La natura dell’uomo e’ per strada. Da due milioni di anni.
«Siamo in viaggio. Da quando i primi esemplari del genere Homo si diffusero dal continente africano e colonizzarono anche l’Eurasia. Da quando, molto tempo dopo, piccoli gruppi appartenenti alla nostra specie, Homo sapiens, uscirono ancora dall’Africa e affrontarono l’esplorazione di vecchi e nuovi mondi», scrive Luigi Luca Cavalli Sforza, professore emerito di Genetica a Stanford, con Telmo Pievani, docente di Filosofia della scienza a Padova, nell’introduzione alla mostra da loro curata «Homo sapiens. La grande storia della diversita’ umana», che dopo Roma e Trento apre oggi al pubblico nel Complesso monumentale del Broletto di Novara.
«Adesso – si legge – quell’avventura non e’ ancora finita, e non esiste frammento delle terre emerse di questo Pianeta che non abbia visto il passaggio o l’insediamento di esseri umani. Da quegli sparuti pionieri si e’ generata una popolazione che sfiora i sette miliardi di individui».
Dunque siamo una specie planetaria, diffusa ovunque, eppure con un’origine africana recente. Ma com’e’ avvenuta la straordinaria globalizzazione di Homo sapiens? E a spese di chi? Fino a una manciata di millenni fa sulla Terra esistevano piu’ specie umane, ma poi siamo rimasti soli… Per rispondere a questi interrogativi, alla base della mostra, non si puo’ non approfittare di Cavalli Sforza, genovese cLAsse 1922, professore a Pavia fino al 1971, poi volato a Stanford e ora tornato a Milano nel suo studio in zona Repubblica. Un’autorita’ sulla ricostruzione della storia dell’uomo, con la particolarita’ di aver sempre seguito un metodo multidisciplinare, approfondendo, nell’ottica di un’evoluzione biologica e insieme culturale, tematiche diverse: archeologia, demografia, linguistica, studio dei cognomi e della consanguineita’.
Le sue ricerche, anche sul campo tra i pigmei dell’Africa centrale, hanno dimostrato che le popolazioni di Sapiens attuali discendono dalla prima diaspora di due milioni di anni fa dall’Africa dell’Homo erectus. Scoperta che tra i suoi effetti ha avuto quella di far cadere qualsiasi separazione dell’umanita’ in razze per motivi biologici.
«Il futuro dipende molto dalla nostra capacita’ di usare l’intelligenza per limitare in modo razionale la crescita, per non litigare e per sviluppare un rispetto universale all’interno della nostra specie, ma anche verso tutto il resto del mondo vivente> >.
Autore: Francesco Rigatelli, twitter@rigatells
Fonte: http://www.lastampa.it , 8 mar 2013