Dopo quasi duemila anni è tornata alla luce una delle tombe più sontuose dell’antica città romana di Pompei. Gli strumenti degli archeologi, proprio in questi giorni, stanno ancora liberando dalle sabbie del tempo il sepolcro attribuito al mecenate dei giochi gladiatori più importante della colonia. Con ogni probabilità infatti, il monumento in marmo – raro tra quelli funerari di Pompei – è riconducibile a Gnaeus Allieus Nigidius Maius di cui, sino ad oggi, si conoscevano solo diciassette iscrizioni che ne celebrano il valore descrivendolo come “princeps coloniae”.
Il monumento funebre, nelle vicinanze di porta Stabia, si trova poco al di sotto di uno strato di lapilli accumulatisi nel corso della prima fase dell’eruzione del 79 d.C., e su cui si distinguono chiaramente le tracce dei carri dei cittadini in fuga.
La porzione frontale, presenta una lunga iscrizione di quattro metri di lunghezza su sette righe – la più lunga mai rinvenuta a Pompei – che ripercorre la storia della vita del personaggio sepolto. La descrizione, parte dal momento in cui divenne adulto indossando la toga virile. Proprio in quell’occasione – si legge – fu allestito per il popolo pompeiano un grande banchetto, con quattrocentocinquantasei triclini, e fu messo in scena uno spettacolo gladiatorio a cui presero parte quattrocentosedici lottatori. Ma non solo. L’epigrafe riporta anche i particolari della violenta rissa che avvenne nell’anno 59 d.C., tra pompeiani e nocerini, di cui abbiamo notizia tramite gli Annales di Tacito.
“Grazie a questa iscrizione – afferma il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna – “sappiamo che i duoviri (sommi magistrati di Pompei) vennero esiliati e che fu il nostro Nigidio a riportarli a casa. Questo, sempre da quello che leggiamo, fu possibile grazie ai buoni rapporti che intercorrevano tra lui e l’imperatore Nerone. Il personaggio descritto comunque, è certamente il più importante di questa ultima fase di vita di Pompei e lo si capisce dalla sontuosità del sepolcro che ci restituisce importanti descrizioni di eventi che altrimenti sarebbe stato impossibile conoscere”.
Continuando a leggere attentamente l’epigrafe, si viene a conoscenza di un altro grande spettacolo venatorio che questa volta fu messo in scena in occasione delle sue nozze. Si descrivono importanti esibizioni di caccia paragonabili solo a quelle di Roma che videro impiegati animali di ogni genere per il divertimento dei cittadini. Fu proprio per questo che – come si apprende nelle righe conclusive – il popolo lo acclamò “patronus” della colonia. Epiteto però, che Nigidio sostiene di non meritare.
“Ci troviamo di fronte ad una delle scoperte più importanti nella storia del sito di Pompei”, continua Osanna. “Da questa iscrizione capiamo anche le grandi opportunità che c’erano nel mondo romano. Il nostro personaggio infatti, era figlio di un liberto ma questo non gli impedì di concludere la sua vita al massimo della carriera magistratuale e di pagarsi una delle rare tombe in marmo della città”.
“Altro dato rilevante di questa scoperta, è certamente quello relativo ad una lapide attualmente conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e di cui sino ad oggi, non si conosceva la provenienza. Si tratta di una lastra marmorea su cui sono dipinte scene di lotte gladiatorie e spettacoli venatori e che presto – attraverso una riproduzione – tornerà ad arricchire questo importante monumento”.
“Siamo tutti molto soddisfatti di questa scoperta che è stata effettuata nel corso dei lavori di verifica dello stato delle fondazioni del soprastante edificio San Paolino che a breve ospiterà la biblioteca della soprintendenza. Il nostro progetto di ricerca va avanti senza sosta, grazie al lavoro di tutti i tecnici ed i ricercatori impegnati che con metodo ed abnegazione continuano a dare lustro al sito di Pompei”.
Autore: Oscar De Simone
Fonte: www.nationalgeographic.it, 27 lug 2017