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POMPEI (Na). Le officine di garum.

Furono decine le officine pompeiane a conduzione familiare che sotto Augusto vennero costrette a interrompere la produzione di garum – la saporitissima salsa di cui erano ghiotti i romani, ottenuta mettendo a macerare pesce azzurro trattato con sale e aromi – perché la concorrenza dei grandi produttori spagnoli e la politica dell’imperatore a favore di mega-impianti per la fabbricazione della specialità li stava riducendo sul lastrico.
Pare di ritrovarsi di fronte a una spregiudicata e attualissima operazione di speculazione finanziario-industriale. Eppure tutto accadeva a Pompei ben duemila anni fa. E tuttavia la storia non finisce con una catena di fallimenti ante litteram perché lo spirito di sopravvivenza e di adattamento spinse i pompeiani a riciclarsi trasformando in osterie, tabernae e locande, con ingresso sul fronte strada, quei locali che prima erano fabbriche di garum. Tanto più che l’area era super frequentata, considerata la prossimità di Porta Stabia e la vicinanza del Teatro Grande.
A scoprire questa nuova tessera dello spaccato storico – scientifico di Pompei è stato un pool internazionale di scienziati che, coordinato da Steven Ellis, archeologo e professore di Archeologia all’università di Cincinnati, nell’Ohio, e coadiuvato dall’assistente Giuseppe Di Martino, sta passando al setaccio una intera insula.
Il progetto «Porta Stabia», sottolinea Ellis, «punta sia ad analizzare e ricostruire il microcosmo civile e sociale costituito venti secoli fa dagli abitanti e dalle botteghe situate in prossimità di quello che era uno dei principali ingressi commerciali di Pompei sia a metterlo in relazione con il sistema di sviluppo socio economico del Mediterraneo».
Attraverso Porta Stabia, difatti, a dorso di muli o asini, entravano in città le merci arrivate sin sotto le mura con i grossi e pesanti carri (in passato sono stati individuati locali e stallaggi per mulattieri e animali) per i quali era oltremodo difficoltoso muoversi all’interno del tessuto urbano. Oltretutto, la pendenza stradale, da quel lato, era meno faticosa tanto per gli animali da soma quanto per gli schiavi che lavoravano in quel settore.
I saggi e le ricerche hanno dunque consentito di individuare almeno due manifatture casalinghe di garum situate nello spazio di pochi metri.
Gli scavi hanno poi permesso di riportare alla luce reperti e ceramiche che erano utilizzate sia nelle comuni abitazioni sia nelle botteghe commerciali. Ancora, una indagine del suolo antico ha fatto ritrovare le tracce fossili di un albero risalente al V secolo avanti Cristo e una cisterna pubblica per l’approvvigionamento idrico dell’area.
I dati più interessanti, tuttavia, sono quelli che scaturiranno dall’analisi dei resti organici e del cibo trovati nelle domus e nelle osterie.

Autore
: Carlo Avvisati

Fonte: Il Mattino, 03/08/2010

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