Un insieme di ruderi molto interessanti caratterizza la zona di Grottarossa a Roma. Insieme ai resti di una grande vasca, luogo forse di ristoro di una villa adiacente, ed insieme al basolato della Via Flaminia segnato dai solchi dei carri, sorge uno strano sepolcro a torre, già immortalato in uno schizzo di Corot ed in un disegno di W. Collingwood, del secolo scorso. È un edificio caratteristico per la sua cuspide vagamente piramidale su cui vegeta uno sbuffo di vegetazione. Anni fa questa vegetazione si limitava ad un alberello, intruso e birichino, che sembrava il pennacchio di un cimiero.
La Sovrintendenza, dopo molte discussioni, quando venne il momento di restaurare la tomba aveva deciso di non eliminarlo. E ha fatto bene. Questo sepolcro, come tanti altri, era stato trasformato in torre, e come tale inserito in un sistema di vedette che controllavano la Flaminia e la Valle del Tevere. Fondamenta di altri sepolcri sono lì vicino. Spicca una grande tomba curiosamente a nicchie utilizzate a scopi pratici come sostegno-scarico del peso sovrastante. Non c’è più quell’aria romanticamente contadinesca che troviamo in un’incisione di Landusio, che nel 1835 ritraeva l’Osteria di Grottarossa ai piedi della collina tufacea, isolata in un silenzio rotto solo dal sibilo di una frusta e dallo scalciare di un equino recalcitrante: ricordo dell’antica Mansio ad Rubras, là dove sorgeva il borgo Rubrae, che Marziale riusciva a scorgere, insieme a Fidene, dalla sua villa sul Gianicolo. Sono nomi che si collegano a Saxa Rubra, come era chiamata la balza di tufo rosso che dà sulla Flaminia dal Fosso dell’Acqua Traversa fino a Prima Porta.
Volendo (come chi scrive ha più volte proposto, invano, in passato), questo sito curioso ed unico potrebbe essere valorizzato come luogo di visita interessante, ma anche come punto di arrivo e di sosta, visto che in pochi passi può essere raggiunto dalla stazione (Grottarossa) del trenino della ferrovia Roma-Viterbo, dalla fermata degli autobus qche percorrono la Flaminia e che è proprio lì presso, ed anche dalla bella pista ciclabile adiacente. In questa primavera e nella prossima estate, questo romantico e interessante sito archeologico potrebbe essere anche raggiunto da uno di quei camion-bar che tanto infestano il centro, e diventare uno di quei poli turistici alternativi che da gran tempo vengono auspicati.
Già questa idea aveva trovato spazio nelle Proposte per il Parco Fluviale urbano del Tevere Nord, pubblicate a Roma nel lontano 1990 a cura di “Italia Nostra”; già si era interessato, all’epoca, il “Rotary Club Roma”, con l’idea (divenuta inattuabile) di adibire a piccolo Museo locale ed eventuale abitazione di un custode l’edificio della dismessa antica stazioncina ferroviaria. Niente di fatto. Ora tutto è cintato, irraggiungibile; vi stanno a ridosso rifiuti, le erbacce lo stanno infestando. È un tesoro nascosto, a portata di mano, che qualche cartello promette di valorizzare, ma ormai da troppo tempo. Non crediamo sia particolarmente difficile farlo rifiorire e rivivere.
Basterebbe volerlo.
Autore: Claudio Saporetti (vice Presidente SIPBC Onlus)
Fonte: www.quotidianoarte.it , 4 mag 2015