La città etrusca di Veio, ricordata dalle fonti classiche come acerrima nemica di Roma per il controllo della riva destra del Tevere, fu la prima delle potenze d’Etruria a cadere sotto i colpi della conquista romana nel 396 a.C. Dell’antica grandezza già nel I secolo a.C. non rimanevano che rovine, come testimoniano i versi del poeta latino Properzio: «Oh antica Veio! Anche tu allora eri un regno/ adesso entro le tue mura risuona il corno del pastore indolente/ e si falciano i campi fra le tue tombe».
I resti della città stanno tornando alla luce grazie alle ricerche sistematiche condotte dall’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale nell’ambito del Progetto Veio. Alle celebri tombe principesche rinvenute nelle necropoli intorno all’abitato e alle sculture in terracotta – tra cui il famoso Apollo – che decoravano il tempio del santuario di Portonaccio, si aggiungono ora le straordinarie scoperte sul pianoro tufaceo su cui sorgeva l’area urbana, che confermano l’importanza del ruolo storico di Veio e il suo precoce sviluppo.
I RITROVAMENTI
Tra le novità più importanti degli ultimi scavi spiccano i ritrovamenti sull’altura di Piazza d’Armi, all’estremità meridionale del pianoro, dove è stata riconosciuta la primitiva acropoli della città, la cui occupazione risale al IX secolo a.C. Qui, insieme ai resti delle capanne a pianta circolare riferibili alla fase più antica dell’insediamento, gli archeologi si sono imbattuti in una sepoltura di eccezionale interesse. All’interno di una grande capanna ellittica è stata scoperta la tomba a fossa di un personaggio maschile deposto privo di corredo e probabilmente avvolto in un sudario chiuso all’altezza della testa da una fibula in bronzo, di cui sono stati trovati alcuni frammenti. La sepoltura era protetta da una piccola costruzione absidata che doveva servire da segnacolo e da protezione. «La tomba è datata dagli esami al radiocarbonio alla prima metà del IX secolo a.C. L’utilizzo del rito dell’inumazione e l’allestimento di una sorta di cappella funeraria, nonché la posizione al centro dell’abitato – spiega Gilda Bartoloni, docente di Etruscologia e Antichità Italiche dell’Ateneo romano e dal 2008 coordinatrice del Progetto Veio – conferiscono un indubbio carattere di prestigio. L’ipotesi più probabile è che si tratti dell’heroon di un personaggio venerato dalla comunità come capostipite». Il carattere di preminenza dell’area di Piazza d’Armi è confermato dallo sviluppo del sito nelle fasi successive. La documentazione archeologica ha ormai consentito di riconoscere nella zona la sede dei gruppi gentilizi che governavano la città. Dotata già dalla metà del VII secolo a.C. di un sistema viario con impianto regolare – alla fondazione del quale è stata collegata la deposizione rituale di un vaso rinvenuto integro in un taglio nel banco argilloso – l’area è caratterizzata dalla presenza dei resti di una residenza aristocratica datata tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C.
IL PALAZZO
Il “palazzo” era articolato in più edifici, tra cui un piccolo tempio a pianta rettangolare e una casa-torre, che dovevano essere decorati da lastre di rivestimento e sculture in terracotta. Alla decorazione di una di queste strutture potrebbero appartenere alcuni frammenti che facevano parte di un gruppo scultoreo raffigurante un cane accovacciato, sulla testa del quale è visibile la mano di un personaggio in piedi al suo fianco. «L’ipotesi più probabile» chiarisce la professoressa Bartoloni «è che la statua rappresenti un antenato che protegge, accompagnato dal suo cane, il cui possesso era considerato un segno di distinzione. La grandezza dei frammenti fa pensare che il gruppo fosse in origine collocato sul tetto di una residenza aristocratica posta nelle vicinanze del luogo di ritrovamento».
Gli scavi in altri punti del pianoro hanno dimostrato che tra VII e VI secolo a.C. la città etrusca era articolata in settori distinti, destinati oltre che alle sedi del potere, ai luoghi di culto, alle abitazioni e alle produzioni artigianali. Di fronte all’altura di Piazza d’Armi, sulla collina di Piano di Comunità, sono state portate alla luce fornaci e fosse di lavorazione che facevano parte del «quartiere ceramico» in cui si producevano bucchero e ceramica depurata fine.
Autore: Chiara Morciano
Fonte: http://www.ilmessaggero.it, 17 gen 2013