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POMPEI (Na). Degrado a Pompei, l’Unesco attacca.

«Il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei e l’Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano e rinviare al prossimo Comitato mondiale 2014 ogni decisione».
Il presidente della commissione nazionale italiana Unesco, Giovanni Puglisi, annuncia l’ultimatum da parte dell’Unesco, l’organizzazione culturale delle Nazioni Unite, su Pompei, uno dei siti italiani considerati «patrimonio dell’umanità». L’Unesco ha finora riconosciuto 981 siti (759 beni culturali, 193 naturali e 29 misti) in 160 Paesi. L’Italia ne ha il maggior numero, 49. Ma evidentemente non li protegge bene, almeno per quanto riguarda Pompei.
Precisa Puglisi: «Non si tratta di una relazione che mette Pompei tra i siti in pericolo, tra l’altro è stata fatta in piena collaborazione con il governo italiano e con il ministero dei Beni Culturali, che pertanto sono perfettamente a conoscenza di questo atto». L’Unesco esaminerà la relazione istruttoria del gennaio scorso: «Carenze strutturali (infiltrazioni d’acqua, mancanza di canaline di drenaggio) e danni apportati dalla luce agli affreschi, costruzioni improprie non previste dal precedente piano, mancanza di personale».
L’allarme Unesco su Pompei arriva dopo un venerdì 28 giugno tragico per l’immagine del nostro turismo nel mondo: assemblee sindacali e chiusure al mattino a Pompei (cinquecento turisti in attesa), Ercolano, Oplontis, a Milano alla Pinacoteca di Brera e al Cenacolo Vinciano, a Firenze agli Uffizi e alla Galleria dell’Accademia, a Roma a Palazzo Barberini, Pantheon, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Museo Etrusco, Pantheon, (non il Colosseo dopo le chiusure dei giorni scorsi e le file di turisti furiosi). I sindacati, impegnati in una dura vertenza sugli organici, pagamento di arretrati e blocco del turnover, rispondono alle accuse: «Non vogliamo creare un disagio, ma migliorare il modo di lavorare e la fruizione del nostro patrimonio», sostengono Cgil, Cisl e Uil. Le agitazioni sono sospese dopo un incontro con il segretario generale Antonia Pasqua Recchia (i sindacati si sono detti «soddisfatti») e fino all’incontro col ministro Massimo Bray fissato senza eccessiva urgenza per l’8 luglio.
Il ministro Bray non parla, ha deciso di non emettere nemmeno una nota. Commenta invece il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni: «È obbligatorio per noi intervenire dopo il giudizio dell’Unesco su Pompei. Il problema non sono i soldi ma varare il piano complessivo di gestione e valorizzazione, come aveva individuato l’ex ministro Fabrizio Barca. In quanto agli scioperi, sono certa che l’8 luglio il ministro Bray sbloccherà la situazione. Dobbiamo convergere tutti sul rilancio del nostro patrimonio. E questi scioperi sono devastanti per l’immagine dell’Italia e non contribuiscono al processo di risanamento dei nostri Beni». Ce la farete? «Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha promesso che si dimetterà se ci saranno altri tagli alla cultura. Ma sappiamo tutti che non basta non tagliare, occorre reperire altre risorse. Basta entrare a Pompei per vedere una biglietteria e un’accoglienza ai turisti assolutamente inaccettabili».
L’archeologo Andrea Carandini attacca: «Il piano di manutenzione programmata di Pompei, l’unico strumento in grado di salvare gli scavi, è stato approvato nel marzo 2012 grazie anche agli sforzi dell’allora segretario generale Roberto Cecchi. Fu l’ultimo atto della mia presidenza del Consiglio superiore dei beni culturali. È stato reso noto poco e male: se l’Unesco lo conoscesse, sono certo che avrebbe altri strumenti per esprimere il suo parere. Da quanto so, dovrebbe essere applicato dall’inizio dell’anno prossimo. Lungaggini burocratiche, difficoltà, insomma i tempi ministeriali. Aggiungiamoci anche la carenza del personale e molti atteggiamenti corporativi dei dipendenti che non aiutano…». Se lei dovesse indicare, Carandini, tre progetti mancati per il nostro patrimonio? «Sicuramente la Grande Brera, appunto Pompei e l’intera area archeologica romana. Non vedo granché di nuovo, nemmeno lì…».

Autore: Paolo Conti

Fonte: Corriere della Sera.it, 30 giugno 2013

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