Perfette. Così sono spuntate dal lapillo del 79 dopo Cristo, complete in ogni loro particolare, dalle scanalature allo stucco di cui sono rivestite, alla sommità che a prima vista pare essere lavorata secondo lo stile dorico, le dieci colonne che il crollo di un muro e del retrostante terrapieno hanno riportato alla luce nell’insula XI.
L’area affaccia su via dell’Abbondanza e allo stesso tempo confina con la stradina che la divide dall’altra insula – la XII – occupata dalla Casa dei casti amanti. Lo smottamento del fronte strada, lungo quasi trenta metri, si è verificato nella notte tra il 14 e il 15 gennaio scorso e, secondo i tecnici che sono intervenuti per i rilievi del caso e l’accertamento delle cause, è stato provocato dalle piogge copiose che si sono abbattute in quel periodo nell’area vesuviana.
Il caso è così, da una situazione che poteva essere estremamente pericolosa per le strutture prossime all’area interessata allo smottamento e già scavate, è emersa una realtà scientifica e ARCHEOLogica del tutto nuova e inaspettata. Anche se, a dire il vero, essendo lo spazio interessato al cedimento in pieno centro cittadino e in particolare affacciando su via dell’Abbondanza, di fronte a uno dei termopolii più belli di Pompei, quello di Asellina, tutto lasciava intendere che sotto la coltre di ceneri e lapilli del 79 si nascondessero altri e ben più interessanti tesori.
Quale sia la superficie occupata dal peristilio, che doveva contrassegnare la parte residenziale della casa, resta ancora un elemento incognito. Il proprietario Sconosciuto rimane il proprietario della domus: in genere la proprietà si attribuisce attraverso il rinvenimento di graffito o dell’anello-sigillo posseduto dal capofamiglia. Il dato certo è che nel lato opposto a quello emerso, le colonne, per immagine speculare, non possono essere in numero maggiore di sette. Così come ancora non se ne conosce la forma geometrica: quadrata o rettangolare, considerato che il numero di colonne rinvenute sul probabile lato corto non da indicazioni esatte in tal senso.
Gli affreschi Il cedimento, tuttavia, che ha una profondità di circa cinque metri sul fronte della stradina, ha anche riportato alla luce alcuni ambienti splendidamente affrescati. Si tratta – ma se ne saprà di più allorché si metterà mano a uno scavo sistematico – di stanze, probabilmente triclinii di rappresentanza, le cui pareti appaino ricoperte da pitture di gusto finissimo. I colori, sono quelli caratteristici delle aree pompeiane al I secolo dopo Cristo: rossi, verdi e neri, così come anche le decorazioni: microscopiche palmette e fiorellini, e uno stupendo uccellino, che l’artista ha mirabilmente reso in dimensioni e colori del piumaggio. Anche le pitture, che gli ARCHEOLogi giudicano di «quarto stile» (si caratterizza le imitazioni dei rivestimenti marmorei, le finte architetture, animali e le ornamentazioni con candelabri, figure alate, tralci vegetali) e gli stucchi delle pareti appaiono ottimamente conservate.
La casa ricostruita. Particolarmente importante, poi, la scoperta di una struttura abitativa, trovata in fase di crollo, nell’area situata al di sopra di lapilli e cenere del 79, che l’ARCHEOLogo Antonio Varone stima risalente agli anni immediatamente successivi all’eruzione.
«A testimonianza – spiega – di un tentativo di far ritornare alla vita una città che il vulcano aveva devastato concedendo scampo a ben pochi abitanti dell’area vesuviana».
L’area affaccia su via dell’Abbondanza e allo stesso tempo confina con la stradina che la divide dall’altra insula – la XII – occupata dalla Casa dei casti amanti. Lo smottamento del fronte strada, lungo quasi trenta metri, si è verificato nella notte tra il 14 e il 15 gennaio scorso e, secondo i tecnici che sono intervenuti per i rilievi del caso e l’accertamento delle cause, è stato provocato dalle piogge copiose che si sono abbattute in quel periodo nell’area vesuviana.
Il caso è così, da una situazione che poteva essere estremamente pericolosa per le strutture prossime all’area interessata allo smottamento e già scavate, è emersa una realtà scientifica e ARCHEOLogica del tutto nuova e inaspettata. Anche se, a dire il vero, essendo lo spazio interessato al cedimento in pieno centro cittadino e in particolare affacciando su via dell’Abbondanza, di fronte a uno dei termopolii più belli di Pompei, quello di Asellina, tutto lasciava intendere che sotto la coltre di ceneri e lapilli del 79 si nascondessero altri e ben più interessanti tesori.
Quale sia la superficie occupata dal peristilio, che doveva contrassegnare la parte residenziale della casa, resta ancora un elemento incognito. Il proprietario Sconosciuto rimane il proprietario della domus: in genere la proprietà si attribuisce attraverso il rinvenimento di graffito o dell’anello-sigillo posseduto dal capofamiglia. Il dato certo è che nel lato opposto a quello emerso, le colonne, per immagine speculare, non possono essere in numero maggiore di sette. Così come ancora non se ne conosce la forma geometrica: quadrata o rettangolare, considerato che il numero di colonne rinvenute sul probabile lato corto non da indicazioni esatte in tal senso.
Gli affreschi Il cedimento, tuttavia, che ha una profondità di circa cinque metri sul fronte della stradina, ha anche riportato alla luce alcuni ambienti splendidamente affrescati. Si tratta – ma se ne saprà di più allorché si metterà mano a uno scavo sistematico – di stanze, probabilmente triclinii di rappresentanza, le cui pareti appaino ricoperte da pitture di gusto finissimo. I colori, sono quelli caratteristici delle aree pompeiane al I secolo dopo Cristo: rossi, verdi e neri, così come anche le decorazioni: microscopiche palmette e fiorellini, e uno stupendo uccellino, che l’artista ha mirabilmente reso in dimensioni e colori del piumaggio. Anche le pitture, che gli ARCHEOLogi giudicano di «quarto stile» (si caratterizza le imitazioni dei rivestimenti marmorei, le finte architetture, animali e le ornamentazioni con candelabri, figure alate, tralci vegetali) e gli stucchi delle pareti appaiono ottimamente conservate.
La casa ricostruita. Particolarmente importante, poi, la scoperta di una struttura abitativa, trovata in fase di crollo, nell’area situata al di sopra di lapilli e cenere del 79, che l’ARCHEOLogo Antonio Varone stima risalente agli anni immediatamente successivi all’eruzione.
«A testimonianza – spiega – di un tentativo di far ritornare alla vita una città che il vulcano aveva devastato concedendo scampo a ben pochi abitanti dell’area vesuviana».
Autore: Carlo Avvisati
Fonte: Il Mattino, 27/01/2010.