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NUVOLERA (Bs). Il “Sercol” sotto i rovi è la Stonehenge bresciana.

Ogni paese ha il suo anatema. Lo “spauracchio” che costringe a letto i bambini e convince a mangiare le verdure per cena. A Nuvolera l chiamano “Sercol”, il cerchio.
Un cantone da leggenda in cima al Monte Cavallo, che nell’immaginario atavico ha il sapore di streghe e mostri nel guardaroba. Ma a “smascherare” il Babau ci hanno pensato Armando Belelli e Marco Bertagna, due trentenni di Desenzano col pallino della storia e dell’archeologia.
Incuriositi dalla leggenda hanno cominciato a smanettare su internet, scandagliando con Google Earth la cima del Monte Cavallo, alla ricerca di quel “Sercol” dai connotati indefiniti. Sono bastati una manciata di fotogrammi per accorgersi che effettivamente le fotografie aeree mostravano un grosso cerchio, a coronare il cucuzzolo della collina di Nuvolera. Una circonferenza enorme, di forma quasi perfetta, e di inconfondibile fattura umana.
Marco e Armando non ci hanno pensato due giorni. Scarponcini ai piedi si sono recati a verificare da vicino la consistenza di quell’immagine così suggestiva. Era il mese di aprile e lì, semisepolte fra sterpaglie e rovi, hanno trovato centinaia ndi pietre bianche, disposte in circonferenza. Almeno 42 metri di diametro di un manufatto realizzato con centinaia di tonnellate di massi.
“Da subito abbiamo pensato – racconta Armando – che si trattasse di una fortezza dell’Età del Bronzo; in ogni caso eravamo convinti di trovarci di fronte a un reperto di valore. Ci serviva solo una conferma”.
E’ stato ancora una volta internet a fornire ai ragazzi le risposte che si affannavano cercando. Alcune fotografie del “Sercol”, pubblicate su Facebook, hanno incuriosito una studentessa, che le ha a sua volta mostrate al professor Alberto Pozzi, comasco, archeologo classe 1933, e segretario della Società Archeologica Comense. Non solo. E’ uno dei massimi esperti in Europa di megalitismo e civiltà preistoriche e protostoriche. Colpito dal ritrovamento di Nuvolera ha messo mano all’elenco telefonico per rintracciare i due giovani autori della scoperta. C’è voluta una telefonata a vuoto per contattare una zia di Bertagna e riuscire finalmente a parlare con Marco ed Armando.
E così, lo scorso 26 maggio, a bordo di una Panda 4×4 i tre hanno raggiunto la cima del Monte Cavallo. A Pozzi è bastato un secondo per riconoscere un cerchio sacro di antichissima origine.
“Non un’opera con scopo difensivo – ha asserito Pozzi – ma una costruzione religiosa che sicuramente non è mai entrata in contatto con il cristianesimo. Quanto alla datazione, potrebbe avere fra i 2500 e i 3500 anni”.
Dunque un’area sacra, o una postazione per le osservazioni astronomiche, riferimento di una comunità probabilmente popolosa.
“Abbiamo anche notato una piccola porzione priva di pietre – racconta Armando – che poteva rappresentare l’accesso al cerchio. Ora va verificata l’esistenza di “traguardi”, massi con una funzione astronomica precisa, ma il lavoro è reso difficilissimo dalla presenza di erba alta e arbusti invasivi”.
Ora tutte le informazioni sono state passate alla Sovrintendenza generale. Il Monte Cavallo attende nuovi sopralluoghi, per disvelare dal passato tutti i suoi segreti.
Area sacra o osservatorio: un mistero per il cerchio.
Forse il luogo di culto più antico del Bresciano. Sicuramente non una fortificazione a scopo difensivo. Troppo basso il muricciolo di pietrame che delimita il “Sercol” di Nuvolera.
E’ per ora un mistero la natura e la funzione dell’enorme cerchio di pietra – ha un diametro di circa 42 metri – che domina la cima del Monte Cavallo. Se all’inizio i due giovani scopritori avevano pensato ad una sorta di fortezza, si sono dovuti ricredere. Anche sulle indicazioni fornite dall’archeologo Alberto Pozzi, che havisitato il sito, ora l’ipotesi più credibile è che il cerchio di Nuvolera fosse un luogo di culto, un’area sacra adibita alle cerimonie e ai riti, come pure alle osservazioni astronomiche. Una sorta di Stonehenge bresciana. Se pure, è bene sottolinearlo, le datazioni apparirebbero ben differenti. I megaliti inglesi risaloirebbero al Neolitico, mentre le pietre di Nuvolera avrebbero “solamente” 2500 o 3500 anni al massimo. Anche se in questo caso le ipotesi sono tutte da verificare.
“Ciò che è certo – asseriscono comunque Armando Belelli e Marco Bertagna – è che il “Sercol” non è mai entrato in contatto con ilo cristianesimo e in nessun caso dovrebbe essere stato edificato oltre l’anno 500. La costruzione si trova in una zona strategica e suggestiva, adattissima alle osservazioni celesti, fondamentali in una società agricola. Questo lascia supporre che il cerchio venisse usato anche per queste ragioni”.
Una ipotesi, questa, supportata dalla posizione di alcune pietre e, almeno da quanto è possibile scorgere fra le sterpaglie, dalla presenza di “traguardi”, ovvero pietre con una precisa funzione di riferimento astronomico.
Diversi restano comunque gli scenari che possono essere vagliati. Da verificare è infatti anche la presenza di tombe o di graffiti sulla pietra. A questo proposito, il primo passo sarà liberare il sito dalla prigione dei rovi. Poi dovrà cominciare a fare sul serio, a cominciare da una datazione precisa del “Sercol”.

Autore: Ilaria Rossi

Fonte
: Il Giornale di Brescia, 01/06/2011

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