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ROMA, Fiumicino. Il Museo delle Navi Romane di Portus.

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portusIl Museo è bellissimo ed estremamente suggestivo. Qui si può comprendere il motivo della necessità di costruire un nuovo porto (quello oggi noto come Porto di Traiano, che divenne poi la città di “Portus“) a pochi chilometri da quello di Ostia, dettato dall’assenza in quest’ultima di un grande bacino per l’attracco e l’ancoraggio delle navi, il sistema di scarico e spostamento delle enormi quantità di merce che arrivavano da tutto l’impero (su grandi navi da trasporto chiamate “onerarie”) da Portus a Ostia, per mezzo di “naves caudicariae“, basse, larghe, senza vele, che venivano trainate per mezzo di grandi funi lungo il fiume, controcorrente, dagli schiavi o da animali da tiro che si trovavano su una delle due sponde, o su entrambe.
portusDa Ostia, queste navi risalivano poi fino a Roma, trainate risalendo il fiume Tevere per circa 35 km. Il ritorno da Roma verso l’area portuale era più semplice, potendo sfruttare la corrente del fiume per la discesa alla foce.
L’alaggio, così era chiamato questo processo di traino a forza di braccia, era effettuato da uomini chiamati “helciarii”, che gradualmente furono soppiantati da animali. Ce ne dà menzione Procopio di Cesarea, celebre storico di VI secolo d.C.: “Fin dall’origine i romani hanno resa piana e senza ostacoli la strada che conduce da Portus a Roma. Numerose barche sono sempre ancorate nel porto e un gran numero di buoi è disponibile nelle immediate vicinanze. Quando i mercanti arrivano con le loro navi, sbarcano le mercanzie, le mettono sulle barche e risalgono il fiume fino a Roma, senza servirsi né di vele né di remi […] attaccano le barche al giogo dei buoi e le tirano fino a Roma come carretti”.
portusFra i reperti esposti presso il Museo delle Navi di Fiumicino, gli scavi più grandi appartengono proprio a navi caudicarie, e peraltro sono anche le navi più tarde presenti nell’allestimento, dato che parliamo di legni del III e IV secolo d.C.
La poppa di queste navi era alta e ricurva, la prua slanciata. Una delle funi per il traino della nave da riva passava probabilmente per una carrucola posta sulla cima dell’albero maestro, un’altra era forse fissata a prora. L’albero maestro era posto in posizione avanzata e munito di pedarole che permettevano ai marinai di arrampicarvisi, era di norma senza vela, ma poteva anche essere armato alla bisogna di una vela trapezoidale, per una breve navigazione costiera lungo il litorale che correva da Portus a Ostia.
portusI “caudicarii” erano i proprietari di queste navi, gestivano il trasporto fluviale ed erano organizzati in corporazioni.
Qui si può anche comprendere il funzionamento di un’ancora romana. Essa era costituita di due pezzi principali, un pesante ceppo di piombo orizzontale, e i due bracci dell’ancora vera e propria, dotati di “punte” per meglio incagliarsi e fare perno sul fondale. Questi due elementi erano orientati perpendicolarmente l’uno rispetto all’altro, di modo che il ceppo di piombo cadesse orizzontalmente sul fondo, costringendo così una delle due punte dell’ancora ad artigliare il terreno, incagliandosi.
La manovra di disincaglio dell’ancora era piuttosto complessa, a volte richiedeva lunghe manovre e molto tempo, e spesso questo tempo non portusc’era. Pensate a una tempesta imminente, o a un nemico che sta per attaccarti. In quei casi, bisognava tagliare le cime dell’ancora e lasciarla sul fondo… Ecco perché ne abbiamo ritrovate molte, senza una nave. Ed ecco perché ogni nave ne aveva a bordo più di una, così come pure molte navi imbarcavano un “kit” apposito per poterne costruire di nuove.

portusFonte: Gruppo pubblico Archeologia Navale, 20 gen 2022

 

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