Si apre un nuovo capitolo della storia di Porta Galliana, l’antico varco che già in epoca malatestiana rappresentava l’accesso da mare al cuore di Rimini. Dopo essere stata per secoli quasi interamente sotterrata e al centro di un articolato intervento di valorizzazione iniziato nel 2017 con le indagini archeologiche, con Porta Galliana la città ritrova uno dei suoi gioielli, straordinaria testimonianza delle antiche radici di Rimini.
Una nuova area archeologica accessibile a tutti che si propone anche come un punto di incontro, connesso alla rete ciclopedonale, che si inserisce nel percorso di riscoperta e valorizzazione del patrimonio storico e culturale della città.
Un intervento che ha consentito anche di rinnovare e potenziare l’articolata rete di sottoservizi a servizio di quella zona – dall’illuminazione pubblica, fibre, allacci di forniture elettriche ed idriche – oltre che di aggiungere un tratto nevralgico nella rete ciclopedonale, una ricucitura del centro al mare, connessa anche al Parco Marecchia.
“Ci riappropriamo di una grande bellezza, aprendo alla città un luogo prima inaccessibile – commenta il sindaco Jamil Sadegholvaad – Un traguardo per la città e un altro tassello del processo di radicale rigenerazione urbana che fa leva su due pilastri: la riqualificazione sostenibile del patrimonio esistente e una diffusa rinaturalizzazione della città. Due pilastri che sono alla base anche del nuovo obiettivo che ci siamo posti: abbiamo già presentato richiesta per accedere ai finanziamenti del prossimo programma FESR 2021-2027 per la riqualificazione dell’ultimo tratto di Porto Canale e quindi ricucire in definitiva la parte mare con il centro della città”.
Porta Galliana è l’unica porta cittadina medievale ancora integra e in parte visibile, ad eccezione della porta del Gattolo, visibile dall’interno di Castel Sismondo.
Fu costruita nel Duecento a collegamento della città con la zona del porto lungo il fiume Marecchia. Era parte della cinta muraria difensiva dovuta all’ampliamento della città in epoca federiciana (secolo XIII). Sostituì un’altra porta spostata leggermente più all’interno della città.
Nel XV secolo fu restaurata dal signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468): lo si desume dal fatto che agli inizi del XX secolo in alcuni scavi fu ritrovato un deposito di medaglie malatestiane impiegate dallo stesso Sigismondo per indicare le opere da lui realizzate o ristrutturate. Dal bassorilievo di Agostino di Duccio (databile fra il 1449 e il 1455) conservato nella cappella dei segni zodiacali nel Tempio Malatestiano, si può intuire come si presentasse la porta nel Quattrocento.
Nel XVI secolo la porta fu chiusa e sostituita con un torrione che nel Settecento risulta essere chiamato “Torrione dei Cavalieri”.
L’intera area è stata oggetto sia di approfondite indagini archeologiche, partite nel luglio del 2017 e coordinate dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini ed eseguite dalla società riminese adArte, grazie al contributo di Hera spa.
Durante questi scavi il 23 marzo 2018 vennero ritrovate e dissotterrate le antemurali di epoca rinascimentale che permettevano il perfetto riconoscimento della porta come scolpita nel bassorilievo attribuito ad Agostino Di Duccio.
I rinvenimenti emersi dalle ricerche nell’area antistante la porta medievale hanno consentito di trovare risposte all’organizzazione di questo bastione difensivo strategico della città medioevale. Dagli scavi eseguiti dagli archeologi di adArte sono emersi i resti del cosiddetto “ponte morto” nonché i muri di contenimento del fossato. Il “ponte morto” è infatti una struttura difensiva di grande importanza che si protrae all’interno del fossato per portarsi, a partire dal muro di contenimento verso l’ingresso dell’avancorpo della porta che veniva raggiunto con un altro ponte in legno mobile, funzionante come un vero e proprio ponte levatoio.
Gli antemurali sono stati “l’inaspettata riscoperta”, tra tante altre tracce e ritrovamenti che si sono susseguiti: di fatto un palinsesto di costruzioni storiche che vanno dalle prime strutture quattrocentesche – trecentesche, a due fogne del 1871 e del 1908, ai resti dell’ultimo lavatoio pubblico di San Domenico sempre del 1908.
I lavori di valorizzazione di Porta Galliana sono stati approvati dalla precedente Giunta comunale nel dicembre 2019 e hanno potuto prendere avvio a metà estate 2020, in pieno periodo pandemico. Un intervento preceduto da un importante lavoro di adeguamento di sottoservizi e di opere strutturali realizzate da Hera, che hanno restituito nella sua bellezza e originalità il “sedime della Porta”, libero dai voluminosi tratti dei vecchi collettori fognari e idrici, e consolidato strutturalmente l’area.
Opere che oggi riconsegnano un’area storico-archeologica posta a quota – 3,25 mt circa rispetto il piano stradale, visitabile ed accessibile a tutti, anche alle utenze deboli. Il percorso pedonale si sviluppa su diversi piani fruibili ed è arricchito da sedute in modo da proporsi anche come area di sosta e di incontro, “nuovo-antico” punto di riferimento cittadino. Le due porzioni d’area archeologica, lato mare e lato città rispetto alla Porta stessa, sono state progettate con sistemazione a verde a piano inclinato che vuole fisicamente documentare lo scavo archeologico “stratigrafico” condotto.
Il percorso di accesso al varco portaio storico scende attraverso una rampa che conduce all’antico fossato, riproposto esattamente dove esiste ancora una sua traccia. Proseguendo si può raggiungere il “palinsesto portaio” che si mostra tra reperti malatestiani (tardo 1400) sul fronte mare e reperti tardo medioevali (1300 circa) e tratti di quelle mura medioevali “federiciane” sul fronte della porta lato città. Il progetto ha quindi portato al recupero della connessione tra la porta e la cortina muraria federiciana, attraverso una marcatura a terra.
Sono visibili i segni del tempo, le tracce della saracinesca ed i cardini dei portoni di chiusura, i vari usi antichi del sito ed altri più moderni come porzioni della pavimentazione del lavatoio pubblico “di San Domenico” dei primi anni del 1900. Sono presenti due “bocche da fuoco” per l’uso di quelle “armi moderne” che caratterizzarono la tipologia difensiva delle mura e del castello “alla moderna” su specifica volontà di Sigismondo.
L’intervento rappresenta anche un pezzo nevralgico di connessione ciclopedonale, tratto dell’anello verde, che connette questo d’angolo della città storica con la pista ciclabile di connessione al faro, Porto Canale, alla nuova pista ciclabile di via Coletti e all’anello delle piazze del centro storico e al Parco Marecchia.
L’opera è stata completata da un progetto illuminotecnico funzionale sia alla viabilità pedonale, ciclabile sia alla valorizzazione e fruizione della parte archeologica, in una suggestiva cornice. Sempre sotto l’aspetto infrastrutturale, è stato realizzato un intervento sulla rete idrica fognaria, per migliorare raccolta delle acque e manutenzione, segnato dalla presenza di uno specchio d’acqua che ripropone l’antico fossato d’epoca Sigismondea esistente sull’esterno di questo tratto di mura cittadine, esattamente sul sedime originario.
Fonte: www.stilearte.it, 29 apr 2022