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ROMA: Getty Museum, inizia il processo – in aula Marion True, fuori le telecamere.

E’ entrato nel vivo giovedì 16 novembre, sesta sezione del tribunale di Roma, il processo penale a Marion True, ex curatrice per le antichità del prestigioso Paul Getty museum di Los Angeles.

La True, in prima fila in aula insieme ai suoi avvocati Francesco Isolabella e Franco Coppi, non ha rilasciato dichiarazioni.

E’ stata rinviata a giudizio insieme a Robert Hecht, mercante d’arte dalla doppia cittadinanza, per associazione a delinquere, ricettazione, reati relativi al commercio di beni culturali, mancata denuncia di reperti.

I due sono accusati, insieme ad altre dieci persone, di quarant’anni di traffico illecito e di cartello intermediario. “Un sistema a scatole cinesi per piazzare sul mercato pezzi archeologici di lusso, comprati in molti paesi del mondo e da alcuni musei internazionali” racconta Paolo Ferri, giudice dell’accusa.

Un’attività di riciclaggio svolta negli anni 80 e 90 a cui la True avrebbe partecipato insieme a Giacomo Medici, italiano, 70 anni, residente a Santa Marinella, condannato di recente con rito abbreviato a 10 anni di reclusione e al risarcimento allo Stato di 140 milioni di euro. Anche per tutti gli altri imputati si faranno processi diversi.

I reperti, scavati clandestinamente o rubati in Italia e in altre zone del Mediterraneo, venivano legittimati in Svizzera, venduti e ricomprati anche attraverso case d’asta internazionali come Christie’s e Sothesby, gonfiando i prezzi fino a dieci volte.

Imponente l’istruttoria dell’accusa con ottantasei pagine di requisitoria e materiale probatorio in settanta faldoni, comprese lettere scritte dalla True al Medici.

Le indagini sono cominciate nel 1995 dalla pubblicazione di un libro inchiesta sulla casa d’aste Sothesby del giornalista Peter Watson e dalla segnalazione alla procura di quello che poi risulta essere un magazzino al porto franco di Ginevra con 5000 reperti, in gran parte italiani e autentici.

Nel deposito, sequestrato il 13 settembre 1995, sono stati ritrovati anche schede “taroccate” e 10.000 scatti polaroid, fondamentali per capire le attività dell’organizzazione, provenienza e anamnesi dei reperti.

Princeton, Cleveland, Getty, Metropolitan, Campbell, British museum, sono alcune istituzioni terminali espositivi dei reperti trafugati. Ma compaiono anche musei danesi, tedeschi e giapponesi.

Marion True si difende attraverso i suoi legali spiegando “di aver agito in buona fede e di non sapere della dubbia provenienza dei reperti acquistati direttamente o consigliati a noti musei americani e europei”.

In apertura di udienza il collegio presieduto dal giudice Gustavo Babalinardo, ha disposto la restituzione al pm di alcuni atti incompleti: dal fascicolo e’ stata infatti strappata una pagina della relata di notifica del capo di imputazione consegnato a Hecht.

La difesa ha chiesto la sospensione del processo per riunirlo ad uno degli altri in istruttoria e sollevato alcune eccezioni preliminari come la non pertinenza agli atti della copiosa documentazione servita per le indagini preliminari; sono consulenze tecniche, verbali, intercettazioni, atti preparatori alle rogatorie internazionali, expertise sui reperti sequestrati in Svizzera nel magazzino di Giacomo Medici. Eccezione sollevata anche per presunta incompatibilità del gup Muntoni che dispose il rinvio a giudizio di True e Hecht.

ll pm Ferri ha invece domandato alla Corte di acquisire carteggi e fotografie riguardanti i beni culturali esportati dagli indagati e la documentazione del Getty sui reperti italiani in possesso al museo. Un aspetto, quest’ultimo, emerso di recente da un’inchiesta giornalistica del Los Angeles Times; i documenti non erano infatti stati consegnati dal museo agli inquirenti.

La Corte, ha rigettato la richiesta di sospensione e rinviato l’udienza al prossimo 5 dicembre, stabilendo come novità nel fascicolo processuale, la memoria redatta dal pm Ferri, esclusa in parte la documentazione allegata.

Fonte: CulturalWeb 18/11/05
Autore: Tiziana Benini

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