Dopo l’inchiesta del Corriere sulla tutela della «Regina viarum», Giancarlo Paoletti denuncia anni di irregolarità. Il direttore dell’Ente Parco: «Il 20% è insanabile, 60 insediamenti da abbattere»
Sono duemila le richieste di condono edilizio all’interno del Parco regionale dell’Appia Antica. «La metà provengono da abitazioni per uso civile — spiega Giancarlo Paoletti, direttore dell’Ente Parco — ed almeno il 20% non sono assolutamente sanabili, circa una sessantina di insediamenti civili, ovvero villette, costruzione e casali dovranno essere abbattuti».
Ogni giorno 16 guardaparco controllano che non aumentino le violazioni e gli abusi in un area di grande pregio. E inoltre all’interno degli uffici c’è un sistema informatico avanzato che vigila su eventuali accrescimenti delle strutture, o su cambi di destinazione d’uso.
«Al borghetto dell’Olivetaccio ci sono una decina di case ad un piano mai condonate», precisa il direttore. E sull’Appia Antica una grossa villa, sede di una società di catering, è sotto l’occhio attento di guardaparco e vigili urbani.
Ville e capannoni: «Sessanta da abbattere». Parla il direttore dell’Ente Parco: insanabili dal 20 al 30% delle costruzioni.
Sessanta. Villini, casali e capannoni che: prima o poi, dovranno abbattuti. Sessanta circa, perché all’interno di un’area di pregio come l’Appia Antica anche la cristallina precisione dei numeri viene offuscata, dalla stratificazione dei secoli e delle competenze.
«Dovrebbero essere tra i cinquanta e i sessanta gli insediamenti residenziali che non potranno usufruire del condono edilizio – spiega Giancarlo Paoletti, direttore dell’Ente Parco regionale dell’Appia Antica -, perché le loro irregolarità non sono sanabili. Impossibile quantificarli precisamente, a volte a una domanda di condono corrispondono più unità abitative».
Quelle che per alcuni cittadini sono abitazioni o capannoni commerciali sono, a volte, situazioni irregolari e abusive contro cui combattono ogni giorno sedici guardaparco, adibiti a vigilare sull’integrità di 3500 ettari dal grande valore storico e ambientale.
Sono duemila le richieste di condono edilizio in attesa di risposta. «La metà di queste provengono da strutture per uso abitativo – continua il direttore – il 40% sono cose risolvibili, il 30% sono interventi piccoli come, ad esempio, il rifacimento degli infissi o il ripristino di un tetto, ma il restante, circa il 20% delle domande, non potranno mai avere risposta positiva, perché sono situazioni assolutamente illegittime».
Come la decina di piccole costruzioni, residenze a un piano con giardino, sorte al borghetto dell’Olivetaccio, così la toponomastica definisce, da sempre, questa zona tra l’Appia Antica e l’Appia Pignatelli. Un comprensorio di abitazioni nascoste tra la vegetazione, a cui si arriva prendendo una stradina polverosa che sale dall’Appia Pignatelli, verso la «Regina viarum». All’ingresso della strada c’è un cartello con un numero.
Dovrebbe essere il civico, dovrebbe corrispondere a tutto il comprensorio, «ma non è di quelli regolarmente autorizzati dalla toponamastica comunale», spiega un guardiaparco. Più avanti un cartello a forma di freccia fa di meglio, indica con due cognomi altre due abitazioni private.
Negli uffici dell’ente regionale queste situazioni vengono continuamente tenute sotto controllo, non solo attraverso l’attività delle guardie sul territorio ma anche con un raffinato sistema informatico, che permette attraverso foto scattate dal cielo di comparare eventuali mutamenti nel tempo.
«In questo modo ci siamo accorti che un casale, proprio all’interno dell’Appia Antica, anno dopo anno è cresciuto – continua il direttore -. È diventato una villa, in parte usata come abitazione privata, in parte adibita a catering. Sappiamo che hanno chiesto il condono, ma è molto difficile che possano averlo, perché le irregolarità, a nostro avviso, non sono più sanabili».
I vigili dell’Undicesimo gruppo che si occupano di edilizia tengono sotto controllo la villa dai primi anni ’90, e raccontano: «I proprietari sono stati più volte denunciati – aggiungono i vigili – per ampliamenti irregolari e cambi di destinazione d’uso».
La struttura è sede della società «Appia Antiqua Aedes srl», l’amministratore delegato è Silvana Appolloni. «La signora non c’è, non può rispondere», precìsa più volte un custode straniero.
Non ha ancora regolarizzato la sua posizione il ristorante «Pappa e ciccia», ingresso sull’Appia Nuova e vista, dal parcheggio, sull’acquedotto dei Quintili. «Era un vecchio deposito di materiale, usato durante la costruzione del raccordo anulare», continua il direttore del Parco.
Poco a più a sud c’è una sorta di «insediamento tecnico», più volte sequestrato dai guardiaparco. «Sono per lo più rimesse per autoveicoli assolutamente fuorilegge che non possono essere abbattute, perché hanno fatto domanda di condono. E la sola richiesta di sanatoria blocca ogni nostro intervento», dice Paoletti.
Ma ci sono anche 150 attività commerciali incompatibili con l’area di pregio. «Dovranno presto essere delocalizzate – conclude – ovvero trasferite entro 4 anni su un terreno di sessanta ettari individuato dal comune. Ma finora solo 70 hanno accettato il trasferimento».
Fonte: Corriere della Sera Roma, 21/06/2006
Autore: Maria Rosaria Spadaccino
Cronologia: Arch. Romana