Nell’incertezza del prossimo futuro, con la partenza del contingente militare occidentale che rischia di far cadere di nuovo l’Iraq nell’anarchia politica e religiosa, con un governo non ancora abbastanza forte da controllare l’intero territorio, si scorgono qua e là segnali positivi di una rinascita del Paese. Uno dei quali arriva dalla città di Mosul che sta faticosamente tornando alla normalità, e nel farlo punta molto sul suo patrimonio culturale, non soltanto in chiave di un possibile sviluppo turistico, ma soprattutto per ristabilire salde radici identitarie, ed educare la popolazione (soprattutto i giovani) alla conoscenza del passato e al rispetto dell’arte.
Operazioni di sviluppo sociale indispensabili per costruire il futuro di un Paese civile. E nel frattempo, in città, riprendono i traffici commerciali, riaprono caffè e ristoranti, i musicisti suonano la sera agli angoli delle strade principali: alle macerie e ai lutti si sta lentamente sostituendo il ritorno alla vita normale.
Lo scorso luglio è terminata la prima fase della ristrutturazione della Moschea di Al-Nuri, finanziata dagli Emirati Arabi Uniti. Il ministro emiratino della cultura, Noura bint Mohammed Al Kaabi, ha affermato che il restauro della moschea è estremamente importante per l’identità e lo spirito di Mosul, dell’Iraq e dell’intera regione mediorientale, sottolineando che il sostegno degli Emirati fa parte di un più generale sforzo del Paese per proteggere il patrimonio antico del Golfo. Ai lavori hanno preso parte anche circa 300 abitanti di Mosul, che da febbraio 2019 a marzo 2020 hanno rimosso dal sito mine e bombe inesplose, e raccolto documenti e oggetti antichi, che dovranno poi essere schedati e catalogati.
E ancora, lo scorso 22 novembre ha riaperto al pubblico il Museo Archeologico, che ospita quanto rimane del patrimonio dell’antica Ninive, pesantemente impoverito dai saccheggi e la distruzione perpetrati dai fanatici di Daesh. I curatori hanno lavorato per riportare il museo almeno in parte agli antichi splendori.
Ad arricchire questo importante traguardo, una personale del giovane scultore Omar Qais (Mosul, 1985): un incontro fra arte contemporanea e arte antica per celebrare il ritorno della vita culturale in città.
Già sottoposto a saccheggi nel caos che seguì la drammatica destituzione di Saddam Hussein nel 2003, nel 2014 il Museo (così come il sito archeologico di Ninive) ha subito gravi distruzioni causate dal fanatismo iconoclasta dei miliziani, che hanno venduto sul mercato nero anche decine di manufatti, utili per finanziare l’acquisto di armi.
Ma oggi, la civiltà sta riprendendo il sopravvento sull’integralismo religioso. Come ha dichiarato l’archeologa irachena Layla Salih, “ogni città in Iraq ha un’identità unica. Najaf e Karbala hanno entrambe un’identità religiosa. Altre, un’identità economica. A Mosul, abbiamo un patrimonio culturale; questa è la nostra identità”.
Dall’inizio di dicembre, il museo sta lavorando per riprendere le attività didattiche d’integrazione alla collezione antica. Salih ha spiegato di aver avviata una collaborazione con l’agenzia di sviluppo tedesca GIZ per sviluppare programmi di studio delle aree meno conosciute dell’antica Ninive, che dovrebbero cominciare il prossimo anno.
Autore: Niccolò Lucarelli
Fonte: www.artribune.com, 20 dic 2020