Un reperto archeologico affiora dal buio dopo decenni. E’ una lastra di bronzo di trenta centimetri per quindici e uno spessore di sei millimetri, la superficie incisa da un testo latino. Una ventina di righe lacunose.
La tecnica di scrittura fa pensare all’incisore che scrive sulla tavola di cera, poi ricoperta di argilla. Una specie di sandwich, utile a creare una matrice.
Successivamente, da alcuni fori sarà colato il bronzo fuso, che sciogliendo la cera, ne avrebbe occupato gli spazi. Risultato, una perfetta copia bronzea.
Niente movimenti di terra, stavolta, o scavi programmati. Siamo nei magazzini del Museo archeologico nazionale dell’Umbria dove Mafalda Cipollone, funzionaria addetta alla ricognizione dei depositi, è impegnata in un paziente lavoro di riscontro, finalizzato alla realizzazione di un database. Un impegno meticoloso non di rado ripagato dalle sorprese, come quest’ultima. Una dimostrazione ulteriore di quanto sia proficuo scavare nei musei, ma anche negli archivi o biblioteche.
Scoperta eccezionale e di grande valore scientifico. Quello scampolo di bronzo, quasi un lembo di pagina strappata, solcata di parole, mostra un testo incompleto e ben allineato che corre per ventidue righe.
Un documento epigrafico, quindi, ma privo di ogni indicazione e conservato in un armadio, insieme ad altri materiali rinvenuti in Umbria tra il 1953 e il 1974. Il mistero attizza la curiosità. La pista delle parole produce il senso. Intuizione e studio fanno il resto.
In breve tempo il giallo si dipana, approdando ad esiti elettrizzanti. La scoperta che si profila è talmente importante da essere pubblicata all’istante in una prestigiosa rivista scientifica di settore. Di norma occorrono mesi prima di veder pubblicato un articolo.
L’epigrafe del Museo di Perugia riproduce infatti parzialmente alcuni passi del “Senatus consultum de honoribus Germanici” della fine di dicembre del 19 d.C., due mesi dopo la morte del valoroso ed amato generale.
Una sorta di gazzetta ufficiale diffusa dal Senato di Roma, recante le disposizioni per gli onori funebri da tributare a Germanico, morto giovane ad Antiochia in circostanze poco chiare.
Tali documenti erano esposti integralmente a Roma e in forma ridotta anche nei municipi e nelle province dell’Impero. Si ipotizza, in particolare, che il tributo tendesse a sopire i sospetti circa un coinvolgimento dell’imperatore Tiberio sulla morte di Germanico.
Voci sempre più consistenti ne attribuivano infatti la causa ad un avvelenamento.
In realtà fu lo stesso Germanico, in punto di morte, ad accreditare la tesi.
Attualmente esiste solo un altro frammento epigrafico nel mondo, quello della “Tabula Siarensis”, scoperta nel 1982 nella provincia di Siviglia, proveniente probabilmente dal sito dell’antica “Siarum”, colonia romana. Quello di Perugia è dunque il secondo.
Ma la rilevanza dell’esemplare perugino, oltre all’evidente rarità, consiste in alcune righe, del tutto inedite, tali da integrare la tabula spagnola, fornendo nuove ipotesi di lettura.
La storia continua, anche perché è di fondamentale importanza stabilire la provenienza dell’epigrafe. Un dato che potrebbe aprire inedite prospettive di storia umbra. Frattanto, entro i primi giorni di maggio l’autrice della scoperta ha in programma una conferenza presso il Museo archeologico con l’intento di rivelare quanto ancora oscuro, compresa, lascia intendere, la misteriosa provenienza.
Fonte: Il Messaggero.it, Umbria, 18 apr 2013