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Raffaella LA MARRA: Lucus Feroniae – sulle tracce di Annibale.

Narra Livio che nel 211 a.C. Annibale, protagonista indiscusso degli episodi più noti della seconda guerra punica in Italia, volendo allontanare l’esercito romano impegnato nell’assedio di Capua, decise di marciare direttamente su Roma, sperando di poterla prendere con un’azione improvvisa che generasse spavento e scompiglio (Livio, XXVI, 7).

Pur non avendo forze sufficienti per conquistarla, tentò comunque la sua impresa e riuscì a porre l’accampamento sull’Aniene, a circa 3 miglia da Roma. Egli con tanta arroganza si spinse il più possibile vicino alle mura dell’Urbe ma fu allontanato e costretto a spostarsi verso nord presso il fiume Tuzia, corrispondente ad uno degli affluenti del Tevere. Si affrettò quindi verso il bosco sacro della dea Feronia, il cui tempio in quell’epoca era famoso per le sue ricchezze, dal momento che gli abitanti di Capena, portandovi ogni genere di dono, lo avevano ornato con oro e argento (Livio, XXVI, 11).

Annibale dunque deviando dal suo percorso giunse a Lucus Feroniae attratto dalla fama dei suoi tesori, che si apprestò a depredare interamente. E’ ancora Livio a dirci che dopo il devastante passaggio furono ritrovati mucchi di metallo e pezzetti di bronzo, gettati via dai soldati cartaginesi per scrupolo religioso. A due secoli di distanza lo scrittore latino afferma che le tracce del passaggio di un esercito così grande non si sono ancora perdute.

Non solo fama e ricchezza erano legate al santuario, ma anche strani prodigi avvenuti dopo il passaggio di Annibale – quattro statue avevano infatti sudato sangue per un giorno ed una notte – espiati con una solenne preghiera pubblica.

Oggi a Lucus Feroniae si arriva quasi per caso, percorrendo la via Tiberina verso l’autostrada Roma-Firenze. Pochi cartelli segnalano l’esistenza di questo sito archeologico, eppure l’antico centro, posto in un punto nodale di comunicazione tra popoli confinanti, era noto per ospitare sin da età remota il santuario della dea italica Feronia, protettrice delle messi e delle acque sorgive, della fertilità e della salute, presso cui ogni anno si radunavano Falisci, Latini, Sabini ed Etruschi per scopi religiosi e commerciali.

Percorrendo il viale d’ingresso si potrebbe pensare che non rimanga più nulla a testimoniare il florido passato di questo piccolo centro, ma Lucus Feroniae si svela a poco a poco, colpendo prima l’immaginazione del visitatore con le sue storie di ricchezze depredate, di simulacri piangenti, di culti primordiali, che accompagnavano il percorso lungo l’antica via Tiberina fino all’incrocio con la strada che conduceva a Capena, e affascinando anche l’occhio inesperto non appena si arriva alla piazza del Foro, da cui è possibile abbracciare in un’unica visione il santuario, la basilica, le botteghe, le terme. Peccato che da qui la vegetazione impedisca di vedere il piccolo anfiteatro, che conserva ancora le strutture portanti, le uscite per il pubblico e gli ambienti di servizio, a cui si può arrivare dopo aver dedicato il tempo necessario agli edifici principali del sito.

L’attuale assetto urbanistico risale in gran parte alla fine del I secolo a.C., in seguito alla fondazione della colonia Iulia Felix Lucus Feroniae. In questo periodo la città si ingrandì notevolmente e furono realizzati importanti opere edilizie come la nuova pavimentazione del Foro, la costruzione dell’anfiteatro e di un acquedotto, a cui si aggiunse nella prima età imperiale un ambiente absidato ornato di marmi, identificato con il tempio del divo Augusto, da cui proviene la maggior parte delle statue rinvenute nell’area archeologica. Il santuario di Feronia continuò ad essere frequentato anche in questo periodo, per essere poi definitivamente abbandonato alla fine del IV secolo; esso è identificabile con un edificio posto sul lato breve nord del Foro, dove si trovano tuttora due cippi recanti gli epiteti di Salus e Frugifera, riferibili alla dea,

Uscendo dalla piazza del Foro è possibile ammirare i cosiddetti termopolia, botteghe con banchi in muratura dove i clienti consumavano i pasti e grossi dolii usati per contenere le bevande, oltre ad un complesso termale con pavimenti a mosaico bianco e nero, di cui si conserva ancora tutto l’impianto di riscaldamento, il quale avveniva tramite il passaggio di aria calda sotto i pavimenti e lungo le pareti.

A conclusione della visita nel piccolo museo dell’area archeologica, da alcuni anni in fase di allestimento a cura della Soprintendenza Archeologica per l’Etruria meridionale, vengono proposti al pubblico un gruppo di statue onorarie dedicate all’imperatore Augusto, ad Agrippa e ad altri personaggi purtroppo non identificabili, una serie di statue femminili tutte di ottima fattura ad una base marmorea circolare, decorata con festoni e bucrani, proveniente dall’area antistante il santuario di Feronia ed utilizzata come ara sacrificale.

A poca distanza dalla città si trovano i resti monumentali di una villa appartenuta ai Volusii Saturnini, costruita nel I secolo a.C. ed abitata fino al IV secolo d.C., quando sul settore residenziale si impiantò un cimitero. La struttura appartenne a Q. Volusio, personaggio noto a Cicerone, ed in seguito dal figlio L. Volusio Saturnino, cui si dovettero le decorazioni a mosaico. La si può visitare su richiesta al museo di Capena.

Info: Museo ed area archeologica di Lucus Feroniae – Capena (Roma) – Lucus Feroniae, via Tiberina km.18 – Aperto 8.30-19.30-chiuso Lunedì – Ingresso gratuito; tel. 069085173

 

Autore: Raffaella La Marra
Cronologia: Arch. Romana

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