Ancora una volta il sottosuolo regala tasselli preziosi che permettono di riscrivere la storia della città. Durante gli interventi di installazione dei dissuasori antiterrorismo in via Maqueda angolo via Cavour, a due passi da piazza Verdi, sono stati rinvenuti reperti di età islamica ma non solo, resti che arricchiscono il patrimonio storico. A occuparsi del cantiere archeologico il team della Soprintendenza ai Beni culturali, formato dall’archeologa Francesca Agrò, dallo specializzando Andrea D’Agostino e dall’archeologa Carla Aleo Nero.
«Si sapeva che in questo luogo, immediatamente all’esterno della cinta muraria tardo-cinquecentesca, doveva trovarsi un bastione. Le antiche planimetrie settecentesche riportano il bastione – afferma l’archeologa Aleo Nero – ma non la sua esatta posizione. Inoltre, sappiamo che poco tempo dopo la realizzazione della via Maqueda nel 1600, fu costruita anche la Porta Maqueda, e per fare ciò fu necessario demolire un angolo del bastione cinquecentesco. La stessa Porta Maqueda fu demolita e ricostruita fino ad essere definitivamente distrutta per il progetto di realizzazione del Teatro Massimo e della relativa piazza nel 1875.
Nel corso dello scavo abbiamo ritrovato i resti di una struttura a grossi blocchi di arenaria, probabilmente riferibile al pilone orientale della porta oppure ai resti del bastione cinquecentesco, struttura in cattivo stato di conservazione anche per gli innumerevoli servizi a rete realizzati tra XX e XXI secolo. Ciò ci permette oggi di posizionare con precisione la porta e il bastione».
Ma la vera sorpresa è avere trovato una stratigrafia complessa e ben conservata di età islamica. Questo conferma l’espansione della città durante la fase araba.
«È stato rinvenuto un canalone fognario di grandi dimensioni con volta a botte, molto probabilmente realizzato nel corso del XVII secolo, che attraversa tutta la via Maqueda. Sono abbondanti i frammenti ceramici raccolti durante lo scavo – spiega l’archeologa – utili a documentare questa fase rinascimentale e moderna, ma ancora più sorprendente è stata la scoperta, nonostante la fervida attività edilizia post cinquecentesca, di stratigrafie originali relative all’età islamica. È stato possibile indagare un deposito stratigrafico abbastanza articolato che ci documenta almeno due fasi dell’abitato di età islamica in questi luoghi. Molti i reperti ceramici rinvenuti che ci permettono di datare l’insediamento all’età araba: lucerne, ceramica invetriata da mensa, pentole, tegole, anfore dipinte. Proprio durante l’ultimo giorno di scavo è stata rinvenuta anche l’imboccatura di un pozzo quadrangolare, che fu riempito con terra e frammenti ceramici, sempre dell’età islamica».
La storia di questi reperti sarà spiegata su dei pannelli.
Come spiega Lucina Gandolfo, responsabile dell’unità operativa Beni archeologici della Soprintendenza:
«I reperti verranno rilevati, studiati in modo da poter anche restituire alla cittadinanza dei pannelli che saranno esposti su via Maqueda. È una delle occasioni preziose che abbiamo per ricostruire la storia della nostra città e aggiungere un altro tassello alla sua conoscenza».
Autore: Aurora Fiorenza
Fonte: www.palermo.gds.it, 24 gen 2020