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ROMA. Cancellate Pavia e Monza dalla storia longobarda.

Furono descritti da qualche storico romano come i più feroci fra i popoli germani. Ma contro i Vandali il loro valore non potè compensare l’esiguità numerica. E i Longobardi, lasciate le terre scandinave, attraversarono la Pannonia e i valichi delle Alpi Orientali per fare campo nella pianura padana.

La civiltà longobarda si impose prima al Nord e poi in gran parte della Penisola, lasciando grandi testimonianze di arte e cultura. Sette di questi luoghi sono stati ora riuniti dal Ministero della Cultura in un itinerario storico e turistico, proponendo all’Unesco l’inserimento nella lista dei Patrimoni mondiali dell’umanità.

Il ministro Rutelli, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione, ha definito la candidatura di “Italia Langobardorum, centri di potere e di culto“, una proposta innovativa e creativa. Ma le polemiche non mancano. Nel circuito ideato dal ministero di Rutelli manca Pavia, che fu capitale del Regno longobardo per più di 200 anni, dal 572 fino al 774.

«Una mancanza di attenzione – commenta il consigliere regionale del Carroccio, Lorenzo Demartini – che ci fa capire quanto i progetti “romani” nascano e vengano sviluppati troppo lontano dalle realtà territoriali. In questo caso poi non mi sento nemmeno di escludere eventuali responsabilità da parte degli amministratori comunali di Pavia. Si tratta di esponenti del centrosinistra che ora si stracciano le vesti di fronte a decisioni di questo tipo, ma che evidentemente non sono stati nemmeno in grado di dialogare in maniera positiva con un ministro che appartiene alla stessa coalizione politica».

Pavia fu senza dubbio la città più importante nel periodo di dominazione longobarda. «È come se – afferma Demartini – dovendo descrivere Milano, dimenticassimo di includere il Duomo fra i monumenti più significativi della città».
Su sette luoghi inseriti nell’itinerario longobardo, ben quattro appartengono alla cosiddetta “Langobardia Minor, costituita da ducati centro-meridionali di Spoleto e Benevento.

Ma le anomalie non finiscono qui. All’appello manca anche la capitale della Brianza, Monza che grazie alla regina Teodolinda, visse con l’avvento dei longobardi un periodo di grande splendore. Teodolinda fondò il Duomo monzese e diede origine al suo famoso Tesoro con preziose donazioni, fra cui la Corona Ferrea e gli altri oggetti di oreficeria longobarda.
«Esprimo sorpresa e delusione per l’esclusione di Monza dall’iniziativa dei ministero» spiega l’assessore monzese alla cultura Alfonso Di Lio che aggiunge «dalle prime verifiche compiute con gli uffici parrebbe che l’Amministrazione di Monza, a differenza di quella pavese, non sia stata nemmeno interpellata».

Il monzese Paolo Grimoldi, giovane deputato del Carroccio, ha già annunciato la presentazione di un’interpellanza parlamentare. «Ora Roma – afferma Grimoldi – ha anche la pretesa di decidere chi fa parte del regno dei Longobardi arrivando ad errori clamorosi come l’esclusione della capitale Pavia o di Monza, residenza estiva della regina Teodolinda. Due città simbolo del regno dei longobardi che l’ignoranza del ministro romano Rutelli ha tenuto fuori dall’elenco. Perché, ci chiediamo, non si occupa di ciò che conosce lasciando perdere quello che ignora? Della Lombardia, che non a caso si chiama così, sono solo due i luoghi inseriti nell’elenco. Roma – conclude Grimoldi – già ci deruba dei nostri soldi, ci lasci almeno l’orgoglio di essere i discendenti di quel popolo».

 


Fonte: La Padania 11/01/2008
Autore: Cesare Gariboldi
Cronologia: Arch. Medievale

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