Oltre 1000 opere provenienti da 47 musei della Romania esposte per la prima volta in Italia
Il Museo Nazionale Romano ospita nelle Aule delle Terme di Diocleziano la mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità”, la più grande e prestigiosa esposizione di reperti archeologici organizzata dalla Romania all’estero negli ultimi decenni, per ripercorrere lo sviluppo storico e culturale del proprio territorio nell’arco di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C.
La mostra, a cura di Ernest Oberlander direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger direttore del Museo Nazionale Romano, si riallaccia alle esposizioni di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romania, 2022), ampliandone il percorso: a Roma infatti (fino al 21 aprile 2024) saranno presentati circa 1000 oggetti provenienti da 47 musei rumeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova per la prima volta esposti accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano.
Tema della mostra è la costruzione della Romanità.
La realizzazione della mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità” è stata possibile grazie all’Ambasciata della Romania in Italia, in partenariato con il Museo Nazionale di Storia della Romania e il Museo Nazionale Romano, al Ministero Romeno della Cultura, al Ministero degli Affari Esteri della Romania, al Ministero della Difesa Nazionale della Romania, all’Istituto Culturale Romeno tramite l’Accademia di Romania, al Ministero della Cultura italiano e alla Direzione generale Musei.
L’evento segna l’apice degli scambi culturali bilaterali e mette insieme importanti reperti, per seguire l’evoluzione storica del territorio dell’attuale Romania, lungo un percorso temporale di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C., raccontando i numerosi contatti e scambi avvenuti in questa regione, grazie all’abbondanza di risorse e alla posizione tra l’Europa e l’Asia.
Ad aprire il percorso, il calco di una scena scolpita sulla Colonna Traiana (scena XXXII, spirale V), che ritrae tre arcieri Daci che tengono sotto tiro i Romani assediati all’interno di una città e che l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli fece colorare agli inizi degli anni ’70, dimostrando così l’esistenza del colore nell’architettura dell’antichità imperiale romana.
Accanto sono esposti capolavori come il Serpente Glykon da Tomis, raffigurazione in marmo di un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie; il magnifico elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con varie scene di sacrificio; l’elmo celtico di bronzo da Ciumeşti, col sorprendente cimiero a forma di aquila che stupisce per l’unicità della fattura e progettualità; il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. con l’eccezionale phiale (coppa) d’oro lavorata a sbalzo e le grandi fibule; e ancora alcuni bracciali d’oro daci, le tavolette in bronzo della Lex Troesmensium e il donarium di Biertan.
In mostra anche un’ampia selezione di importanti reperti – tra cui armi, vasi, ceramiche, monete, gioielli e corredi per i riti di magia – attraverso i quali è possibile scoprire la religione, l’arte, l’artigianato, il commercio e la vita quotidiana della antica Dacia.
Come un viaggio millenario durante il quale vedere l’evoluzione degli antenati geto-daci verso i popoli geti e daci; la trasformazione di una parte della Dacia in provincia romana; l’integrazione di questo spazio nel mondo romano; la sopravvivenza della civiltà anche dopo l’abbandono del territorio dacico da parte dell’esercito e dell’amministrazione di Roma; la convivenza degli abitanti del territorio con le popolazioni migranti.
Il fascino della mostra emerge dall’intreccio e dall’influsso reciproco delle civiltà, dalle trasformazioni profonde, dal processo di formazione e adattamento che ha portato alla creazione di un’identità culturale, per un lasso di tempo che va dalla fine della prima età del ferro e fino agli albori della civiltà europea attuale, in uno spazio percepito dai contemporanei del millennio delle migrazioni come “ultima frontiera della Romanità”, luogo dove il fondamento linguistico gettato dalla lingua latina e il nome dei romani sono sopravvissuti, nonostante le vicissitudini, fino ai nostri giorni.
La mostra si articola in quattro sezioni: la prima è dedicata alla Dacia romana e illustra la conquista del territorio all’epoca dell’imperatore Traiano (101-106 d.C.), evidenziando lo stretto legame e le analogie tra i reperti provenienti dai musei rumeni e quelli del Museo Nazionale Romano.
La sezione ha la duplice funzione di introduzione e spartiacque: le guerre daciche infatti segnano la conquista romana e l’annessione all’Impero, ma anche ‘un prima’ e ‘un dopo’.
Si evidenzia una romanità di frontiera, che si rispecchia nei contesti di epoca romana presentati. Per tale ragione le altre sezioni sono strettamente legate al contesto storico del ‘prima’ e del ‘dopo’ rispetto alla Romanizzazione, per spiegare al meglio le specificità culturali di questa regione tra Oriente e Occidente. Dall’età del Ferro fino all’età bizantina la Romania è stata un incrocio di culture e la mostra permette di seguire appieno lo sviluppo e le caratteristiche attraverso un percorso cronologico: la seconda sezione racconta infatti la formazione della cultura dacica nell’età del Ferro con l’influsso dei Traci, degli Sciti e dei Greci delle colonie sul Mar Nero, e la terza sezione illustra il confronto tra civiltà urbane mediterranee e civiltà tribali e nomadi continentali e l’inserimento della Dacia nelle reti culturali ellenistiche mediterranee, dell’epoca di Alessandro Magno, e continentali, con nuove popolazioni centro europee quali i Celti, i Geto-Traci, i Bastarni di origine germanica. È il momento in cui Roma, a partire dalla conquista della Macedonia (con la battaglia di Pidna nel 168 a.C.), comincia ad avere un peso politico sulla regione.
La quarta sezione si concentra sull’epoca della dissoluzione dell’Impero, con le difficoltà a mantenere sicuri i confini, le mescolanze di genti e l’emergenza di popoli come gli Unni, mentre il potere di Roma si sposta a Oriente con Bisanzio.
In questa sezione viene sottolineato anche il ruolo della cristianizzazione e della diffusione della lingua latina, punti forti dell’eredità di Roma ed elementi federatori che preannunciano la Romania attuale.
Tema costante delle sezioni è ‘l’intreccio di culture’, che spiega la ‘Romanità di frontiera’ e come di volta in volta sia riuscita ad adattarsi a questo contesto particolare, che si può paragonare alla situazione della penisola italica (si pensi alla mostra “Tota Italia”).
La significativa mostra “Camilian Demetrescu – DACICA”, ospitata a Palazzo Massimo fino al 21 aprile 2024, e curata dall’architetta Cornelia Bujin, includerà 12 opere del grande artista di origini romene Camilian Demetrescu (Busteni, 18 novembre 1924 – Gallese, 6 maggio 2012), le quali raffigurano divinità venerate dai daci.
Simultaneamente la Galleria Nazionale d̕’Arte Moderna e Contemporanea di Roma esibirà una delle più famose opere di Camilian Demetrescu, La Maschera di Zalmoxis.
Altra iniziativa di questo percorso culturale romeno-italiano, è l’installazione “Columna mutãtio – LA SPIRALE”, dell’artista romena Luminița Țăranu, nel chiostro piccolo delle Terme di Diocleziano: interpretazione contemporanea della Colonna Traiana e ulteriore contributo d’arte contemporanea alla grande mostra sulla Dacia.
Info:
Roma, Terme di Diocleziano (via E. de Nicola, 78 – Roma), fino al 21 aprile 2024
Fonte: museonazionaleromano.beniculturali.it