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PASCELUPO (Pg), Avamposto fortificato di Gubbio.

Straordinario avamposto fortificato del formidabile comitato eugubino, prima, e del ducato d’Urbino, poi, Pascelupo assolse sempre, ed egregiamente, alla funzione di baluardo a guardia e difesa del territorio orientale del comune medioevale di Gubbio e di quello meridionale dello Stato d’Urbino.
In una bella e completa descrizione, in lingua latina, di Gubbio e del suo comitato, fatta dallo storico eugubino Vincenzo Armanni, nel corso del secolo XVII, si accenna, con toni elogiativi, a Pascelupo, alla sua fedeltà a Gubbio ed alla sua importanza strategica. La doviziosa descrizione dell’Armanni fu pubblicata all’interno dell’opera, a carattere storico-geografico, dal titolo Theatrum civitatum et admirandorum Italiae ad aevi veteris et praesentis temporis faciem expressum, Amsterdam, 1663, pp. 97-102 (“Evgvbivm italice describebat Vincentivs Armanni”). «[…] Plurima ex castellis [juris]ditionis Eugubinae, quae universe centum & triginta numerantur, ipsos Eugubinos conditores agnoscunt, ut Caresto, Pascilupo, Petrorio, inprimisque S. Abondii opidum, Costacciaro & Schieggia Apostolico Brevi deinde opidi nomine insignitum, quae tria postrema loca, quod literis armisque claros viros produxerint, fama celebrantur […]».
Nel Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica del cavaliere Gaetano Moroni (Venezia, Tipografia Emiliana), alla voce toponimica Gubbio si legge «Pascelupo Comune della Diocesi di Gubbio con territorio in monte i cui semplici fabbricati sono cinti di mura, ed ha un piccolo borgo. Ha la Parrocchia di S. Bernardino, e di S. Paterniano […]».
Scrive, inoltre, lo storico Gabriele Calindri (CALINDRI, GABRIELE, 1832, Saggio Geografico, Statistico e Storico dello Stato Pontificio, Perugia, Ed. Garbinesi e Santucci) che «il paese ebbe origine dopo la distruzione del Forte Castellaro, e della Città di Tiego, che si elevava un miglio e mezzo dal paese odierno: la quale distruzione seguì nella battaglia tra Narsete e Totila sotto le mura di Sentina: e che nel territorio vi è l’abbazia de’ Santi Bartolomeo ed Emiliano de’ Congiuntoli, la cui chiesa è della figura di S. Paolo di Roma con facciata sorprendente per l’elevazione e pel lavoro».
Così, a proposito di Pascelupo e dei suoi contorni, scrive nel 1862 l’eremita montecoronese padre D. Placido Maria da Todi che, nella sua Storia di Monte Cucco, così aggiungeva: «Pascilupo si è un piccolo castello dell’umbria nell’Italia centrale; che inalzasi in piccola vallata tutta all’intorno circondata da monti colà ove il Sentino bagna le orientali falde dell’alpestre Monte-Cucco. La sua origine risale al secolo VI dell’era volgare e rammenta uno dei più grandi avvenimenti politici d’Italia. Meritamente dunque questo castello gode sin da tempo immemorabile le prerogative di municipio, le quali da niuno gli furono mai contese prima dell’ultima dominazione straniera in Italia durante l’impero francese di Napulione I Buonaparte il quale lo fuse al Comune di Scheggia. Ma seguita la ristaurazione del Governo ponteficio Pascelupo ben presto ritornò in possesso degli antichi suoi dritti, e riebbe sotto la sua giurisdizione comunale l’appodiatoi Isola-fossara, nonché i villaggi di Colle di Peccio, S. Felice, Perticano, MonteBollo e Pantana. Sotto il regno italico però di Vittorio Emanuele II, il veglio Prefetto dell’Umbria Tanari con Nota 25 1863 (N. 4972) diretta al sig. Francesco Brunamonti Sindaco di Pascelupo dichiarava che quel comune per difetto di mezzi tanto fisici, che morali non poteva più oltre vivere di una vita propria, e che stimava proficua al suo bene l’aggregazione del castello al comune di Sassoferrato, come dell’appodiato Isola-fossara a quello di Scheggia. Onde lo invitava a trattare nella sessione di primavera sulla convenienza o no dell’attuazione del progetto. Il generale consiglio però di Pascelupo avendo nella sua tornata dei 19 aprile seguenti respinto un tal progetto per buone ragioni, il Sindaco stesso con Nota 27 dello stesso mese (N. 244) implorava appoggio opportuno al Municipio di Gubbio, onde il proprio comune non venisse soppresso, affinché così mantenuto in vita non fosse mai discostato dal suo mandamento. Il consiglio comunale di Gubbio nella sua seduta dei 21 maggio 1863 se da un canto ebbe a confessare che potenti fossero le ragioni addotte dalla R. Prefettura a progettare la soppressione di quel Comune, altrettanto poté persuadersi che nei Pascilupesi sommamente fosse insito l’amore della loro autonomia municipale che vanta remotissima esistenza […]».
È interessante notare alcune affermazioni, pronunciate direttamente dal religioso, ed altre, riprese da Gabriele Calindri, sul conto di Pascelupo. Innanzitutto quella secondo la quale i suoi «semplici fabricati sono cinti di mura», cosa certa ma oggi difficilmente verificabile, viste le sovrapposizioni costruttive succedutesi attraverso il tempo. Si dice, poi, del fatto che la chiesa di S. Paterniano di Perticano sarebbe stata soggetta alla parrocchia di S. Bernardino da Siena di Pascelupo. Ciò pare possibile solo se si ammette che la precettorìa templare di Perticano (che dovette verosimilmente essere ubicata in corrispondenza dell’attuale chiesa parrocchiale di San Paterniano) estendesse, sino ai primi anni del secolo XIV, i suoi possedimenti al castello di Pascelupo e al suo eremo primitivo.
La circostanza storica secondo la quale Pascelupo iniziò ad essere costruito dopo la distruzione del «forte castellaro e della città di Tiego» (i Coldipecciani l’hanno sempre chiamata, per tradizione orale, «Città Rosèlla») è fatto storicamente possibile.
Più inverosimile appare invece il fatto che il castello di Tiego e la presunta città ad esso collegata siano state distrutte in séguito alla battaglia di Tagina (552 d.C.), che non ebbe certamente luogo presso Sentino, bensì nelle piane del versante occidentale del massiccio di Monte Cucco e di quello dei monti di Gualdo Tadino, e, segnatamente, tra Fossato di Vico e Gualdo Tadino.
Da piccolo villaggio pastorale («ville Pascilupi» è ancora talvolta chiamato il centro abitato nel secolo XIV), quale verosimilmente era in origine, dopo essere stato coinvolto, seppure marginalmente, nel 295 a.C., nei nefasti eventi della battaglia di Sentinum, assurse, verosimilmente in epoca altomedioevale, al rango di centro fortificato, in funzione di difesa, del confine orientale del Corridoio Bizantino, dalle incombenti minacce di scorrerie militari, provenienti dai finitimi possedimenti langobardi delle Marche, sotto il diretto controllo del Ducato spoletano.
Il suo sito genetico e la sua posizione topografica sono davvero strategici, poiché, con l’altura su cui sorge, il Poggio, domina le pendici settentrionali dei monti di Sassoferrato, che s’innalzano, erti, non appena oltrepassato il Torrente Rio Freddo. La posizione di Pascelupo, che sorge su di promontorio a 529 m s.l.m., è importante anche perché esso è un centro di valico viario, un crocevia transappenninico, sorgente lungo un antichissimo tracciato armentario, forse, addirittura, d’origine preistorica (lungo il tratto di Rio Freddo, sottostante all’Eremo, a quanto si racconta, fu casualmente rinvenuta una punta di lancia, certamente riferibile all’Età del Bronzo).

Autore: Vincenzo Moroni, 23/07/2012

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