Una giornata di sole primaverile, relatori di peso e folla delle grandi occasioni per il convegno “Chiamata alle arti! Mecenatismo ed imprese: un investimento strategico”, ospitato nella Sala del Refettorio di Palazzo Venezia, promosso da Arcus, Federmanager e Vises Onlus con il Polo Museale Lazio – Mibact. Ad inquadrare il tema in questa vera e propria rivoluzione dei beni culturali ci pensa Giuliano Volpe, presidente del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici.
“C’è finalmente aria nuova, aria fresca”, c’è un interesse diffuso. Dopo trent’anni di riforme che non hanno cambiato niente, ecco una riforma complessiva con una visione culturale. E parla di coraggio di fare le riforme, con aggiustamenti se è il caso perché “se si aspetta la riforma perfetta non si farà mai”. Tanti i contrari, numerose le antinomie da superare: “fra tutela e valorizzazione, fra passato e futuro, fra pubblico e privato”.
Non bastano più soldi e più personale, occorre mettere al centro il cittadino. E Volpe parla di rivoluzione copernicana, di un’alleanza di innovatori.
Al centro della scena con la sua forza dirompente c’è l’Art Bonus (la possibilità di portare in detrazione delle imposte in tre anni il 65% dell’erogazione a favore della cultura e dello spettacolo), lo strumento che dopo il primo anno di attuazione “sperimentale”, andato a regime, si conferma strategico per lo sviluppo del mecenatismo culturale. E i numeri registrati sul portale www.artbonus.gov.it confermano questa valutazione positiva. Il 2015, infatti, si è chiuso con 57 milioni di erogazioni liberali da parte di oltre 1400 mecenati, con 388 enti registrati sul portale dell’Art Bonus. Ma questo ieri. Già alla fine di gennaio erano cresciute a oltre 62 milioni di euro (5 milioni donati nell’ultimo mese), e gli enti registrati erano circa 450 e i mecenati più di duemila. Un successo legato ad alcune caratteristiche, precisa il direttore generale Arcus Ettore Pietrabissa.
La “prontezza” nel dar seguito alle donazioni, la “tracciabilità” del progetto per cui si dona (seguire a che punto sono i lavori), la “certezza” della donazione (soldi per quel bene) e non ultima la “bontà” della causa. Deve essere un progetto significativo, definito, magari suddiviso in sub progetti funzionali e che abbia un inizio e una fine. Una rivoluzione culturale se si vanno ad analizzare i dati uno per uno. Superata la soglia dei duemila mecenati si scopre che 1300 sono persone fisiche, privati che si sentono protagonisti del cambiamento. Dal punto di vista economico si tratta di una percentuale esigua 4 -5%, perché sono le imprese e le fondazioni bancarie la platea strategica, ma importante come segno di partecipazione sociale, una conquista di non poco conto. Ad oggi sono circa 500 gli interventi in elaborazione e oltre 400 le iniziative già cantierate, la maggior parte per restauri. Dei 450 enti iscritti come beneficiari, il 60% è costituito dai comuni. Fra i donatori ci sono quasi tutte le regioni, in testa la Lombardia con oltre 22 milioni, gran parte va al Teatro La Scala che come tutte le fondazioni lirico-sinfoniche è abituata a simili operazioni. Seguono Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e le altre.
Parlare di mecenatismo ed imprese chiama in causa pubblico e privato in un rapporto di collaborazione che fino a qualche anno fa era considerato impensabile. Molta acqua è passata sotto i ponti dell’ideologica. Un esempio è la Certosa di Trisulti, un tesoro da conservare gelosamente, oggetto di una raccolta fondi, che ha visto sulla stessa lunghezza d’onda il Mibact attraverso il Polo museale del Lazio, le aziende del territorio sollecitate da Maurizio Stirpe di Unindustr la Regione Lazio che ha cofinanziato il progetto portato a termine in sei mesi. E ora il Ministro pensa a un bando per la gestione, visto che i pochi Certosini rimasti stanno per lasciare Trisulti. La stessa sinergia si potrebbe realizzare, dice Edith Gabrielli, direttore del Polo del Lazio, per la casa di San Tommaso ad Aquino, Villa Giustiniani a Bassano Romano e Palazzo Farnese a Caprarola.
“Perché l’importante è fare sistema, come si sta facendo ora- afferma il ministro Dario Franceschini- convincere il mondo delle imprese, coloro che non si occupano di cultura, che è un grande investimento economico, un contributo alla crescita del paese”.
Un messaggio che dovrebbe essere passato. E ora, finita la stagione dei tagli al Mibact, con la legge di stabilità che ha segnato un più 27% per il Mibact, ora che la legge è stata stabilizzata al 65% si muoveranno le imprese, più volte riprese dal ministro. Che vede nel 2016 l’anno del boom dell’Art Bonus. Anche perché il quadro generale è cambiato in meglio con il turismo interno che ha ripreso a tirare (purché non sia mordi e fuggi e sempre negli stessi centri superaffollati e fragili), con la crescita dei consumi culturali, più gente che va al cinema, visita i musei, compra libri. E il Ministro tocca la corda del “vantaggio educativo”, dell’orgoglio che non può mancare in chi ha coscienza del paese in cui vive: un unicum, un museo diffuso, in cui ogni campanile ha qualcosa che rappresenta la propria storia da tutelare e valorizzare. Due facce della stessa medaglia.
Autore: Laura Gigliotti
Fonte: www.quotidianoarte.it, 3 feb 2016