Archivi

NETTUNO (Rm): Ancora importanti ritrovamenti a Satricum.

E’ stata ritrovata la quarta favissa (stipe votiva) nell’antica città laziale di Satricum, importante sito archeologico situato a poca distanza da Nettuno e precisamente in località “Le Ferriere”. Per l’archeologo Alessandro Cassatella ,direttore dei lavori, la favissa potrebbe contenere le offerte votive relative al tempio del V sec. a C.

Con gli scavi di fine ottocento è stata ritrovata una canalizzazione ed un pozzo sul lato occidentale del tempio di Mater Matuta cui recenti lavori di pulizia dalle erbe infestanti hanno consentito di aggiungere il ritrovamento di un altro pozzo circolare rivestito in lastre di tufo e con pedarole: l’insieme sembra far parte di un sistema di captazione delle acque meteoriche che venivano convogliate in cisterne sotterranee probabilmente in corrispondenza di questo ultimo pozzo, verso cui va la pendenza.

E’ opportuno considerare che questo potrebbe essere una favissa nel senso classico del termine e contenere quindi materiale votivo, forse proprio quello che dalla fine dell’ottocento ai nostri giorni è stato cercato e si cerca ancora per coprire l’ambito cronologico del V e IV sec. a.C.

L’interesse per il manufatto ora ritrovato è dato dal fatto che il termine favisse viene usato in ambito archeologico accanto a quelli di stips, bothròs, thisiae, e a corrispondenti termini del moderno linguaggio archeologico, come deposito votivo (aperto o chiuso), favissa di sconsacrazione, pozzo, getto, ecc. con una varietà di significati che si è cercato di adattare alla diversità delle collocazioni di ritrovamento e della natura delle offerte.

La consuetudine di conservare l’ offerta alla divinità, è stata ricondotta alla sacralità ed inalienabilità del dono votivo. La definizione di favissa è tramandata da Aulo Gellio. “Id esse cellas quasdam et cisternas, quae in area sub terra essent ubi reponi solerent signa vetera” (erano celle e cisterne sotterranee nell’area sacra dove venivano conservati i doni votivi).

Le notizie di Gellio e Festo consentono di stabilire una stretta connessione tra le cisterne ed i templi, spazi delimitati e consacrati e di riconoscere come favisse solo quelle cisterne ricadenti all’interno di un’area sacra. L’etimologia, nel passo di Gellio, che collega il termine di favisse con quello d’invenzione di flavisae, identificate con i thesauròi è apparsa solo una congettura non convalidata dai dati archeologici e linguistici. I thesauròi chiamati in causa hanno precise connotazioni architettoniche e non sono comunque generalmente costruzioni sotterranee.

“ Il confronto tra le fonti ed i resti rinvenuti presso la fronte del tempio di Mater Matuta “ afferma l’archeologo Alessadro Cassatella, direttore dei lavori di scavo “fa pensare alla concreta possibilità che il pozzo possa contenere quelle offerte votive relative al tempio del V sec a.C. E’ possibile che, forse in un secondo momento, il pozzo sia stato collegato a quello visto da Mengarelli insieme al sistema di canalizzazione e alla vasca adiacente alla fronte del tempio con un canale sotterraneo. Solo lo scavo potrà accertare comunque tutte queste ipotesi.”

Tra i confronti possibili per la tipologia di questo tipo di costruzione sotterranea è di particolare interesse il ritrovamento nell’area sacra del tempio di Piazza d’Armi a Veio di un pozzo cisterna molto simile, composto ugualmente da una cisterna in blocchi ad ogiva superiore collegata con un pozzo decentrato con tre gallerie a raggiera.

Fonte: CulturalWeb 03/11/05
Autore: Marcello Molajoli
Cronologia: Arch. Italica

Segnala la tua notizia