Le magnifiche raffigurazioni sono emerse dalle pareti di una grotta nel canyon di Siq al-Barid, non distante da Beida, uno degli insediamenti preistorici più antichi al mondo, a 5 Km da Petra. È facile immaginare la sorpresa che devono aver provato gli studiosi nel rinvenire, sotto una parete coperta dai fumi secolari dei fuochi accesi dai beduini durante i bivacchi, diversi tipi di pittura murale piuttosto danneggiati dal tempo.
A seguito di un attento lavoro di restauro, le raffigurazioni sono venute alla luce piano a piano. Tre anni di lavoro hanno rivelato affreschi complessi, con figure dai colori accesi: questi dipinti murali rappresentano una delle poche testimonianze a noi pervenute dell’arte murale di stile ellenico di 2mila anni fa.
“L’opera di restauro è stata esasperante – ha spiegato il restauratore Stephen Rickerby indicando la volta affrescata sopra la sua testa -. All’inizio pensavamo non ci fosse modo di ripulire gli affreschi e farli tornare alla luce”.
A seguito di un attento lavoro di restauro, le raffigurazioni sono venute alla luce piano a piano. Tre anni di lavoro hanno rivelato affreschi complessi, con figure dai colori accesi: questi dipinti murali rappresentano una delle poche testimonianze a noi pervenute dell’arte murale di stile ellenico di 2mila anni fa.
“L’opera di restauro è stata esasperante – ha spiegato il restauratore Stephen Rickerby indicando la volta affrescata sopra la sua testa -. All’inizio pensavamo non ci fosse modo di ripulire gli affreschi e farli tornare alla luce”.
Queste magnifiche raffigurazioni sono state rinvenute in una grotta nel canyon di Siq al-Barid, non distante da Beida, uno degli insediamenti preistorici più antichi al mondo e conosciuta come ‘la piccola Petra’, distante dalla ‘città rosa’ appena 5 Km.
La città di Petra deve la propria fama alle maestose rovine di rocce scolpite ad opera dei Nabatei, una popolazione araba che si sviluppò diversi secoli prima di Cristo e sopravvisse anche quando l’Impero Romano ne fece una propria colonia. La civiltà Nabatea fiorì particolarmente nel II secolo dopo Cristo, momento in cui la popolazione iniziò a coprire lunghi tragitti con le carovane, trasportando incensi e spezie dall’Arabia a tutto il Mediterraneo.
Assorbendo le influenze artistiche dei popoli ellenici, i Nabatei le importarono nelle proprie città e gli affreschi rinvenuti a Petra sono tra le poche testimonianze (molto dettagliate) giunte sino a noi.
“Molte raffigurazioni sopravvissute ai secoli sono semplici. Nel caso di Petra si tratta invece di arte figurativa, non semplicemente decorativa – spiega Rickerby, che ha operato il restauro insieme alla collega Lisa Shekede, del Courtland Institute of Art di Londra -. Le scene più visibili, che coprono interamente la volta e le pareti della grotta, sono costituite da piccoli putti alati intenti a piluccare frutta o tenere lontani alcuni uccelli che tentano di beccare dell’uva”.
Le rovine monumentali di Petra in origine erano dipinte, ma secoli di intemperie ed esposizione agli agenti atmosferici hanno corroso i pigmenti rivelando il colore rosa della roccia incisa, che ha reso comunque l’antica città una delle più affascinanti al mondo.
La città di Petra deve la propria fama alle maestose rovine di rocce scolpite ad opera dei Nabatei, una popolazione araba che si sviluppò diversi secoli prima di Cristo e sopravvisse anche quando l’Impero Romano ne fece una propria colonia. La civiltà Nabatea fiorì particolarmente nel II secolo dopo Cristo, momento in cui la popolazione iniziò a coprire lunghi tragitti con le carovane, trasportando incensi e spezie dall’Arabia a tutto il Mediterraneo.
Assorbendo le influenze artistiche dei popoli ellenici, i Nabatei le importarono nelle proprie città e gli affreschi rinvenuti a Petra sono tra le poche testimonianze (molto dettagliate) giunte sino a noi.
“Molte raffigurazioni sopravvissute ai secoli sono semplici. Nel caso di Petra si tratta invece di arte figurativa, non semplicemente decorativa – spiega Rickerby, che ha operato il restauro insieme alla collega Lisa Shekede, del Courtland Institute of Art di Londra -. Le scene più visibili, che coprono interamente la volta e le pareti della grotta, sono costituite da piccoli putti alati intenti a piluccare frutta o tenere lontani alcuni uccelli che tentano di beccare dell’uva”.
Le rovine monumentali di Petra in origine erano dipinte, ma secoli di intemperie ed esposizione agli agenti atmosferici hanno corroso i pigmenti rivelando il colore rosa della roccia incisa, che ha reso comunque l’antica città una delle più affascinanti al mondo.
“Tutti conoscono Petra per i suoi monumenti rocciosi – afferma Stephen Rickerby -, ma proviamo ad immaginarla completamente dipinta… questa nuova scoperta è un valido indizio per capire come dovesse presentarsi realmente la città agli occhi dei contemporanei”.
Per i beduini di Beida, questi affreschi offrono la speranza che i turisti siano attratti non soltanto dalla città di Petra ma anche dai dintorni meno battuti dai visitatori stranieri, come il sito nel quale sono state rinvenute le pitture murali. Molti altri luoghi interessanti da un punto di vista archeologico e artistico giacciono coperti o erosi dalla sabbia o attendono sotto le rovine di antiche costruzioni.
“Credo che questa scoperta sarà un’ottima attrattiva turistica, conclude il restauratore – anzi, è già così”.
Le grotte nelle quali sono stati rinvenuti gli affreschi sono piene di tombe e templi di roccia lavorata in maniera molto elaborata, scolpiti nelle gole di arenaria tutto attorno l’arida valle di Petra.
“Quello che abbiamo fatto è rinvenire un reperto artistico di straordinaria bellezza e valore storico – dice Rickerby – che rivela parecchio della cultura dei Nabatei, del loro gusto eccezionale e dell’uso che facevano di pigmenti anche costosi, come l’oro. Siamo di fronte ad un momento artistico molto alto di questo popolo”.
La complessa struttura naturalistica degli affreschi giordani è costituita principalmente da fiori, uccelli ed insetti.
Per i beduini di Beida, questi affreschi offrono la speranza che i turisti siano attratti non soltanto dalla città di Petra ma anche dai dintorni meno battuti dai visitatori stranieri, come il sito nel quale sono state rinvenute le pitture murali. Molti altri luoghi interessanti da un punto di vista archeologico e artistico giacciono coperti o erosi dalla sabbia o attendono sotto le rovine di antiche costruzioni.
“Credo che questa scoperta sarà un’ottima attrattiva turistica, conclude il restauratore – anzi, è già così”.
Le grotte nelle quali sono stati rinvenuti gli affreschi sono piene di tombe e templi di roccia lavorata in maniera molto elaborata, scolpiti nelle gole di arenaria tutto attorno l’arida valle di Petra.
“Quello che abbiamo fatto è rinvenire un reperto artistico di straordinaria bellezza e valore storico – dice Rickerby – che rivela parecchio della cultura dei Nabatei, del loro gusto eccezionale e dell’uso che facevano di pigmenti anche costosi, come l’oro. Siamo di fronte ad un momento artistico molto alto di questo popolo”.
La complessa struttura naturalistica degli affreschi giordani è costituita principalmente da fiori, uccelli ed insetti.
La scena dipinta presenta tre diversi tipi di vite, edera e convolvolo, tutti vegetali associati a Dioniso, dio greco del vino.
“Nello stile pittorico delle rappresentazioni di Petra l’influenza ellenica è forte – continua il restauratore – lo si evince dall’uso naturalistico delle viti e degli uccelli”.
Alcuni studiosi sperano che gli affreschi rinvenuti possano aiutare a colmare le lacune esistenti proprie del periodo di transizione dalla pittura greca a quella romana – afferma Rickerby, e aggiunge – I dipinti mostrano molte influenze esterne del mondo antico coevo e sono persino migliori di quelle romane rinvenute, per esempio, a Pompei. Questo fatto ha una notevole importanza storico artistica, perché riflette una sintesi delle influenze culturali greche e romane”.
“Nello stile pittorico delle rappresentazioni di Petra l’influenza ellenica è forte – continua il restauratore – lo si evince dall’uso naturalistico delle viti e degli uccelli”.
Alcuni studiosi sperano che gli affreschi rinvenuti possano aiutare a colmare le lacune esistenti proprie del periodo di transizione dalla pittura greca a quella romana – afferma Rickerby, e aggiunge – I dipinti mostrano molte influenze esterne del mondo antico coevo e sono persino migliori di quelle romane rinvenute, per esempio, a Pompei. Questo fatto ha una notevole importanza storico artistica, perché riflette una sintesi delle influenze culturali greche e romane”.
Fonte: http://www.nannimagazine.it, 15/12/2010