Non era solo un antiteatro, ma una straordinaria macchina scenica il Colosseo. La ricostruzione di un montacarichi che serviva a far comparire improvvisamente sull’arena belve, cervi, lupi, antilopi serve a restituire al monumento un altro segno della sua lunga storia.
Tutti gli anfiteatri disponevano di apparati per lo spettacolo e il Colosseo dell’imperatore aveva 28 montacarichi disposti lungo il perimetro ovale sotterraneo che furono in uso da Domiziano a Macrino (fine I sec.d.C – inizi III sec. d. C.), ricorda Rossana Rea direttrice del monumento. C’erano anche 20 giganteschi piani inclinati lungo il corridoio centrale.
Non sappiamo com’era quando venne inaugurato, al centro doveva esserci una struttura di legno smontabile in modo da poter ospitare le naumachie.
Successivamente vengono creati i sotterranei retti da pilastri che sostituiscono i pali in legno. Il montacarichi, ricostruito dopo un lavoro di progettazione ed esecuzione durato 15 mesi, sulla base dei documenti e in base alle tracce rimaste nelle murature in tufo nel sotterraneo, è opera dall’ingegnere Umberto Baruffaldi della Soprintendenza e prende avvio dagli studi storici e filologici dell’ingegnere Heinz Beste dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma e dalle indicazione di Rossella Rea e dell’architetto Barbara Nazzaro responsabili tecnici del monumento. L’operazione di “archeologia sperimentale” nasce per il documentario “Colosseum-Roman death trap”, in cui compare anche un lupo, realizzato dalla “Providence Pictures di Rhode Island”, diretto da Gary Glassman.
La macchina azionata da otto uomini era in grado di sollevare fino a 300 chili di peso. Le belve portate dai montacarichi finivano così sull’arena uscendo in contemporanea dalle varie botole. Una buona idea ma a patto che fosse fedele all’originale e diventasse una struttura stabile. Così è stato. Una volta impiegato per il film, donato alla Soprintendenza e posizionato dov’era, rientra ora nel circuito di visita del Colosseo e può essere utilizzato a fini didattici. Anni di lavoro per un’operazione che è la prima volta che viene tentata. Il prototipo in forma ridotta era già pronto a marzo 2014, giusto in tempo per la passeggiata al Colosseo del Presidente Barack Obama.
“Se nei tempi antichi ci fosse stato facebook, il profilo di Roma sarebbe stato il Colosseo”, precisa con un salto di millenni il regista Glassman, impressionato dal grado di violenza che si scatenava nel Colosseo, ma anche dal genio e dalla maestria tecnica raggiunta dai romani nel settore ingegneristico. E’ in cravatta e in maniche di camicia per la calura e l’ora il ministro Dario Franceschini alla presentazione al Colosseo della ricostruzione di quella che doveva essere un’apparecchiatura essenziale allo spettacolo. Un marchingegno in legno alto quasi quattro metri, pesante più di tre tonnellate, ricostruito com’era e con gli stessi materiali e le stesse tecniche (costo circa 200 mila euro).
Anche in questo caso, come per l’operazione di pulitura e restauro fino all’ultimo ordine del monumento simbolo del nostro paese (come mai prima si era fatto), è frutto dell’intervento di privati. Una collaborazione pubblico-privato che il ministro non si stanca di perorare ricordando che la tutela non è in contrasto con la valorizzazione. A tal proposito ricorda gli accordi fra Stato e Regione per la gestione dell’area archeologica centrale di cui il Colosseo è il cuore. Naturalmente tenendo nella massima considerazione il principio di precauzione per un luogo “sacro” come questo. Ma renderlo più fruibile è possibile, senza venir meno alla tutela. E ricorda che a luglio ospiterà uno spettacolo dell’Istitutodel damma antico di Siracusa.
“Ma – precisa – il Colosseo non può diventare un contenitore buono per tutti gli usi. Ci vuole buon senso e massima precauzione – prosegue – altrimenti un’ottima idea diventa sbagliata”.
Il Colosseo come laboratorio e gestione dei beni culturali in questo paese per il Soprintendente Francesco Prosperetti che ricorda come la Soprintendenza viva dei biglietti staccati al Colosseo, 6 milioni di visitatori contro i 300 mila per esempio delle Terme di Caracalla.
“Vorrei che diminuissero al Colosseo e…”, si lascia sfuggire. Un monumento che appare depauperato della sua immagine, che vogliamo che torni a parlare della propria storia bimillenaria, senza venir meno al rigore, prosegue. Se il montacarichi è l’occasione, la sostanza è l’arena, il grandioso palcoscenico ellittico (80 metri per 40, smantellato fra XIX e XX secolo). E il discorso arriva subito al cuore.
La ricostruzione lanciata dall’archeologo Daniele Manacorda. Si dice in cinque anni, è possibile? Quanto costa? Come finanziarla? A che punto siamo? Tante le domande.
“Un dibattito interessante, che ha attraversato tutti, ma un conto è un’idea, un conto studiare il progetto nei particolari. La spesa dovrebbe aggirarsi attorno ai 20 milioni di euro”, risponde il Ministro. “In quest’anno abbiamo capito che è fattibile”, precisa l’architetto Prosperetti. Ma a certe condizioni come verificare lo stato delle fondazioni e consolidare le murature. Così dopo il percorso di conoscenza e approfondimento, si apre la strada per la realizzazione della copertura. Non è un intervento mimetico, non ripropone l’antico. Da qui l’appalto concorso che mette a confronto le idee col contributo di esperti di tutto il mondo. “Mi auguro – dice ancora – di bandire il concorso internazionale nell’arco del 2016”.
Autore: Laura Gigliotti
Fonte: www.quotidianoarte.it, 8 giugno 2015