Francesco Bandarin e’ stato nominato quest’anno vice direttore generale dell’Unesco per la cultura.
Pompei ha resistito alla natura, ai secoli, alle bombe, non all’incuria quotidiana degli uomini.
«E’ cosi’ purtroppo, bisognera’ verificare il dettaglio di questo disastro, infiltrazioni pare in una copertura non adeguata perche’ di cenento armato, vecchia di 40 anni, che avrebbe dovuto essere sostituita perche’ il cemento armato ha una rigidita’ molto superiore alle strutture in muratura. Ma si apre una questione piu’ ampia che e’ quella del degrado del sito Pompei, uno dei siti piu’ importanti del mondo. Che e’ sempre un po’ sconcertate visitare, e’ un sito che affanna, che non ha una gestione, una chiara direzione, fatto di rattoppi, di degrado qua e la’, di piante che nascono, di cani che circolano, di turisti spersi, di guide illegali. ..certo c’e’ un problema generale di tutti i siti importanti; ma stiamo parlando di qualcosa di particolare, una cosa unica al mondo, non esistono citta’ intere riscoperte e in piu’ e’ una macchina da turismo senza fine».
E’questo soprattutto che sconcerta, neppure il meschino interesse economico, il fatto che rende, lo tutela…
«Si dice che mancano le risorse: ma non li’! Cinquemila visitatori al giorno, forse piu’, basta moltiplicare il prezzo del biglietto e siamo su un sito milionario. Dire che non ci sono risorse per Pompei non va bene, non e’ vero. E’ una questione di organizzazione e di pianificazione. Sull’organizazione Pompei da anni ha un vuoto totale, e’ stato commissariato dal governo. Non dico che sia bene o male, ma e’ un sintomo di situazione critica, vuol dire che la situazione e’ uscita di controllo. Il commissario ha anche messo in atto delle azioni che sono condivisibili, di interventi e di modernizzazione. Ma siamo un po’ ai pannicelli caldi rispetto a una malattia profonda. Non sta a noi dire quale deve essere la forma di gestione: che faccia il governo: Non e’ l’Unesco che puo’ dire la formula, ma quel che e’ certo e’ che il risultato non c’e’. Io mi impegno a nome dell’Unesco a avviare rapporti con il governo per fare immediatamente un sopralluogo, capire come possiamo collaborare. In un paese del terzo mondo, in Afghanistan si puo’ anche trovare una giustificazione, se succede in Italia un disastro simile no».
L’Unesco esercita un controllo di supervisione costante..
«Senza dimenticare che abbiamo ormai mille siti, c’e’ un programma di monitoraggio periodico, una regione del mondo all’anno. Per le crisi abbiamo un monitoraggio reattivo. E’ cosi’ che agiremo perche’ il fatto e’ piuttosto grave».
Quale strategia sarebbe efficace?
«E’ difficile dare lezioni ma in questo caso come per altri grandi monumenti bisogna intervenire sul lungo periodo. A Pompeisi va avanti con i rattoppi da 50 anni. Tra l’altro in alcuni casi l’Italia e’ stata alla avanguardia. La manutenzione ordinaria si fa sui vent’anni, quello e’ l’unico modo in cui si gestisce, il restauro e’ l’ultima cosa, se si fa bene la manutenzione il restauro non lo si fa mai».
Pompei ha resistito alla natura, ai secoli, alle bombe, non all’incuria quotidiana degli uomini.
«E’ cosi’ purtroppo, bisognera’ verificare il dettaglio di questo disastro, infiltrazioni pare in una copertura non adeguata perche’ di cenento armato, vecchia di 40 anni, che avrebbe dovuto essere sostituita perche’ il cemento armato ha una rigidita’ molto superiore alle strutture in muratura. Ma si apre una questione piu’ ampia che e’ quella del degrado del sito Pompei, uno dei siti piu’ importanti del mondo. Che e’ sempre un po’ sconcertate visitare, e’ un sito che affanna, che non ha una gestione, una chiara direzione, fatto di rattoppi, di degrado qua e la’, di piante che nascono, di cani che circolano, di turisti spersi, di guide illegali. ..certo c’e’ un problema generale di tutti i siti importanti; ma stiamo parlando di qualcosa di particolare, una cosa unica al mondo, non esistono citta’ intere riscoperte e in piu’ e’ una macchina da turismo senza fine».
E’questo soprattutto che sconcerta, neppure il meschino interesse economico, il fatto che rende, lo tutela…
«Si dice che mancano le risorse: ma non li’! Cinquemila visitatori al giorno, forse piu’, basta moltiplicare il prezzo del biglietto e siamo su un sito milionario. Dire che non ci sono risorse per Pompei non va bene, non e’ vero. E’ una questione di organizzazione e di pianificazione. Sull’organizazione Pompei da anni ha un vuoto totale, e’ stato commissariato dal governo. Non dico che sia bene o male, ma e’ un sintomo di situazione critica, vuol dire che la situazione e’ uscita di controllo. Il commissario ha anche messo in atto delle azioni che sono condivisibili, di interventi e di modernizzazione. Ma siamo un po’ ai pannicelli caldi rispetto a una malattia profonda. Non sta a noi dire quale deve essere la forma di gestione: che faccia il governo: Non e’ l’Unesco che puo’ dire la formula, ma quel che e’ certo e’ che il risultato non c’e’. Io mi impegno a nome dell’Unesco a avviare rapporti con il governo per fare immediatamente un sopralluogo, capire come possiamo collaborare. In un paese del terzo mondo, in Afghanistan si puo’ anche trovare una giustificazione, se succede in Italia un disastro simile no».
L’Unesco esercita un controllo di supervisione costante..
«Senza dimenticare che abbiamo ormai mille siti, c’e’ un programma di monitoraggio periodico, una regione del mondo all’anno. Per le crisi abbiamo un monitoraggio reattivo. E’ cosi’ che agiremo perche’ il fatto e’ piuttosto grave».
Quale strategia sarebbe efficace?
«E’ difficile dare lezioni ma in questo caso come per altri grandi monumenti bisogna intervenire sul lungo periodo. A Pompeisi va avanti con i rattoppi da 50 anni. Tra l’altro in alcuni casi l’Italia e’ stata alla avanguardia. La manutenzione ordinaria si fa sui vent’anni, quello e’ l’unico modo in cui si gestisce, il restauro e’ l’ultima cosa, se si fa bene la manutenzione il restauro non lo si fa mai».
E invece siamo di fronte a un disastro per l’immagine del paese…
«Sono sconfitte che e’ difficile recuperare. Certo c’e’ il problema delle risorse. Ma non si puo’ ascoltare quello che ho sentito dire dal ministro dell’economia, che con la cultura non si mangia. Sono saltato sulla sedia: io dico invece che con la cultura si mangia e bene».
Autore: Domenico Quirico
Fonte: La Stampa, 07/11/2010