”Tutto quello che viene dal fondo del mare e’ come se venisse dal fondo della nostra psiche e dal nostro passato piu’ remoto e per questo suscita emozioni incontrollabili e un alone di mistero”.
A raccontare all’Adnkronos Cultura il fascino dell’archeologia subacquea e’ Roberto Petriaggi, professore di Archeologia subacquea all’Universita’ Roma Tre e direttore del Nias, Nucleo per gli Interventi di Archeologia Subacquea dell’Istituto Centrale del Restauro.
”Di archeologia subacquea, pero’, non bisognerebbe parlare solo quando viene alla luce un singolo reperto -ha sottolineato Petriaggi- Il discorso e’ piu’ complesso e su di esso va fatta una campagna di sensibilizzazione”.
Secondo il direttore del Nias, infatti, ”in Italia possediamo delle vere e proprie bombe culturali che ci possono esplodere in mano: sta a noi accendere la miccia”. Da Grado, in provincia di Gorizia, a Capo Passero, in Sicilia; dal Relitto del Pozzino di Piombino alla barca carbonizzata sulla spiaggia di Ercolano, numerosi sono i siti archeologici, le aree naturali e i fondali che conservano citta’ sommerse, ville, relitti; troppo pochi, pero’, i parchi archeologici subacquei e le strutture organizzate che, oltre a consentire la fruibilita’, sarebbero fondamentali nella tutela del reperto altrimenti sottoposto a rischi di degrado naturale o di saccheggio.
”Fosse per me, ogni sito archeologico subacqueo meriterebbe di diventare un parco archeologico, come quello di Baia, in Campania -ha spiegato Petriaggi- Ma ci sono alcuni casi in cui basterebbe davvero poco per poterlo realizzare: quello che manca e’ la volonta’ politica in grado di dare vita all’incontro tra i ministeri preposti, quello dei Beni Culturali e dell’Ambiente, ed enti locali, al fine di dare luogo alla legge che segna la nascita di ogni parco protetto”.
Fonte: Adnkronos 28/02/2007