La storia di Venezia, come la conosciamo oggi, affonda le proprie radici nella Venezia Medievale prima e in quella Rinascimentale poi. E’ impossibile, infatti, non immaginare ad una Venezia prima di Venezia.
Testimonianza diretta di quel mondo antico è esibita dagli stessi palazzi, dalle chiese, da qualsiasi forma di architettura che, cioè, non sia una espressione del mondo attuale ma che rappresenti un susseguirsi di eventi che hanno caratterizzato un momento storico ed evolutivo che non ci appartiene più ma, che ha dato gli strumenti alla stessa città per poter sopravvivere e per poter combattere le insidie del tempo.
Esiste, inoltre, un altro strumento conoscitivo sottovalutato dai più ma preziosissimo per una corretta lettura storica di Venezia, in grado di svelare quelle che furono le tecniche edilizie, gli accorgimenti urbanistici, la metodologia impiegata nell’assicurare la stessa sopravvivenza della popolazione antica: la ricerca archeologica.
In questo senso il valore dato a questa disciplina ha fatto nel tempo passi da gigante così come la stessa metodologia cognitiva in campo archeologico ha visto un notevole sviluppo tendendo sempre più ad acquisire elementi di precisione scientifica, nell’analisi dei materiali e nella lettura dei livelli storici.
Il termine “archeologia” è impiegato già dagli autori antichi quali Tucidide, Platone, Diodoro Siculo e Dionigi d’Alicarnasso, con l’accezione letterale di “discorso”, “indagine” sulle cose del passato, antiche; solo successivamente fu sostituito dai latini con il termine di “antiquitates” a indicare le antichità in senso storico-letterario.(1)
In tal senso, pertanto l’ingegnere-idraulico Tommaso Temanza (1705-1781) può essere considerato il primo studioso che si interessò dell’aspetto storico-archeologico di Venezia; di fatto, inserì in uno dei suoi zibaldoni delle osservazioni dettagliate riguardanti una serie di oggetti d’epoca romana rinvenuti nel 1756 durante uno scavo di alcuni canali a sud di Fusina.(2).
Tommaso Temanza si era formato nell’ambito della corrente classicistica neopalladiana sviluppatasi sulle lagune negli ultimi decenni del Seicento e le sue ricerche gravitarono, comunque, soprattutto attorno al campo storico-topografico collegato alla stessa attività di “ingegnere idrostatico”.
Nei primi decenni del XIX secolo, precisamente nel 1821, anno di fondazione della “Pontificia Accademia Romana di Archeologia” e nel 1822 nella “Archeologie der Kunst” di Gottlieb Heyne nasce il significato odierno di archeologia come studio dei monumenti antichi(3).
In questo frangente storico a Venezia Giovanni Casoni (1783 -1857) decide di coniugare la sua attività di ingegnere a quella di archeologo, approffittando di ogni incarico per poter scavare e studiare strutture e manufatti.
La sua attività di ricerca fu svolta non solo nell’area occupata dall’Arsenale(4) ma anche lungo il Rio di Sant’Angelo, nei pressi della chiesa omonima, dove rinvenne due sarcofagi interi e i frammenti di un terzo; operò ancora intorno alla chiesa di Santa Giustina, dove ritrovò alcuni antichi sarcofagi di pietra e al centro dell’isola di San Pietro di Castello la cui attività di scavo portò alla luce sassi informi di pietra molare e cementi di calce e sabbia.
Un’altra figura di rilievo nell’archeologia veneziana fu Nicolò Battaglini (1812- 1887) il quale ebbe il merito di essere il principale artefice della creazione del Museo Archeologico di Torcello su indicazione di Luigi Torelli (5).
Nel 1876 Battaglini fu nominato Ispettore degli Scavi e dei Monumenti del distretto di Torcello, entrando a far parte della Commissione per la Conservazione dei Monumenti, istituita dal Governo nazionale nel 1866, commissione nata con il compito di inventariare e salvaguardare le opere di interesse sia artistico sia archeologico.
Sul finire del XIX secolo a Venezia prende piede l’opera di un altro studioso di notevole importanza per la metodologia utilizzata, Giacomo Boni, il quale, nel 1885, avvia una serie di scavi di controllo sulle fondazioni del campanile di S. Marco a Venezia ed allega una breve relazione corredata da una delle prime stratigrafie con strutture e strati della storia dell’archeologia italiana. L’indagine archeologica del campanile di San Marco era stata concepita secondo lo stesso Boni per «constatare quanto c’era di vero nelle diverse ipotesi intorno a quel muro di fondazione (…) Le ipotesi erano che le fondazioni fossero “a stella” o “a platea”».(6)
Furono, comunque, Urbani De Gheltof ( 1855-1908)(7) e Luigi Conton ( 1866-1954)(8) a segnare l’incipit della ricerca archeologica ufficiale, volta a scoprire attraverso la crescita stratigrafica la storia complessa del rapporto tra l’uomo e la terra e l’acqua.
Il primo, Urbani de Gheltof, lavorò sia in ambito lagunare sia in ambito urbano affrontando gli scavi di San Paterniano, del Fondaco dei Turchi e del palazzo di Papadopoli, donando successivamente la maggior parte degli oggetti recuperati al Museo di Torcello e offrendo agli studiosi materiale preistorico da poter studiare.
Luigi Vittorio Conton, invece, raccolse in laguna una straordinaria quantità di frammenti ceramici, attribuibili ai secoli XIV e XV, dimostrando che i pezzi appartenevano ad officine locali.
Tali rinvenimenti non ebbero luogo solo in laguna ma anche nel corso dello scavo del Rio Novo presso il quale, a quota 2,65 metri sotto il medio mare, rinvenne anforette fittili, biansate e a lungo codolo, presso il Liceo-Ginnasio M. Foscarini, all’altezza della calle della Misericordia, presso il giardino di Papadopoli e nel tratto del rio di Santa Margherita.
In seguito a queste prime esperienze furono condotte alcune campagne di scavo da parte dell’èquipe polacca dell’Università di Varsavia(9) e si concretizzarono gli interventi di Michele Tombolani in laguna e a Venezia rispettivamente nei siti di Torcello e San Pietro di Castello(10).
Una svolta decisiva allo studio e all’interpretazione delle dinamiche dello sviluppo urbanistico della Venezia si ebbe indubbiamente agli inizi degli anni ’70: si inaugura, infatti, una nuova stagione nelle indagini dall’archeologia veneziana e si esce dalla visione un po’ antiquaria e un po’ accademica che aveva contrassegnato le ricerche fino ad ora esposte. Tale impulso scaturì anche in seguito allo sviluppo in Italia dell’archeologia urbana che aveva offerto risultati positivi attraverso gli scavi stratigrafici applicati nelle singole città quali Milano, Roma, Brescia, Bologna, Torino, etc. consentendo bilanci complessivi per la città dell’età di transizione.
L’archeologia urbana è, in realtà, una specializzazione moderna dell’archeologia e si occupa degli scavi archeologici svolti nel preciso contesto urbano di una città, risultando legata non tanto dall’ubicazione dell’area da scavare, ma soprattutto, dal fatto che, abitualmente, l’area interessata è stata abitata per lunghissimi periodi, talvolta ininterrottamente, fin dall’antichità come nel caso specifico di Venezia.
A Venezia l’archeologia urbana in quanto vera e propria disciplina scientifica trova affermazione nella seconda metà degli anni ottanta, tra la fine del 1986 e l’inizio del 1987, quando l’allora Soprintendente Bianca Maria Scarfì stese l’elenco di tutte le imprese pubbliche che operavano sul suolo del centro storico, convocandole per spiegare quello che col tempo si sarebbe definito come “impatto archeologico”.
Molto spesso si trattava di scavi di emergenza, soprattutto in occasione dell’adeguamento degli scarichi reflui o della creazione delle vasche antimaree, in quanto tale tipologia d’intervento non era programmato, ma si verificava consequenzialmente a lavori, pubblici o privati, in cui era necessario procedere con attività di escavazione.
In concomitanza lo studio della storia di Venezia nel 1983, in seguito all’attività del prof. Wladimiro Dorigo,(11) offriva un ulteriore strumento da affiancare all’archeologia, tramite la formulazione di alcune ipotesi sull’origini di Venezia servendosi anche del lavoro archeologico di Ernesto Canal(12).
Nel 1987 inizia la collaborazione fra la Soprintendenza Archeologica per il Veneto e il Servizio Tecnico per l’Archeologia Subacquea ( S.T.A.S.) mediante la creazione del Centro Tecnico per l’archeologia lagunare.
Nel 1996 viene istituito il Centro operativo di Archeologia lagunare presso Palazzo Ducale, mediante il quale si tenta di avvalorare ulteriormente la politica di salvaguardia e nel tentativo di ampliare il controllo preventivo ai cantieri non solo lagunari ma anche urbani.
In questo senso è possibile affermare che la dottoressa De Min, archeologa della Soprintendenza per i Beni architettonici, con la propria attività ha contribuito nel fornire utili dati da analizzare ed elaborare traendoli dagli scavi urbani effettuati presso San Lorenzo di Castello(13) e lagunari quali l’isola del Lazzaretto Nuovo, Malamocco e l’isola di San Francesco del Deserto.
Le campagne di scavo condotte sull’isola di Torcello a Santa Maria Assunta, tra il 1996 ed il 1997, non solo furono scuola per operatori archeologici, bensì, risultarono essenziali nel consolidare l’esperienza per quell’approccio archeologico all’architettura storica come pratica presente nei cantieri di restauro della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Venezia, frutto della stessa Legge Speciale 171/73.
Nel 1997 L’Amministrazione comunale, per imprimere una forte accelerazione al programma di interventi di manutenzione dei canali e rii di Venezia, costituisce una società per la manutenzione urbana: Insula Spa, cooptando nell’assetto societario le stesse società che gestivano i sottoservizi.
Insula si occupa prevalentemente dell’esecuzione di opere che possono essere raggruppate secondo due tipologie di intervento: i cantieri d’acqua, nella fattispecie gli interventi nei rii e nelle aree prospicienti mediante lo scavo del fango, il restauro dei muri di sponda, delle fondamenta, dei ponti, delle fondazioni degli edifici in acqua, interventi a protezione dalle acque alte, riassetto del sottosuolo; i cantieri di terra che si esplicano nell’attività di risanamento igienico ambientale, nel riassetto del sottosuolo, nella protezione dalle acque alte.
Questa nuova e felice stagione archeologica produce immediatamente i primi impulsi positivi: l’organizzazione e il controllo sistematico delle attività di scavo forniscono i primi risultati riportando alla luce stralci della Venezia scomparsa ma custodita e preservata dalle ingiurie del tempo.
Sono stati i lavori di restauro e di messa a norma del teatro a permettere alla Soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto di avviare nel 1998 una serie di controlli, diretti da Luigi Fozzati, responsabile dell’archeologia subacquea e lagunare, che hanno permesso di indagare i segreti più reconditi di Venezia e delle sue origini.
I risultati delle indagini svolte parallelamente dagli archeologi di NAUSICAA, il nucleo operativo costituito dallo stesso Luigi Fozzati per un massiccio e capillare controllo del territorio, e dagli archeologici di Insula operanti in collaborazione con la stessa Sovrintendenza per il Veneto, sono presto pubblicati rispettivamente i primi dal 1999 sul semestrale di antropologia, archeologia, etnografia, storia dell’acqua, a cura di Luigi Fozzati “Archeologia delle Acque”; gli altri sui quaderni di Insula, rivista trimestrale nata nello stesso anno all’interno della quale sono di volta in volta proposti al pubblico alcune tematiche storiche-archeologiche inerenti gli interventi della società stessa.
Numerosissimi e preziosissimi per la ricostruzione di un complesso panorama storico sono stati gli interventi di scavo condotti sino ad oggi nel settore pubblico ma soprattutto in quello privato: questi, in particolare hanno messo in luce tra le più svariate evidenze archeologiche che vanno dai precedenti livelli pavimentali che costituivano gli antichi piani di calpestio, ai pozzi interrati dei quali un tempo Venezia era disseminata. Ancora è possibile spaziare tra le precedenti strutture fondazionali e la presenza di innumerevoli frammenti ceramici che spesso costituiscono assieme ad un vasto campionario di laterizi databili alle più svariate epoche storiche gli elementi di riempimento o gli stessi riporti impiegati per sopraelevare e difendere le aree più basse dalle ingressioni di marea.
Alcuni tra gli interventi di scavo più interessanti effettuati negli ultimi anni che hanno coinvolto diverse aree di Venezia hanno messo in luce la presenza di antiche linee di riva come nel caso dell’area Ex CIGA di Sant’Alvise a Cannaregio che ha altresì offerto interessanti reperti ceramici e vitrei.(14) Alla Giudecca, presso i cantieri CNOMV (15) lo scavo del 1996-97 ha fatto affiorare il vecchio muro di riva cinquecentesco e una notevole quantità di materiale ceramico impiegato come elemento di costipamento definibile come scarto di fornace di prima cottura; a Rialto l’area del Mercato in cui è stata messa in luce l’antica riva della Pescaria databile al 1398. Sono degni, inoltre, di nota gli scavi effettuati al teatro Malibran (16) e teatro La Fenice all’interno dei quali sono stati rilevati elementi potenzialmente associabili ad antiche sponde di canale ed il complesso del Mulino Stucky.(17)
Gli interventi archeologici fino ad ora eseguiti con la collaborazione tra Sovrintendenza, Università, Comune di Venezia e Insula hanno dato luogo ad un susseguirsi di molteplici e interessanti rinvenimenti tutti degni di nota per il loro straordinario valore scientifico, per la loro unicità e per il notevole contributo apportato alla reinterpretazione della storia veneziana.
A tal proposito sembra interessante riportare alcuni tra gli elementi più incisivi e per la fortuità delle circostanze dei rinvenimenti stessi.
Nel 1996(18), nell’ambito dell’attività di assistenza archeologica svolta nel cantiere Alcatel di Venezia per la rete tecnologica a fibre ottiche Telecom Italia, sono state messe in luce presso campo Manin a soli 28 cm di profondità dall’attuale piano di calpestio le tracce dell’antico complesso monumentale della chiesa di San Paterniano, demolito dopo la seconda metà del XIX secolo e rintracciato mediante una preventiva indagine archivistica.
Al dicembre del 1998, durante i lavori di scavo realizzati dall’Aspiv per la posa della rete idrica antincendio per l’insula dei Frari, risale il rinvenimento di una sepoltura indisturbata, il cui scheletro era stato deposto sulla nuda terra con le mani giunte e con il capo rivolto ad ovest in direzione del portale dell’attuale chiesa. Privo di corredo era altresì stato sepolto con la cintura di cui si sono conservate le parti in metallo, ed era probabilmente appartenente ad un maschio adulto di età compresa tra i 30 e i 40 anni.
Nell’ottobre del 2000(19) nella contrada di Sant’Agostino a San Polo, durante un intervento di scavo svolto presso l’area interna di un immobile condominiale privato, è stato messo in luce sotto un gruppo di edifici costruiti nel 1873, l’antico impianto ecclesiale della chiesa di Sant’Agostino. Il luogo di culto presentava tre diversi momenti insediativi relativi all’XI a cui appartengono le tombe realizzate con mattoni altomedievali, al XII secolo e al XVII secolo. La fortuna e la professionalità dell’archeologo hanno permesso nell’aprile del 2002, durante i lavori per la realizzazione della vasca di trattamento in campo Borgoloco Pompeo Molmenti,(20) di riconoscere, mimetizzata all’interno del sedimento fangoso, a –2,80m una palizzata costituita da un’ottantina di elementi lignei verticali disposti in modo compatto a sud-ovest, legati tra loro per mezzo di fascine definite con il termine di “volparoni”. Tale palizzata indicherebbe l’esistenza di una antica linea di marginamento della città o meglio il contenimento di una piscina o di una salina.
Ancora, recentemente, nel 2004 durante l intervento di scavo per la realizzazione delle vasche di accumulo e trattamento delle acque reflue presso il cortile interno di ca’ Vendramin Calergi, sede del Casinò Municipale di Venezia sono stati evidenziati diversi livelli di frequentazione antropica a partire dal VII- VIII secolo, proseguendo durante l’XI-XII secolo con tracce di occupazione durante il XII-XIV secolo per arrivare alla vera e propria presenza edilizia di una casa da stazio durante il XIV-XV secolo per concludere con il giardino del XVI secolo che ha occultato l’intera sequenza stratigrafica insediativa, consegnandola e restituendola integralmente sino ai giorni nostri.(21)
L’attività d’indagine condotta a Venezia nell’ultimo decennio, nonostante le difficoltà, talora notevoli, derivanti dall’organizzazione della ricerca, dall’aumento progressivo degli interventi, pubblici e privati, attraverso questa notevole attività edilizia ha sviluppato un’attenzione particolare verso l’esigenza di un maggior apporto tecnico-scientifico di specialisti afferenti ad altre discipline, in particolare quelle storiche e naturalistiche.
L’esecuzione di scavi nei cantieri di restauro, l’impiego della lettura stratigrafica delle murature, la raccolta di documentazioni storico-letterarie, archivistiche e cartografiche funzionali alla conoscenza preventiva delle vicende insediative delle aree urbane da sottoporre ad indagini archeologiche, le analisi e le datazioni di laboratorio sono in grado di fornire gli elementi per una profonda riflessione sul piano teorico relativamente alla storia del complesso sviluppo storico-urbanistico di Venezia.
Fonti Manoscritte
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Note:
(1) – R. Bianchi-Bandinelli, Introduzione all’archeologia, Roma-Bari, Editori Laterza, 1995.
(2) – T. Temanza, BSP, Zibaldone III, ms. 888: Cfr. anche Lizza A., Storia dell’archeologia lagunare di Venezia. L’epoca moderna e contemporanea: Giovanni Casoni, G. Marino Urbani de Gheltof, Luigi Conton, Ernesto Canal, Tesi di Laurea, Facoltà di Lettere e filosofia, corso di Laurea in Lettere, AA 1997-’98, relatore Prof. L. Fozzati, correlatori M. De Min, S. De Vido. Università degli Studi di Venezia, Ca’ Foscari.
(3) – C.Anti, Propedeutica archeologia, Padova, Cedam, 1973.
(4) – G. Casoni, Biblioteca del Museo Civico Correr di Venezia, Notizie Arsenale, Veneziane, ecc. Ms. Cicogna 3344/133.
(5) – Museo di Torcello, a c. di G. Fogolari, Venezia, Marsilio, 1993.
(6) – D. Manacorda ,1982, Cento anni di ricerche archeologiche italiane: il dibattito sul metodo, «Quaderni di storia», 16, pp. 85-119.
(7) – G.M. Urbani De Gheltof, Preistoria a Venezia, Bollettino di arti, industrie e curiosità veneziane, anno III, 1880-1881, p. 137.
(8) – L.Conton, Le antiche ceramiche veneziane scoperte nella laguna, Venezia 1940.
(9) – E. Leciejewics, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski, Torcello, scavi, 1961-1962, Roma 1977. Cfr. anche Torcello, Nuove ricerche archeologiche, in “RdA Supplementi”, a c. di L. Leciejewics, 23, Roma 2000.
(10) – S. Tuzzato, Venezia gli scavi di S. Pietro di Castello ( Olivolo). Nota preliminare sulle campagne del 1986-1989, in “ Quaderni di Archeologia del Veneto”, VII, 1990. Id., S. Pietro di Castello a Venezia. Nota preliminare dopo la campagna del 1992, in “ Quaderni di Archeologia del Veneto”, IX, 1992.
(11) – W. Dorigo, Venezia Origini. Fondamenti, ipotesi, metodi, II, Milano 1983.
(12) – E. Canal, Testimonianze archeologiche nella Laguna di Venezia. L’età antica, Cavallino di Venezia 1998.
(13) – M. De Min, La chiesa di San Lorenzo di Castello a Venezia. Le fasi costruttive dal IX al XII secolo: alcune analogie con San Marco, In Scienza e tecnica del Restauro della Basilica di San Marco, I, atti del convegno, Istituto Veneto di SS.LL.AA., Venezia, 1999.
(14) – M. Munarini; M.Minini, Sant’Alvise di Cannaregio-area ex-CIGA: l’evoluzione di un tratto del margine lagunare urbano dall’inizio del Trecento al tardo Cinquecento, a c. di L. Fozzati, in “Quaderni di archeologia del Veneto”, XIII, 1997.
(15) – R. Cester, Isola della Giudecca, Scavi d’emergenza effettuati nell’area degli ex cantieri C.N.O.M.V., in “Quaderni di archeologia del Veneto, XIII, 1997.
(16) – M. Minini, Un bicchiere rinascimentale dallo scavo del Teatro Malibran a Venezia, in “ Archeologia delle Acque”, I, anno II, 2000.
(17) – F. Bressan, A. Lezziero, Venezia, isola della Giudecca. Scavi archeologici all’interno del complesso architettonico del Mulino Stucky, in “ Archeologia delle acque”, II, I, 2000.
(18) – R. Salerno Venezia, campo Manin. Intervento archeologico d’urgenza, in “ Archeologia delle acque”, I, I, 1999.
(19) – M. Bortoletto, I livelli pavimentali verificati in quattro recenti scavi archeologici, in “ Quaderni di Insula”, 5, II, Dicembre 2000.
(20) – D. Cimoli, L’intervento di risanamento igienico a Borgoloco Pompeo Molmenti, in “ Quaderni di Insula”, 16, V, Settembre 2003.
(21) – Ca’ Vendramin Calergi, archeologia urbana lungo il Canal Grande di Venezia, a c. di Luigi Fozzati, Casinò di Venezia, Marsilio, 2005, Archeologia delle Acque – Monografia 4 Collana di Archeologia Subacquea diretta da Luigi Fozzati.
Autore: Paola Sfameni, Davide Busato
Cronologia: Arch. Medievale