Mancano poco più di dodici mesi a Pesaro Capitale Italiana della Cultura 2024 e la città d’arte marchigiana scalda i motori in vista dell’appuntamento. Dalla prossima settimana, il circuito museale cittadino riconquisterà, a pieno titolo e con una rinnovata veste, il Museo Archeologico Oliveriano.
Con sede al piano terra di Palazzo Almerici – preziosa testimonianza architettonica risalente al XVII secolo, situata nel centro storico –, negli ultimi anni il museo è stato oggetto dell’intervento di recupero e rinnovamento progettato da STARTT, studio d’architettura di base a Roma con all’attivo una significativa serie di opere sia in ambito allestivo (anche a carattere temporaneo), sia sul fronte del recupero architettonico e nello spazio pubblico. A qualche mese di distanza dalla conclusione dei lavori al Museo delle Arti di Carrara, per STARTT si è dunque chiuso anche il cantiere nella città natale di Gioachino Rossini, dove dal 13 dicembre sarà possibile addentrarsi in mille anni di storia locale dal periodo piceno alla tarda età imperiale, seguendo l’impostazione scientifica concepita dall’archeologa del MiC Chiara Delpino.
Quattro le nuove sezioni tematiche, ciascuna al centro di un focus che privilegia il criterio cronologico. Tutte vengono presentate con una “visione d’insieme” nella sala in cui è esposta la cosiddetta “stele della battaglia navale”, rinvenuta nel 1866 tra Pesaro e Novilara. L’itinerario di visita si concentra quindi sulla necropoli picena di Novilara, fra le più rilevanti dell’Età del Ferro: ai reperti esito delle ricerche dell’archeologo Edoardo Brizio, datate fra il 1892 e il 1893, si integrano quelli provenienti dalle campagne promosse circa dieci anni fa dalla Soprintendenza Archeologia delle Marche, ovvero corredi funebri selezionati da oltre 450 tombe maschili e femminili dei secoli VIII e VII a.C. La narrazione storica sul territorio prosegue con la sezione riservata all’affascinante scoperta del lucus pisaurensis, il sacro bosco locale destinato al culto, legato al processo di romanizzazione. L’identificazione di tale sito si deve al pesarese Annibale degli Abbati Oliveri, archeologico ed erudito che con il suo lascito pose di fatto le basi per la nascita del museo. Vissuto fra il 1708 e il 1789, nel testamento lasciò alla città il proprio patrimonio bibliotecario, documentario e archeologico. Parte integrante di questa collezione sono i reperti che gli vennero donati dall’amico e intellettuale Giovan Battista Passeri.
La Pesaro di età romana è poi al centro della sala successiva, in cui l’esposizione di epigrafi e di epigrafi funerarie consente di fare luce sulle donne e sugli uomini che hanno vissuto e lavorato in quest’area, operando ad esempio nel settore navale. Gli interessi e le passioni di Oliveri e Passeri si traducono nella conclusiva digressione sul collezionismo settecentesco, del quale tramite bronzetti di divinità, lucerne, vasi dipinti e ulteriori testimonianze appartenute a entrambi gli intellettuali, si evidenzia il peculiare slancio eclettico.
Per riannodare i fili della memoria pesarese, provando a offrire al visitatore un’esperienza in linea con le esigenze e i linguaggi contemporanei, gli architetti di STARTT hanno cercato di “creare uno spazio integrato che parli delle collezioni e allo stesso tempo rimandi al vasto territorio di Pesaro. Si è scelto così di lavorare in modo radicale: l’idea guida è stata quella di pensare la ‘scatola’ (lo spazio architettonico) parte del disegno del museo, in modo da creare un ‘ambiente integrato’ e avvolgente dove architettura storica, reperto e supporto interagiscono tra di loro”. Per lo studio fondato da Simone Capra, Claudio Castaldo e Dario Scaravelli contribuisce a questo risultato anche il riferimento a un talento indiscusso dell’arte contemporanea: l’allestimento è stato infatti progettato come un omaggio a Jannis Kounellis, del quale si intende soprattutto evocare la lezione sull’uso del frammento. Di certo, l’operazione complessiva – frutto di in investimento pubblico di oltre 1.200.000 euro, a cura del Comune e del MiC – restituisce alla cittadinanza (e, in un’ottica più ampia, al visitatore curioso e attento alle radici storiche locali) un museo con le “carte in regola” per intraprendere un percorso inedito della propria (non sempre facile) vicenda.
Inaugurato nel 1793, nella prima sede di Palazzo Olivieri “condivisa” con la Biblioteca Oliveriani, il museo acquisisce una forma compiuta solo nel 1885, quando con il trasferimento a Palazzo Almerici si pose fine al precedente frazionamento delle raccolte. Al riunito patrimonio di Oliveri, nel tempo vanno a sommarsi materiali archeologici di proprietà statale e reperti di provenienza privata. I grandi e tragici eventi del Novecento si riflettono inesorabilmente nell’esistenza del museo: dal terremoto del 1916, con il danneggiamento delle sale espositive, ai trasferimenti imposti dalla Seconda guerra mondiale. Dopo una lunga chiusura, l’Oliveriano riapre al pubblico nel 1967, senza tuttavia un vero criterio allestitivo scientifico né un apparato didattico.
Gestito dalla Fondazione Ente Olivieri, il museo tornerà finalmente ad accogliere i visitatori da martedì 13 dicembre 2022. Sono previste visite gratuite (dalle 17.30 alle 21), da prenotare al telefono (0721 33344) o via mail (info@oliveriana.pu.it). Un’apertura straordinaria (dalle 15.30 alle 18.30) è quindi in programma per mercoledì 14 dicembre. Fino al 31 dicembre (con unica chiusura il 25 dicembre), il nuovo Oliveriano sarà visitabile da giovedì a domenica e festivi (dalle 15.30 alle 18.30); per i visitatori fino a 18 anni l’ingresso è gratuito. Proprio per avvicinare il pubblico più giovane, a gennaio prenderanno il via le visite destinate alle scuole.
Autore: Valentina Silvestrini
Fonte: www.artribune.com, 11 dic 2022