Una capitale a misura di writer. Tranne qualche telecamera, nessuno controlla, nessuno reprime. Ma ripulire le scritte costa.
All’Atac circa 5-6 milioni di euro all’anno. L’Ufficio decoro urbano del Comune, dal canto suo, ha speso nel solo 2006 oltre 2 milioni: «Se dovessimo cancellare tutte le scritte, occorrerebbero 100 milioni», calcola il direttore Mario Schina. Ma sarebbe pure inutile, i muri bianchi attirerebbero come il miele le mosche. I vandali degli anni Duemila a Roma agiscono impunemente, alcuni hanno perfino le chiavi delle stazioni della metro.
Fioriscono gare fra bande. Sorgono siti internet dedicati e protetti da password. Dentro c’è chi scrive di «orgasmo con i vagoni della metro», di «voglia irrefrenabile di bombare tutti i bus della città per far girare il nome». C’è chi afferma: «Quei vagoni sono miei». E ancora: «Vagoni e bus sono i nostri giocattoli preferiti».
Un fenomeno di costume inquietante, che nulla ha a che spartire con le scritte sui muri delle scuole. Le bande, crew nel gergo, spesso si riuniscono in casali abbandonati. Danno vita a rave a base di alcol e cocaina.
E il Comune? Nessun problema. I «giovani artisti» hanno buoni amici nella sinistra capitolina. E le reazioni consistono di fatto solo nel ripulire.
È cronaca. Ad agosto 2002 i writer si introducono furtivamente nel deposito di Portonaccio e danneggiano 56 bus, alcuni dei quali nuovi di zecca. Danni per 25mila euro. Il presidente dell’Atac Calamante, oltre che pagare, si limita a proporre 10 borse di studio agli studenti sul tema del rispetto dei mezzi pubblici.
Nel marzo 2003 il sindaco Veltroni annuncia contro i writer l’uso di vernici anti-spray sui muri: «Si comincerà dal centro e da Testaccio, ogni anno spenderemo 1 milione».
A maggio 2004 è la volta di Prati, 400mila euro per pulire il rione. Il sindaco fa appello al senso civico.
A maggio 2006 i graffiti sbarcano, però, alla stazione Nuovo Salario: facciate e banchine si ricoprono di tag e murales, con il beneplacito della Rete ferroviaria italiana.
A febbraio 2007 i carabinieri pizzicano una banda di 21 giovani fra i 15 e i 20 anni, che aveva preso di mira i monumenti della città. Ma il mini-sindaco del X, Sandro Medici (Rifondazione), li difende: «La loro è solo voglia di comunicare. Nessuno deve criminalizzare i writer, sono fra i protagonisti dell’arte contemporanea».
A maggio il Comune alza bandiera bianca. L’ufficio decoro urbano e i writer concordano il programma Magistra Artis: 19 spazi, uno per Municipio, riservati ai graffitari. Muri grandi. Tesserini individuali.
A giugno si comincia con via del Casaletto all’altezza del capolinea del tram 8. Sconcerto fra i passanti. Il capogruppo di An al XVI municipio, Fabrizio Santori, presenta un’interrogazione per conoscere gli importi stanziati per l’iniziativa: «Proprio all’indomani della firma del Patto sulla Sicurezza tra il sindaco Veltroni e il ministro Amato, che stabilisce fra l’altro pene più severe per i writer, l’assessorato alle Politiche Giovanili promuove e finanzia iniziative del genere. È una contraddizione clamorosa». All’interrogazione nessuna risposta.
A luglio i writer coprono di geroglifici colorati un lungo tratto delle mura Aureliane a Porta Maggiore. «Le testimonianze romane dopo avere resistito alle invasioni barbariche, e dopo essere state proprio di recente restaurate, devono ora soccombere ai vandali del XXI secolo – lamenta il Cesmot -. Occorre più controllo da parte della polizia municipale». L’appello cade nel vuoto.
Pochi giorni fa a Trastevere l’Ufficio decoro urbano impiega due giorni a pulire ben 1.500 metri quadri di scritte fra vicolo del Cinque e piazza San Cosimato. Neppure 24 ore dopo nei vicoli del rione già le bombolette spray fanno la loro ricomparsa. I commando dei graffitari devono solo badare a una cosa: a sfuggire ai trasteverini inferociti armati di bastone.
Fonte: Il Giornale 13/08/2007
Autore: Marcello Viaggio