Il DNA delle popolazioni attuali di isole del Sudest asiatico e di Papua Nuova Guinea porta le tracce di diversi rami filogenetici dell’uomo di Denisova, la misteriosa specie umana i cui primi resti fossili sono stati scoperti anni fa nella grotta dei Monti Altai, in Siberia. Le simulazioni, inoltre, indicano che uno dei rami denisoviani si sarebbe estinto 30.000 anni fa e si tratterebbe quindi degli ominidi arcaici sopravvissuti più a lungo tra quelli noti finora.
Nel 2010, il completamento delle analisi del materiale genetico recuperato da resti fossili scoperti in una grotta dei Monti Altai, in Siberia, ha delineato l’identikit di una nuova specie umana, l’uomo di Denisova, vissuto tra 70.000 e 40.000 anni fa. È accertato ormai che questo ominide condivise il territorio sia con la nostra specie, Homo sapiens, sia con i Neanderthal. I contatti tra le diverse specie furono consistenti e con incroci, tanto che una piccola percentuale del genoma delle attuali popolazioni umane asiatiche è di origine denisoviana.
Ora un’analisi pubblicata su “Cell” da Murray Cox della Massey University, in Nuova Zelanda, e colleghi di una collaborazione internazionale ha rivelato che nel patrimonio genetico di 161 individui appartenenti a 14 popolazioni isolane del Sudest asiatico e di Papua Nuova Guinea ci sono tracce di due distinti rami filogenetici denisoviani rispetto al Denisova siberiano, il primo chiamato convenzionalmente D1, geneticamente più vicino al Denisova di Altai, e il secondo chiamato D2, geneticamente più distante. Questi due rami sono rimasti separati l’uno dall’altro per circa 350.000 anni. Inoltre, le analisi hanno mostrato che le varianti genetiche di D1 sono presenti solo nei papuani, mentre quelle di D2 hanno una diffusione geografica molto più ampia, dall’Asia all’Oceania.
Grazie a una simulazione basata sul tasso stimato di mutazioni, gli autori hanno concluso che D1 si è separato dal ramo dei Denisova di Altai circa 363.000 anni fa e che D2 si è separato da questo stesso ramo circa 283.000 anni fa. Questi risultati fanno seguito a quelli di uno studio che hanno mostrato una terza discendenza di Denisova, indicata come D0, di origine molto più recente, nei genomi dei siberiani moderni, dei nativi americani e degli asiatici orientali.
I risultati in sostanza delineano un modello dell’albero genealogico umano molto più complesso di quello ricostruito fino a pochi anni fa. Questo mosaico di nuove scoperte nel continente asiatico, oltre a quelle avvenute nelle Filippine di Homo floresiensis e del recentissimo Homo luzonensis, è frutto anche di un mutamento di prospettiva nella ricerca paleoantropologica, che nei decenni passati ha dedicato molta attenzione alle regioni europee e dell’Eurasia settentrionale, sulla base della convinzione che i resti umani – e soprattutto il DNA che contengono – potessero conservarsi solo al freddo.
“Pensavamo di essere solo noi umani moderni insieme con i neanderthaliani”, ha spiegato Cox. “Ora sappiamo che c’era un’enorme varietà di gruppi simili agli umani in tutto il pianeta, e per molto tempo i nostri antenati sono venuti in contatto con gruppi che erano geograficamente isolati tra loro”.
“Si pensava che i Denisoviani vivessero sulla terraferma asiatica e molto più a nord”, dice Cox. “Il nostro lavoro mostra invece che il centro della diversità arcaica non era in Europa o nel nord ghiacciato, ma nell’Asia tropicale”.
Un dato cruciale emerso dallo studio di Cox e colleghi è che il ramo D1 dei Denisova è sopravvissuto fino a 30.000 anni fa, forse anche fino a 14.500 anni fa. Si tratterebbe quindi degli ominidi arcaici sopravvissuti più a lungo tra quelli finora noti, considerato che i neanderthaliani si estinsero circa 40.000 anni fa, l’uomo di Flores tra 60.000 e 50.000 anni fa e che i resti di H. luzonensis risalgono a prima di 50.000 anni fa.
Fonte: www.lescienze.it, 15 apr 2019