Il bello è che di tutta questa romanzesca storia, il ministro competente — ovvero Francesco Rutelli — non sa ancora assolutamente nulla: la scheda tecnica per informarlo sarebbe partita solo a fine settembre dall’università di Macerata. Comunque la notizia, per gli etruscologi, è di straordinario interesse.
Dopo sei anni di scavi e di ricerche, il Dipartimento di scienze archeologiche e storiche dell’antichità dell’università di Macerata è sicuro di aver individuato ai piedi di Orvieto, nella spianata di Campo della Fiera, il fantomatico Fanum Voltumnae, cioè il santuario federale ( Fanum significa luogo sacro, concetto ben più ampio d’un singolo tempio) delle dodici città etrusche, una sorta di Vaticano in cui ogni anno i capi politici e religiosi della Lega etrusca si riunivano in «concilium», come racconta con precisione Tito Livio, per fare il punto politico della situazione civile e militare e per pregare gli dei comuni.
Un evento grandioso, oggi si direbbe «di massa», che coinvolgeva migliaia di persone: sacerdoti, politici, militari, una folla di fedeli, atleti impegnati in gare, mercanti e venditori che davano vita a una gigantesca fiera commerciale di cui si parlava anche a Roma da cui partivano molti venditori. Un movimento di popolo, sempre in primavera, che serviva a rinsaldare le radici e la stessa identità etrusca. La ricerca etruscologica del Fanum Voltumnae risale al XV secolo, allo studioso Annio da Viterbo e alla sua Historia Antiqua. Mille le ipotesi lungo i secoli, mai nessuna certezza.
Il direttore dello scavo, la professoressa Simonetta Stopponi, ordinario di etruscologia e archeologia italica a Macerata, per prudenza scientifica sostiene che la certezza assoluta arriverà solo dopo il ritrovamento di un’iscrizione dedicata al dio Voltumna, principale divinità della terra e patrono del popolo etrusco. Ma, dice, «le caratteristiche di un grande santuario, di quel preciso santuario, ci sono tutte».
Così elenca la professoressa, un autentico vulcano di passione archeologica: «L’ampiezza dell’area complessiva, la sistemazione urbanistica con i pozzi e le fontane, la presenza di un edificio templare e di una zona sacra molto articolata, la continuità dell’uso religioso del luogo che parte dal VI secolo avanti Cristo e prosegue addirittura fino al XV secolo dopo Cristo, i resti di attività cultuali come gli ex voto in bronzo del II secolo a.C. e i frammenti di piccoli vasi attici di eccellente fattura del VI-V secolo a.C. che poi venivano distrutti e quindi seppelliti per tradizione dopo l’uso».
L’idea di scavare proprio lì non è nuova. L’università di Macerata (che opera in regime di concessione ministeriale) ha seguito le tracce dei primi archeologi che, alla fine dell’800, trovarono alcuni resti murari e molte terrecotte, materiali poi venduti al Pergamon Museum di Berlino e che coincidono con quelli trovati oggi. Gli scavi sono cominciati nel 2000 su un’area di proprietà dell’Opera del Duomo di Orvieto che l’ha concessa per vent’anni al Comune per permettere le ricerche.
E sempre il Comune di Orvieto ospita ogni anno i cinquanta studenti di Macerata, di altre università italiane e straniere (americane, spagnole, messicane) impegnati con picconi, palette e spazzole. Il tutto è possibile grazie ai finanziamenti del Monte dei Paschi di Siena e di Mps Asset Management Sgr ma anche ad alcuni fondi dell’Unione europea e del Parco archeologico e ambientale dell’Orvietano.
I risultati, alla fine della campagna 2006, sono più che incoraggianti. Ora la pianta del tempio principale (12 metri per 6) è ben visibile, con fondamenta e un grosso podio in conci di tufo (VI-IV secolo avanti Cristo) e il pavimento romano del II secolo a.C. in «signino» decorato. Poi è ben leggibile un’ampia porzione del muro di cinta dell’area sacra (lunga diciotto metri), sempre in tufo (datazione ancora da confermare, comunque tra il VI e il IV secolo a.C.) Ha rivisto la luce l’intero impianto di fondamenta della chiesa di San Pietro in Vetere del XII secolo, costruita su una delle aree sacre del complesso etrusco, come testimonia il primo strato in tipico tufo, forse del IV secolo: quindi un primo pavimento cristiano del IV d.C. e un secondo in mosaico bianco e nero del V-VI secolo d.C. e infine la struttura della Chiesa del XII secolo poi affidata ai Frati minori francescani e quindi ai Servi di Maria. Edificio poi abbandonato e caduto in rovina, non si sa bene in quale secolo. Sono stati ritrovati le aperture dei due pozzi necessari alle attività di culto.
Soprattutto sono emerse due imponenti strade basolate, entrambe etrusche. Una, larga cinque metri e disposta di fronte all’ingresso del tempio principale, collegava sicuramente Orvieto a Bolsena. La seconda, larga sette metri, secondo Simonetta Stopponi rappresenta un’altra prova dell’importanza del complesso religioso e quindi della probabilissima individuazione del Fanum Voltumnae: «Si trattava di un percorso sacro, infatti il tracciato si trova nel retro del tempio e porta dal piano verso l’alto della collina. Ben oltre l’area che stiamo scavando abbiamo già trovato altre due grosse strutture in grandi blocchi di tufo, tipicamente etruschi. Lì dovrebbe trovarsi il luogo sacro conclusivo di quel tracciato. Infatti abbiamo individuato un terzo pozzo».
E sui blocchi dell’ultimo ritrovamento sono passati i segni del tempo e dell’agricoltura del posto: sui tufi sono chiari i passaggi degli aratri, chissà mai a quale secolo risalgono.
Ieri sera il gruppo dei ragazzi ha festeggiato con una gran cena nel verde di Orvieto, presieduta dalla professoressa Stopponi, la campagna di scavo 2006. Ma molti obiettivi sono ancora in sospeso (e ovviamente tutti da finanziare): le ricerche sui nuovi ritrovamenti a Nord, la possibile individuazione a Ovest dello stadio per i giochi sportivi, addirittura la probabile esistenza di alcune tombe lì sulla collina. La scommessa del Campo della Fiera dura da sei anni. Ma forse, chissà, è appena cominciata.
Fonte: Corriere della Sera 01/09/2006
Autore: Paolo Conti
Cronologia: Arch. Italica