Da anni è oggetto di indagine archeologica ma anche di vaste ristrutturazioni, tutte opere finalizzate a rendere fruibile e accessibile al pubblico uno dei colli di più lunga e antica frequentazione del Friuli-Venezia Giulia.
Oggi, per l’altura osoppana che ospita la Fortezza, sono arrivati nuovi fondi per l’apertura di un vero e proprio museo. A erogare il contributo è stata la Regione che ha messo a disposizione un milione di euro per adeguare le vecchie sagrestie della chiesa (mai conclusa) che si trova all’inizio del lungo percorso di visita.
I locali, oggi al grezzo, saranno recuperati, messi in sicurezza e quindi impiegati con finalità museale.
«Questo è un anno importantissimo per il nostro paese – dice la consigliera comunale con delega alla cultura, Carmen Costantini -; il Municipio, infatti, ha ottenuto questo congruo finanziamento che ci permetterà, finalmente, di far tornare a Osoppo tutti i reperti rinvenuti in tanti anni di ricerca e di indagine. Pezzi anche rarissimi e molto preziosi che attualmente sono conservati in altre realtà museali della nostra regione. Teniamo presente che il forte è un unicum per ricchezze di tutti i generi: storia, archeologia , memorie di guerre, non ultima la Guerra di indipendenza per cui il Comune ha anche ottenuto la Medaglia d’Oro al Merito».
Un primo museo era stato realizzato negli anni Sessanta.
«A volerlo era stato, allora, il cavalier Antonio Faleschini – spiega la Costantini -; lo ricordo da bambina, come ho piena memoria della razzia fatta dai ladri, che mise fine a quella bella esperienza espositiva. Ricordo il povero Feleschini, ormai anziano, in lacrime per un destino tanto infausto. Speriamo che dopo tanta sfortuna, il nuovo finanziamento e il nuovo museo riescano a trasformarsi in progetto di sviluppo e rilancio del territorio. C’è, comunque, tanto lavoro da fare».
Tra i reperti di maggiore pregio un’urna cineraria in bronzo.
«Mi sto battendo – dice la consigliera – affinché possa rientrare a Osoppo, luogo dove è stata trovata e dove è giusto che torni definitivamente».
La testimonianza è stata depositata nei magazzini del Museo Archeologico di Aquileia negli anni Novanta, spazi dove si trova anche adesso.
«Abbiamo chiesto di riaverla indietro per procedere con un restauro e per metterla poi in mostra almeno in Municipio ma non siamo riusciti a ottenere la necessaria autorizzazione. Con il progetto museo la speranza rinasce anche per numerosi altri reperti come diverse urne cinerarie, vasellame, gioielli tra cui un prezioso orecchino goto, monete e numerosissime ampolle lacrimali».
Il Comune, per quel che ha potuto, si è portato avanti in questi anni con il recupero di due leoni in pietra di Aurisina che facevano parte di una sepoltura molto antica, relativa a un personaggio di rango, datata primo secolo dopo Cristo.
Oggi i due leoni sono visibili nell’atrio del Palazzo Municipale, sistemati su appositi basamenti che propongono la vista degli animali così come dovevano essere in origine: atteggiamento di minaccia e di scatto con le zampe posteriori alzate, a difesa della sepoltura del defunto.
Tra breve l’amministrazione procederà alla presentazione al pubblico del singolare restauro conservativo.
«Il finanziamento per il museo ci permetterà di rendere visibile anche un’importante sezione degli scavi che stiamo portando avanti ormai da anni sotto la direzione dell’archeologo Luca Villa».
Si tratta di una sezione di terra adiacente la chiesa di ingresso al colle, edificio sacro mai concluso e coperto da una calotta metallica voltata a botte di grandi dimensioni, che la rendono visibile da tutta la zona collinare. È da qui che sono emerse le tracce significative della storia antica dell’altura.
Entrando in chiesa (l’accesso è libero) si possono vedere i muri di base ottimamente conservati di una chiesa paleocristiana con orientamento diverso; rilevante, in particolare, il fonte battesimale per immersione. L’edificio, disseminato di sepolture (alcune conservano ancora i resti degli inumati, custoditi sotto pesanti lastre copri-sarcofago in pietre monolitiche), è stato realizzato su preesistenze romane (visibili a occhio nudo affacciandosi dalla passerella centrale sulle fondamenta delle navata laterali).
Fonte: Il Gazzettino 30/07/2008
Autore: Paola Treppo