Da più parti si sente dire la seguente frase: “La lingua etrusca non è più un mistero“: Come esistono altre voci, discordanti da questa, le quali affermano che l’etrusco non sia più un mistero, ma che tuttavia molte cose resterebbero ancora inspiegabili e indecifrabili.
Per questa ragione ho voluto mettere a confronto due dei maggiori linguisti ed etruscologi del nostro tempo sulla “lettura” e “traduzione” che essi hanno fatto rispettivamente su un reperto archeologico, molto importante, che si trova a Fiesole, esposto in una delle sale del Museo Archeologico cittadino.
Si tratta di un cippo di confine che è stato ritrovato entro i confini della cinta muraria fiesolana ed è catalogato come: “Cippo confinario, sec II a.C.” (Vedi: Marco de Marco – Fiesole, Area archeologica e museo, Giunti Editore, 1999). Si tratta, abbiamo detto, di un cippo fiesolano e fin qui non ci sono dubbi. Ne consegue che la lingua e le parole che sono state scolpite sul cippo, in maniera piuttosto marcata da un anonimo scalpellino, appartengano sicuramente alla lingua etrusco-fiesolana che veniva parlata a Fiesole in quel determinato periodo di tempo.
Per questo, e non solo per questo, il cippo fiesolano in oggetto è di un’importanza fondamentale per lo studio e la conoscenza della lingua e della storia etrusca e, in particolare, cosa questa che più ci interessa, della storia fiesolana, che è la storia di casa nostra. Da tempo mi interesso di questo reperto archeologico e da un po’ di tempo ho cercato di studiare e di analizzare più fonti che potessero illuminarmi in merito. Ma non mi sono accontentato di ciò: per un paio di volte mi sono recato al museo fiesolano per eseguire l’autopsia (si definisce così il termine tecnico) del cippo ed ho potuto scattare alcune fotografie dello stesso, poiché quelle che avevo trovato sui libri non mi soddisfacevano o, perlomeno, c’erano alcune cose che non mi sembravano abbastanza chiare. Soprattutto certe lettere dell’alfabeto etrusco, scritte su tale cippo che, a mio parere, possono essere state mal decifrate da parte di illustri studiosi ed emeriti linguisti. La cosa può capitare quando ci si affida completamente a certi testi di etruscologia, senza fare una autopsia diretta sul reperto.
Ma vediamo come i due maggiori studiosi hanno “interpretato” l’epigrafe. Il primo studioso ha decifrato l’iscrizione nel modo seguente: “TULAR SPURAL HIL PURAPUM VIPSL VHS PAPR“. In questa frase una lettera, riferita ad un vocabolo, presenta delle differenze di interpretazione. Mi riferisco, in modo particolare, all’ultima parola “tatr” (primo studioso) e “papr” (secondo studioso). Mi sembra che ci siano ancora altre difficoltà riferibili alla traduzione del testo. Se prendiamo in esame la prima ipotesi, la traduzione di questa epigrafe potrebbe essere la seguente: “CONFINE DELLA PROPRIETA’ DELLA FAMIGLIA PAPR SITUATA ENTRO I CONFINI DELLA CINTA MURARIA DELLA CITTA’ DI FIESOLE“.
Mentre la seconda ipotesi, riferita al secondo linguista, sarebbe la seguente: “CONFINE DELLA CITTA’ E POMERIO PRIVATO/FIESOLE/VU(LCA) PAP(SENNA)”.
Non mi sembrano differenze di poco conto fra la prima e la seconda traduzione.
Ma veniamo all’analisi filologica del cippo. Nelle due prime parole “tular spural” i due linguisti sono d’accordo, le due parole significano: “confini della città” Il questo caso il nome della città è inteso come entità politica (quello che noi oggi chiameremmo “Comune di Fiesole”) da distinguere da “rasn(al) che pure ha significato “della città”, ma inteso come Stato, o meglio, come città-stato. Un’altra divergenza nella decifrazione dell’epigrafe riguarda la parola “puratum”, riferita al primo linguista, e “purapum”, riferita al secondo studioso.
Non è cosa da trascurare poiché nei due casi si è letta una “t” al posto di una “p”, o viceversa. Ne deriva che il significato delle due parole, ovvero la traduzione è diversa.
Nel primo caso “hil puratum” verrebbe tradotto con “case cinte da mura” o “cinta (muraria) nel cui interno si trovano delle case”; nel secondo caso, invece, “hil purapum” viene tradotto con “pomerio privato” (“pomerio” della città era lo spazio di terreno sacro, lungo le mura, all’interno e all’esterno, nel quale non era lecito fabbricane né coltivare ed era segnato da cippi confinari).
Poi la parola “vipsl”. Anche qui ci sono incertezze nei due studiosi, ma credo che ciò sia riconosciuto universalmente: “VIPSL” o “VISL” (o VISUL), significava FIESOLE.
Anche la traduzione dell’ultima riga del cippo sarà diversa se leggo la parola “papr” o “tatr”. Nel primo caso avremo il nome di una persona equivalente a Pap(senna), nel secondo caso la traduzione resterebbe ancora enigmatica.
Ci sarebbe da dire qualcosa ancora sull’epoca del cippo fiesolano. Per alcuni studiosi si tratta di un cippo di età arcaica risalente al VI secolo a.C., altri sostengono che sia del IV sec. a.C. e c’è anche chi la ritiene una stele più recente, cioè del II-I sec. a.C..
L’ipotesi prospettata nella via di mezzo e, cioè, che il cippo sia riferibile al IV secolo a.C. mi sembrerebbe la più attendibile, a giudicare da certe lettere come la “emme” scritte con l’alfabeto arcaico (un bastoncino con una seghetta a tre punte in cima).
Quanto ho accennato mi sembra più che sufficiente per dimostrare che: se anche la lingua etrusca non fosse più un mistero, essa è tuttavia un REBUS, poiché troppi pochi sono gli elementi certi a nostra disposizione.
Ciò è dovuto ad una serie di ragioni che vanno dalla brevità delle iscrizioni tutte riferibili all’ambito ristretto in cui queste sono state scritte (cimiteriale, confini, ecc.) e, talvolta, un po’ di leggerezza (non è il caso dei due linguisti cui ho fatto riferimento) con cui viene affrontato il tema dello studio e della origine della lingua etrusca.
Bibliografia:
Massimo Pittau – Dizionario della lingua Etrusca, Sassari 2005, Libreria Editrice Dessì
Claudio De Palma – Le origini degli Etruschi, Bologna 2004, Casa Editrice Nuova S1
Fonte: Archeogate 11/10/2007
Autore: Paolo Campidori
Cronologia: Arch. Italica