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POMPEI (Na): La Venere di Pompei emersa dalle acque.

Cercando l’antico porto della città sepolta è stato trovato un tempio con la “Madonna di Portosalvo”.

Cercavano il porto ancora di misteriosa collocazione a Pompei. Hanno trovato la “madonna di Portosalvo” di antichi e ricchi mercanti, il faro di una civiltà spenta dall’eruzione dell’inesorabile vulcano. Una “patrona” pagana delle acque e delle lagune un po’ speciale, nel cui tempio venivano compiuti anche rituali di iniziazione alla prostituzione sacra, con sacrifici di piccoli animali e offerte votive. Affacciato su quello che potrebbe venire alla luce in un futuro scavo, c’era un tempio ellenizzante, costoso ed elegante, il più grande di Pompei. Architettura “griffata” del passato, che nel 130 d.C. si presentava imponente, con due alte terrazze e due cortili laterali con giochi d’acqua. Lo scavo, iniziato l’anno scorso a Pompei in una zona molto battuta dai turisti, vicino all’antiquarium, è portato avanti dalla Scuola di specializzazione in Archeologia di Matera dell’Università della Basilicata. È stato finanziato con i fondi del progetto ministeriale “Rientro dei cervelli”: lo dirige Emmanuele Curti, che insegna al Birkbeck College dell’Università di Londra e resterà tre anni in Italia per finire il lavoro, sebbene la cifra sia esigua (80 mila euro complessivi). Troppo poco per arrivare nella direzione a cui lo scavo tende: individuare il porto perduto di Pompei.

Dopo aver trovato il luogo di culto esattamente un anno fa, Curti ha scavato per otto settimane tra maggio e giugno, effettuando saggi ancora più in profondità. E ha scoperto che quel tempio interrato occupa una fetta di Pompei riservata probabilmente da sempre a un santuario: si pensava che la parte più antica risalisse all’età di Silla, invece, stando ai recenti risultati dello scavo bisogna andare indietro ancora di due secoli, fino al VI a.C.

Per un tempio di quel genere, così imponente e monumentale, costruito secondo una tradizione vicina a quella di cui troviamo traccia a Terracina, Palestrina o Gabi, quello di Pompei risulta essere la struttura più a Sud d’Italia. Una esibizione di grandezza non casuale.

“Roma conquistava il Mediterraneo – spiega Curti – e questo monumento doveva essere la carta di presentazione per ogni mercante straniero che metteva la prua verso le rive di Pompei, che andava a rappresentare la potenza economica e commerciale di Roma”.

Dopo la dea delle acque e della fertilità nella quale è sembrato di vedere l’italica Mefite o Herentas, di cui si trovarono tracce nel 2004 in pitture murarie, gli archeologi quest’anno hanno tirato fuori dai resti del tempio la raffigurazione di Eros ermafrodito dipinta su un frammento di terracotta. A conferma che in quel posto si facevano sacrifici, è apparsa una grande quantità di reperti, come ossa di maialini, frammenti di cereali e di frutta carbonizzati, piccolissimi vasi e una testina d’avorio di pregevole fattura con tracce di colore d’oro sui capelli. La ricostruzione virtuale del santuario di epoca repubblicana, quando ci sarà, risulterà sorprendente. La struttura era spettacolare, la più grande che troviamo a Pompei: a doppia terrazza e sorretta da un muro alto quindici metri. Sulla sommità stava il tempio, circondato da portici, mentre la terrazza inferiore ospitava una piattaforma circondata da una corte con canalette laterali, le fontane. “Negli anni intorno al 30 d.C. — spiega l’archeologo autore dello scavo — il tempio venne completamente ristrutturato: la moda italica che si rifaceva al modello ellenico apparteneva ormai al passato. L’età imperiale impose al suo posto il proprio modello”.

Cancellate nel periodo Giulio-Claudio le corti laterali, il tempio diventa centrale. Curti ha invitato a partecipare alle ricerche un pool di archeobotanici (Girolamo Fiorentino, Universitàdi Lecce), archeozoologi (Alison Carnell, Università di Southampton), petrografi (Claudio Mazzoli, Università di Padova), geologi e geofisici come Marco Mucciarelli e Marcello Schiattarella dell’Università della Basilicata. E con questi ha potuto studiare le varie fasi di costruzione del tempio. Accertando che dopo i frequenti terremoti che dal 62 d.C. avevano scosso Pompei erano stati adottati criteri di ingegneria antisismica che sono gli stessi usati anche da noi, fino agli anni Settanta del XX secolo. In età Flavia il santuario venne ristrutturato completamente: per sicurezza la piattaforma di cemento fu interrata di cinque metri. I lavori proseguirono fino al 79 dopo Cristo. Quando il Vesuvio mise la parola fine alla storia e alle ambizioni della città.

Fonte: La Repubblica Napoli, 05/07/05
Autore: Stella Cervasio
Cronologia: Arch. Romana

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