Lavinium, una delle più importanti città del Latium Vetus, era situata al diciottesimo miglio dell’antica via Laurentina, a circa 28 km da Roma e a 4 km dal mare. Nel luogo in cui è il borgo di Pratica di Mare viene concordemente collocata l’acropoli di questa antichissima città, la cui occupazione risale all’Età del Bronzo e alla prima Età del Ferro. Rinvenimenti di tombe e capanne di questo periodo mettono in rilievo i contatti con i Colli Albani e la stessa Roma.
Alla metà del VII secolo, l’abitato si estese nel pianoro a sud, difeso da una prima cinta muraria, sostituita, nel secolo successivo, da una struttura difensiva di tipo continuo. Proprio nel VI secolo la città raggiunse il massimo sviluppo, sia urbanistico sia economico, occupando l’intero altopiano. In questo periodo i contatti commerciali, soprattutto con l’ambiente greco coloniale, si evidenziano attraverso la forma dei monumenti, l’introduzione di culti provenienti dalla Magna Grecia (come quello dei Dioscuri) e la grande quantità di oggetti di importazione (soprattutto ceramica greca). Tali contatti furono resi possibili anche per la presenza del porto lagunare che si trovava nei pressi dell’attuale Torvaianica e che costituiva un ottimo punto d’attracco per una navigazione di cabotaggio.
Sono documentati grandi santuari extraurbani e luoghi di culto all’interno della città. La comunicazione era garantita dalla via Laurentina, proveniente da Roma, dalla via per Ardea che usciva dalla porta sud-orientale e dalla via che dai Colli Albani si dirigeva verso il porto. L’importanza di questo tracciato viene dimostrata dalla presenza, lungo il percorso, di importanti monumenti quali il santuario “dei tredici altari”, la tomba a tumulo, poi Heroon, di Enea e, proprio sulla costa, il tempio di Sol Indiges.
Il progressivo insabbiamento del porto contribuì alla lenta decadenza dell’antico centro. Le ricerche hanno individuato che, in età imperiale, la città era dotata di un’area forense con un tempio e l’Augusteo, di grandi impianti termali e di edifici pubblici con statue onorarie dedicate a importanti cittadini lavinati. Il territorio fu anche occupato da impianti residenziali estensivi che mantennero in vita l’antico centro di Lavinium. La fine della città si può stabilire intorno al V secolo forse in relazione ad uno dei terremoti avvenuti presso la foce del Tevere, ma Simmaco, ancora nel IV secolo, la definiva “civitas religiosa”.
Nel corso del 2005 è stato inaugurato il Museo Archeologico “Lavinium” che ospita alcuni prestigiosi reperti provenienti dagli scavi del santuario di Minerva Tritonia e dalla necropoli protostorica.
Si tratta di una struttura altamente integrata, concepita come soluzione innovativa, con un progetto di allestimento che rappresenta uno strumento di divulgazione destinato a “spettatori non particolarmente provveduti” e al contempo fornisce informazioni “stratificate” che possono essere lette a diversi livelli.
La mostra si articola in cinque sale.
La prima è denominata Tritonia Virgo, dalla straordinaria statua di Minerva Tritonia posta all’ingresso della palazzina. Si è parlato di questa come della probabile statua di culto del Santuario di Minerva localizzato su un pianoro al limite orientale della città di Lavinio.
Sempre al grande Santuario sono dedicate le due sale al piano superiore, definite Mundus muliebris, che rappresentano l’area dei dettagli. Le acconciature delle giovani donne, novelle spose, gli abiti, i gioielli vengono esaminati direttamente attraverso alcuni degli esempi più interessanti dell’antica statuaria in terracotta proveniente dagli scavi.
Segue quindi Hic Domus Aeneae, la sala di Enea, che dà nome alla mostra, tutta blu come il mare Egeo. Lo spazio è stato sagomato a forma di nave calata nel profondo del mare; c’è anche uno spaccato della nave che permette la visione dell’ossatura interna di una fiancata. Nella sala è visibile il video “Il viaggio di Enea”, dalla fuga da Troia all’arrivo sulle coste laziali. Una ricostruzione in scala 1:20 di un’antica nave dell’età del Bronzo, l’età del viaggio di Enea, è adagiata in una nicchia tra cielo e mare. Segue quindi l’approdo: il colore dell’allestimento cambia, una diffusa luminosità indica la fine del pericolo. In questo spazio la città fondata da Enea acquista una precisa entità con le mura, la porta sud-orientale, i grandi santuari, i quartieri abitativi, le sue celebri fornaci e, prima ancora, i villaggi di capanne. Si segue lo sviluppo, sia pure con la limitazione dovuta a scavi non estensivi, di un centro la cui occupazione è documentata fin dall’età del Bronzo e che, dopo la caduta di Alba, divenne la metropoli dei Latini; il che spiega anche il motivo della nascita qui della saga troiana. La città religiosa, famosa per i suoi culti, non smette di vivere contraendosi nel III secolo a.C., ma prosegue la sua esistenza fino al tardo Impero con i grandi interventi di Settimio Severo e di Costantino.
Nella sala Civitas Religiosa si chiude questo cammino: ancora un rito di passaggio espresso dalle sepolture della necropoli di età protostorica; si passa dal mondo dei vivi a quello dei morti e si forniscono i defunti di un corredo. Sul lato opposto, a rappresentare il santuario dei tredici altari del VI secolo a.C., è stato predisposto il teatro ottico: un sistema di realtà virtuale che consente di udire direttamente attraverso le parole di un antico sacerdote la descrizione del celebre santuario federale e di comprendere il senso più recondito di questo luogo, ponte fra l’uomo e la divinità. Al sacerdote virtuale, che ci parla presso il tredicesimo altare, sono abbinate immagini dell’area archeologica con le Tredici Are e l’Heroon di Enea. Questa tomba a tumulo, probabilmente di un aristocratico, primo re fondatore di Lavinio, sepolto agli inizi del VII secolo, fu in seguito dedicata al dio locale Pater Indiges Numicus e quindi ad Enea, ed è concordemente identificata con l’Heroon di Enea. Le parole dello storico Dionigi di Alicarnasso ci illuminano su questo monumento: «Non essendo visibile in alcun luogo il corpo di Enea, alcuni ne dedussero che fosse stato trasportato tra gli dei, altri che fosse perito nel fiume, presso il quale avvenne la battaglia. E i Latini gli costruiscono un heroon fregiato di questa iscrizione: al dio padre indigete che guida la corrente del fiume Numico… c’è un tumulo non grande, ed intorno ad esso alberi degni di vista».
Fonte: NuovaAcropoli.it 30/05/2006
Autore: Arch. Romana
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