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PIOMBINO (LI): Due navi romane sui fondali attorno all’isola di Capraia.

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Sul fondo del mare, a oltre 110 metri di profondità. L’esploratore Andrea Bada, che vive per scoprire storie nascoste negli abissi, fa riaffiorare due navi di epoca romana. Il colpo d’occhio è suggestivo. Le navi non ci sono più, disciolte dal tempo. La loro forma però è ancora ben visibile. È il carico di centinaia di anfore a disegnare i contorni degli scafi. La prima nave solcava il Mediterraneo circa tremila anni fa. È un’imbarcazione da carico greco romana dalla forma rotonda e accorciata. L’altra, che sembra più un guscio, è una nave romana di circa mille anni meno antica dell’altra. I loro carichi di centinaia di anfore, ancora intatte, raccontano una storia di intensi traffici commerciali, olio e spezie che dovevano essere destinate ai mercati del nord.
L’esploratore Bada si muove seguendo le indicazioni della storia e dei pescatori locali, con attrezzature tecniche di prima qualità, sia per immergersi che per girare filmati e fotografare i segreti degli abissi. Questa volta ha ascoltato le voci di Paolo Del Lama, l’ex guardiano dell’isola di Montecristo, e di suo figlio Federico che avevano da anni il sospetto che ci fosse qualcosa in quella zona.
«Insieme alla mia squadra di sommozzatori e video operatori subacquei, Andrea Mescalchin, Emanuele Loglisci e Alessandro Geo Ruga, dopo molte immersioni siamo riusciti a centrare un piccolo rialzo disperso negli abissi – dice Bada –. Sono state molte le delusioni e le immersioni nei fondali dove sembrava impossibile trovare qualcosa. Ma la fortuna aiuta gli audaci ed il risultato è una scoperta sensazionale. Un pezzo di patrimonio archeologico del nostro Paese, che va preservato e tutelato, non toccando nulla di tutto quello che i nostri occhi e le telecamere hanno catturato».
Un ritrovamento unico, per l’integrità del carico di anfore trasportate e la datazione di una delle due navi, che risale a più di 3mila anni fa. Il riconoscimento delle imbarcazioni e delle anfore, per periodo e datazione è stato curato dall’archeologo Alessandro Franco. I due relitti si trovano a nord e a sud dell’isola di Capraia, giacciono a una profondità che va dai -110 ai quasi -120 metri.
«Data la incredibile integrità dei due relitti è possibile osservare e capire dalla posizione delle anfore – dice l’esploratore Bada –, la forma che avevano i due scafi. Quella greco romana, più recente dell’altra, è risalente al secondo secolo a. C., con anfore di tipo Dressel 1, lascia vedere una forma più allungata e grossa con le anfore che presentano meno concrezioni. La seconda nave è risalente al terzo secolo a. C. ed è notevolmente più piccola e tonda, le anfore del tipo 4 delle van der Merch sono quasi completamente ricoperte da concrezioni. La cosa che mi ha sconvolto di più quando le ho viste apparire davanti ai miei occhi è l’incredibile sagoma della nave, segnata sul fondo del mare dalla posizione delle anfore, rimaste lì ferme e mai sfiorate per oltre 3mila anni».
Il supporto tecnico, data la lunga permanenza in acqua, con immersioni che hanno richiesto oltre cinque ore di decompressione prima di poter riemergere, è stato assicurato dagli uomini di superficie del team di Bada, Tristano Ciampi e Lorenzo Filippi, che hanno operato insieme alla Capitaneria di porto di Piombino e l’Istituto idrografico della Marina Militare di Genova, diretto da Massimiliano Nannini e il comandante dell’ufficio Geo spaziale Angelo Castigliego, che si occupano del censimento dei relitti e della sicurezza della navigazione.
«Il nostro mare è un tesoro, non solo dal punto di vista ambientale – dice Alberto Poletti, comandante Capitaneria di porto di Piombino –. È infatti in grado di raccontare storie di civiltà passate di cui conserva gelosamente i resti e le tracce, come nel caso di questo ritrovamento con il suo prezioso carico di storia».
A – 130 metri sul fondo del mare l’esploratore Andrea Bada ha fatto riaffiorare una storia di oltre 2mila anni fa nel 2020. La traccia anche in quel caso è una distesa di anfore, una stiva completa alta 2 metri e mezzo e lunga più di 20 metri. È il carico di una nave oneraria, tra le imbarcazioni più grandi del periodo imperiale romano poteva trasportare fino a diecimila anfore. Il museo sommerso è al largo della costa di Baratti. La scoperta risale al 2020 e si deve anche alla memoria di chi molti anni prima, andando a pescare in quella zona, si era trovato nella rete il coccio di un’antica anfora. Sono serviti giorni. Poi l’immersione da record, che solo pochi al mondo riescono a fare, portando al limite il proprio fisico, con qualche bombola d’aria e miscele di gas, ma nulla di più. L’alone di mistero sui protagonisti e la localizzazione del relitto è a protezione di questo museo sott’acqua, affinché non venga individuato da predatori e si conservi. La scoperta è stata segnalata alla Soprintendenza archeologia di Pisa e Livorno.

Autore: Manolo Morandini

Fonte: iltirreno.it 2 apr 2024

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