Neanche la forza del re degli dèi, il grande Giove, è riuscita ad evitare che il suo tempio cedesse all’incuria e alle intemperie. Così, in un freddo e ventoso giorno di febbraio, l’intonaco che affresca uno dei templi più suggestivi dell’antica città romana ha ceduto. Ad accorgersi che un metro quadrato, circa, dell’antico rivestimento parietale del Tempio di Giove, il monumento che sovrasta il Foro, si era staccato finendo a terra e, forse, era stato anche calpestato dai pochi turisti che in questo periodo visitano gli scavi, sono stati gli addetti alla vigilanza nel corso dei controlli dell’area archeologica.
Erano le 13. Nel controllo precedente, risalente a poche ore prima, l’intonaco era ancora al suo posto. Sul posto sono giunti i carabinieri della stazione pompeiana, coordinati dal maggiore Luca Toti e dal maresciallo capo Tommaso Canino, che hanno subito sequestrato l’area interessata e informato la procura di Torre Annunziata che ha aperto un nuovo fascicolo d’inchiesta.
Al direttore degli scavi, l’archeologo Antonio Varone, l’infausto compito di periziare l’entità del danno. Dalla soprintendenza, in seguito alle perizie, minimizzano sostenendo che il danno “non è di rilievo ed è circoscritto in una minima area».
«In data odierna – fa sapere attraverso una nota la soprintendenza di Napoli e Pompei – si è verificato il distacco di un pezzo di intonaco grezzo di circa un metro dal paramento esterno della parete orientale della cella del Tempio di Giove di Pompei. I restauratori della soprintendenza sono prontamente intervenuti e i frammenti raccolti saranno presto assemblati e ricollocati in sito».
Il pezzo di intonaco, ha fatto sapere ancora la soprintendenza, era stato restaurato in epoca borbonica e ricollocato sul sito. La sua caduta è da ricondurre agli effetti del maltempo e del vento in particolare. L’episodio non avrebbe coinvolto la struttura del Tempio. Le rassicurazioni della soprintendenza non bastano a tranquillizzare gli animi di chi teme per le sorti della città archeologica.
Il pezzo di intonaco, ha fatto sapere ancora la soprintendenza, era stato restaurato in epoca borbonica e ricollocato sul sito. La sua caduta è da ricondurre agli effetti del maltempo e del vento in particolare. L’episodio non avrebbe coinvolto la struttura del Tempio. Le rassicurazioni della soprintendenza non bastano a tranquillizzare gli animi di chi teme per le sorti della città archeologica.
«Mi auguro che i lavori finanziati dall’Ue siano appaltati quanto prima», dice il sindaco Claudio D’Alessio. Le polemiche sui ritardi e soprattutto sull’impiego dei 13 archeologi 9 architetti assunti proprio per evitare che scempi del genere si ripetessero, non tardano a venire.
«La situazione rimane critica», evidenziano Antonio Pepe della Cisl, Maria Rosa Rosa della Uil e Vincenzo Sabini dell’Unsa. «Abbiamo forti dubbi circa il monitoraggio che si dice sia stato effettuato e la relativa mappa degli interventi da fare. Il monitoraggio o non è stato fatto, oppure è stato perfettamente inutile se poi non si interviene. Perché per la messa in sicurezza non si inizia utilizzando i soldi delle casse della soprintendenza?».
Dello stesso parere è la senatrice Diana De Feo, membro della Commissione cultura: «In questo momento – dice – sarebbe grave non utilizzare i fondi già disponibili mettendo a rischio la prossima stagione turistica per uno dei siti archeologici più importanti al mondo. Ritardi? No, tempi della burocrazia. Intervista Recchia, segretario generale Mibac «Entro aprile la gara per i lavori di consolidamento idrogeologico».
«Danni che a Pompei certamente possono verificarsi e si verificano, ma che non devono creare preoccupazione. Ancora una volta, per fortuna, il crollo non ha interessato parti decorate, i frammenti sono stati recuperati e verranno ricollocati». Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del Ministero dei Beni culturali ridimensiona l’allarme per l’ultimo crollo. Ogni pietra che cade a Pompei fa giustamente rumore.
«Danni che a Pompei certamente possono verificarsi e si verificano, ma che non devono creare preoccupazione. Ancora una volta, per fortuna, il crollo non ha interessato parti decorate, i frammenti sono stati recuperati e verranno ricollocati». Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del Ministero dei Beni culturali ridimensiona l’allarme per l’ultimo crollo. Ogni pietra che cade a Pompei fa giustamente rumore.
«Pompei è sempre al centro dell’attenzione. Ma bisogna cominciare a considerare che adesso abbiamo la prospettiva di mettere in sicurezza tutto il sito. Da un evento sciagurato come il crollo della Schola Armaturarum sta nascendo una bella avventura che ci permetterà di mettere in sicurezza l’area secondo il disegno strategico del nostro governo».
A che punto è ll Grande Progetto Pompei? «Si stanno ultimando i bandi di gara. Il primo, che sarà pronto tra la fine marzo e gli inizi di aprile, riguarda proprio la messa in sicurezza idrogeologica dell’area interessata dal crollo della Schola Armaturarum e consiste nel consolidamento del terrapieno a ridosso di via dell’Abbondanza. A luglio, invece, la seconda ondata di bandi perla messa in sicurezza delle regiones». Mai soldi da Bruxelles sono arrivati?
«Sono al ministero dell’Economia, quindi già nella disponibilità del governo italiano. L’attesa ora riguarda l’espletamento di tutte le procedure burocratiche».
A Pompei, per il recupero dell’area esterna al sito, arriveranno anche i soldi dei privati, italiani e stranieri.
«Il Mibac si occupa soltanto del progetto all’interno degli Scavi ma di pari passo procede il piano di riqualificazione extramoenia che deve essere sviluppato con il coinvolgimento dei privati e degli enti locali, seguendo comunque il grande disegno strategico del nostro governo. E chiaro che il Mibac è uno dei convitati di questo tavolo, e che esprima anche dei fabbisogni come, ad esempio, migliorare la viabilità nell’area del cantiere, o lo smaltimento delle acque all’esterno del sito. Anche perché la realizzazione del Grande Progetto porterà a Pompei tecnici, studiosi e giovani che avranno bisogno di essere accolti. Ripeto, quanto è accaduto dopo il crollo della Schola deve oggi essere considerato un’opportunità non soltanto per gli Scavi, ma anche per l’area e per l’intero territorio. Una sorta di fertilizzante. Quanto alle sponsorizzazioni straniere, la convenzione tra Mibac e Unesco, il primo atto che ho firmato, ci aiuterà a realizzare questo piano nel migliore dei modi».
Fonte: Il Mattino, 23/02/2012