Nuceria Alfaterna sorse nel VI secolo a.C. e fu una delle più grandi città della Campania antica, abitata, e via via accresciuta, dagli Osci, dagli Etruschi, dai Sanniti e infine dai Romani. Oggi il suo territorio corrisponde a quello di Nocera Inferiore e Nocera Superiore. Fu un centro così importante, già prima di conoscere la dominazione romana, che non solo batteva la sua moneta, ma era dotata anche di un suo particolare alfabeto, il “nucerino”, basato su quello etrusco e quello greco. Il suo anfiteatro, databile probabilmente alla prima metà del I secolo d.C., era lungo 125 metri e largo 102 metri, collocandosi tra i più grandi dell’antichità.
“Un futile incidente provocò un orrendo massacro fra i coloni di Nocera e quelli di Pompei: avvenne durante un combattimento di gladiatori dato da Livineio Règolo. Come avviene di solito nei piccoli centri, si cominciò con dei lazzi alquanto pesanti, poi volarono pietre e si finì col giungere alle armi. La plebe di Pompei ebbe la meglio. Molti Nocerini furono portati a casa mutilati nel corpo…”.
Così lo storico Tacito negli Annales (Annales, XIV, 17) descrive la feroce zuffa del 59 d.C. accaduta tra Pompeiani e Nocerini nell’anfiteatro di Pompei; un documento confermato anche da diverse testimonianze archeologiche relative all’avvenimento. La più famosa riguarda l’affresco scoperto nella cosiddetta “Casa della Rissa nell’Anfiteatro” e un graffito proveniente dalla Casa dei Dioscuri che fa riferimento ai fatti: «Campani Victoria una/cum nucerinis peristis» che tradotto più o meno suona «O Campani, siete morti insieme ai Nocerini in quella vittoria ».
Successivamente all’accaduto, l’imperatore Nerone sottopose la vicenda al Senato romano e venne deliberata la chiusura dell’anfiteatro pompeiano per dieci anni e lo scioglimento dei collegia; il senatore Livineio Regolo, organizzatore dei giochi, e gli altri incitatori della rissa, furono esiliati. L’interdizione dello stadio fu poi ridotta a soli due anni, probabilmente per l’intervento di Poppea, che pare possedesse una villa da quelle parti (le è stata attribuita quella rinvenuta a Oplontis, l’attuale Torre Annunziata). La celebre zuffa tuttavia mostra quanto fosse forte la tensione da entrambi le fazioni, e quanto entrambi gli schieramenti frequentassero i rispettivi anfiteatri.
Tuttavia se quello di Pompei fu riportato alla luce già nei primi anni degli scavi borbonici, quello di Nuceria Alfaterna, in gran parte ancora sconosciuto, giace sepolto sotto una spessa coltre di fango con le strutture in elevato inglobate in antichi edifici.
Ci accompagna alla scoperta dei resti visibili dell’antico anfiteatro Carmine Montalbano, discendente di una nobile famiglia spagnola che ebbe in feudo da Filippo IV di Spagna nel XVII secolo questi territori dell’antica Nuceria. Carmine ci apre il portone di un antico palazzo in via Anfiteatro n. 24. Attraversato l’ingresso di una cantina, eccoci improvvisamente trasportati indietro nel tempo di circa duemila anni, all’interno di uno dei vomitoria dell’antico anfiteatro di Nuceria Alfaterna.
“Le persone che sono scese quaggiù si contano sulle dita della mano” dice Montalbano. I celebri archeologi Amedeo Maiuri e Werner Johannosky sono tra queste, ma adesso tocca a noi e l’emozione è davvero palpabile. Dopo i primi gradini la luce diventa sempre più debole ed occorre accendere le torce per potersi districare tra le antiche strutture che cominciano a prendere forma. A circa undici metri sotto il livello stradale, ecco spuntare un tratto di mura in opus reticolatum con ricorsi in laterizio, poi un tratto di rampa che conduce ai corridoi a volta ricolmi di fango e su una parete un accenno di stucco con motivi geometrici ancora perfettamente conservati.
La datazione della struttura non lascia dubbi, siamo in pieno primo secolo dopo Cristo, l’epoca della zuffa tra pompeiani e nocerini. Quella che portò a dieci anni di squalifica dell’anfiteatro pompeiano poi ridotti a due grazie all’intercessione di Poppea, moglie di Nerone. Un periodo troppo lungo per restare senza giochi durante il quale, secondo alcune recenti ipotesi archeologiche, i nocerini si dotarono di un nuovo e più ampio anfiteatro capace di rispondere alle esigenze di una popolazione sempre crescente.
Intanto il fango ricopre per metà gli stivali e districarsi trai corridoi dell’anfiteatro diventa sempre più difficile .
Grazie ad un potente fascio di luce sprigionata da una torcia alogena, Montalbano illumina il lato occidentale del corridoio elittico dell’anfiteatro e spiega come, seguendo questa direzione, si giunga nella “cantina dei frati” posta al di sotto della chiesa di Santa Maria degli Angeli. È proprio qui il sacerdote don Matteo Fresa, fratello del più celebre Alfonso, astronomo di fama mondiale, condusse la prima esplorazione nel lontano 1926.
Don Matteo assieme ad altri confratelli, accedendo dalla cantina del convento dei frati minori, scavò un breve tratto dell’ambulacro, mettendo in luce alcuni gradini e il piano di calpestio in opus signinum e cocciopesto. Dopo aver rimosso poco più di un metro quadro di fango, ecco la prima e purtroppo unica importante scoperta: due preziosi avanzi di statue in marmo, una rappresentante una testa di cane mirabilmente scolpita ed una testa di daino appena sbozzata. “Se rimuovendo pochi metri cubi di materiale i frati ritrovarono due statue, immagina quali tesori potrà restituirci uno scavo sistematico dell’anfiteatro”, commenta entusiasta Montalbano.
“Gli anni ’50 e ’60 del Novecento – continua Montalbano – sono stati gli anni della svolta per l’archeologia dell’intera Valle del Sarno”.
Nel 1958, Amedeo Maiuri, in un articolo comparso il 14 giugno su “Il Corriere della Sera” dal titolo “Un prete e suo fratello astronomo scoprono l’anfiteatro di Nocera”, annunciava la scoperta dei fratelli Alfonso e Matteo Fresa in località Grotte, nell’attuale Nocera Superiore: il maestoso anfiteatro di Nuceria Alfaterna .
Un clamore iniziale seguito poi da lunghi anni di oblio. E da allora gli studiosi e le personalità che hanno visitato gli antichi resti si contano sulle dita di una sola mano. Da ultimo, l’attuale presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici del MIBACT, l’archeologo Giuliano Volpe. “Ricordo, era il 17 giugno 2017, eravamo un piccolo gruppo e Volpe è sceso con me. Si è addentrato in un cunicolo scarsamente arieggiato di una cantina di via Grotti, per avere contezza delle maestose dimensioni dell’anfiteatro. Ha osservato con stupore i resti dell’anfiteatro esclamando più volte: ma è integro, è integro, è integro… Questo è quello che mi diceva mentre osservava e scattava, ancora incredulo, alcune foto.”
“Nocera – osserva infine Montalbano – ha un grande patrimonio culturale, purtroppo troppo poco valorizzato. In particolare, il suo prezioso anfiteatro necessiterebbe di una seria campagna di scavo. Dai suoi anfratti e dai suoi cunicoli misteriosi, potrebbe venire fuori una chiave di lettura diversa della storia così come oggi la conosciamo”.
Autore articolo e immagini: Antonio Cangiano
Fonte: www.nationalgeographic.it, 14 mar 2018