La posizione era privilegiata, quasi a voler abbracciare tutto il panorama. Da qui l’imperatore Caligola riusciva a godersi lo spettacolo mozzafiato del suo adorato lago di Nemi, a pochi metri dal Tempio di Diana. La struttura doveva essere imponente: i giochi d’acqua impreziosivano l’emiciclo, mentre filari di colonne incorniciavano la platea chiudendosi sulla fronte con due tempietti. L’effetto scenografico era ampliato dal gioco di terrazze studiate in funzione del leggero pendio. È così che gli studiosi della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio hanno ricostruito lo straordinario ninfeo di Caligola rinvenuto nel complesso del Santuario di Diana. La scoperta è frutto dell’ultima campagna di indagini condotte nei mesi estivi dalla Soprintendenza con l’Università di Perugia (l’undicesimo anno di collaborazione) sotto la direzione scientifica di Giuseppina Ghini.
LA PLANIMETRIA
Le possenti murature indagate e studiate hanno svelato l’articolata planimetria del monumento. «Il ninfeo appare così situato su una terrazza superiore – racconta la Ghini – e presenta un orientamento diverso rispetto alla terrazza inferiore su cui si susseguono i monumenti del tempio di Diana e del teatro. L’analisi della pianta testimonia la presenza di un emiciclo situato sopra una platea, che era a sua volta accessibile attraverso scalinate, e sormontata da ambienti colonnati. Gli studi permettono di datarlo all’età Giulio-claudia e quindi di attribuirlo ad un intervento da parte di Caligola». È noto quanto Caligola, il terzo imperatore di Roma, morto assassinato a 29 anni per mano dei suoi stessi pretoriani, e di cui nel 2012 è stato celebrato il bimillenario della nascita (12 a.C.), fosse legato al Santuario di Diana a Nemi, uno dei più importanti luoghi di culto dell’antichità. «Caligola ebbe un rapporto preferenziale con il Santuario – riflette la Ghini – le due famose navi ancorate nel lago, lunghe oltre settanta metri e larghe venti, avevano una doppia funzione: la prima era una nave palazzo, con cui dalla sua villa sul lago l’imperatore poteva raggiungere il Santuario, la seconda una nave cerimoniale, a bordo della quale sono stati rinvenuti oggetti di culto».
LA STORIA DEL TEMPIO
Le nuove indagini consentono oggi di ricostruire nel dettaglio, attraverso le prove archeologiche, la storia e le fasi del santuario. E all’epoca di Caio Cesare Germanico, soprannominato Caligola per via della «caliga» il tipico sandalo che, come racconta Svetonio, amava calzare, si riferiscono le strutture del Ninfeo, così come altri interventi nell’area: «L’imperatore ebbe un ruolo strategico nel rinnovare l’apparato decorativo del Santuario, inserendo oltre al Ninfeo anche corredi di statue della famiglia Giulio-claudia». E prima di Caligola, il folle e trasgressivo (almeno a leggere le memorie biografiche di Svetonio) le indagini hanno consentito agli archeologi di individuare la fase arcaica del santuario, finora solo ipotizzata, fino a riconoscere gli interventi di fine IV-inizi III sec.a.C., e dell’epoca tardo-repubblicana. Oltre alle strutture murarie sono tornati alla luce numerosi materiali, tra cui statuine in terracotta, vasi con iscrizioni sacre a Diana, oggetti votivi.
Ma l’ultima campagna ha messo in campo per la prima volta anche imprese hi-tech. Come rivela la Ghini l’intera area, infatti, è stata ispezionata con ricognizioni «a volo d’uccello» di un drone nelle ultime due settimane di settembre. «I risultati sono ancora in corso di elaborazione», avverte la direttrice del Museo delle Navi di Nemi. Partner strategici sono stati il Politecnico di Monaco sotto la guida di Wolfgang Filser e quello di Milano, con la direzione di Cristiana Achille e Nora Lombardini, che hanno effettuato quest’anno anche un rilevamento speciale che permetterà la ricostruzione in 3D del Tempio di Diana e di alcune aree del Santuario, compreso il Ninfeo di Caligola. In collaborazione col Comune di Nemi, che da poco ha acquisito l’area del Tempio, sarà predisposto un percorso di visita dell’area.
Autore: Laura Larcan
Fonte: Il Messaggero.it, 7 ott 2013