile del progetto di ricerca incentrato sulla relazione tra archeologia, arte e architettura.
Fonte: Università degli Studi di Ferrara.