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MONTEU DA PO (TO). Mercanti e schiavi ai piedi di Iside, cosa resta dei templi di Industria.

monteu da po

I resti del sito archeologico raccontano il florido centro (oggi Monteu da Po) la cui storia corre dagli antichi liguri ai romani che introdussero il culto per la dea egizia e per l’ellenistico Serapide.
È a poco più di mezz’ora da Torino che nell’antichità sorgeva un grande tempio dedicato alle divinità egizie Iside e Serapide.
Siamo vicino a Clavasius, oggi Chivasso, lungo la linea che collegava Augusta taurinorum con Vardacate, oggi Casale Monferrato, in quello spicchio di pianura padana che si apre ai piedi delle Alpi Marittime e Cozie e degradando verso est raggiunge le colline dell’Astigiano e dal Monferrato.
Tra il 124 e il 123 a.C. nell’ottima posizione alla confluenza tra Po e Dora Baltea, utile per creare un porto fluviale e quindi un importante punto di commercio, il Console Marco Fulvio Flacco fondò Industria, oggi Monteu da Po.
La scelta del luogo, in effetti, era strategica. L’area a destra del Po all’altezza della confluenza con la Dora era frequentata già in epoca preromana, nell’età del ferro, come luogo di villaggi stanziali. Tra questi esisteva Bodincomagus, abitato da genti liguri, il cui nome, come spiega Anna Bianco, indicava «luogo di mercato sul Po», (bodinco, termine con cui i liguri chiamavano il Po, e magus, mercato).
monteu da poLa fondazione di Industria dunque non era casuale, in un territorio dove già era in corso la romanizzazione ed esistevano già contatti tra genti diverse, celtiche a nord del Po, liguri a sud, con esiti tuttavia sorprendentemente proficui e di buon vicinato se molto tempo dopo, nella ciclopica Naturalis Historia che Plinio il Vecchio pubblica nel 77 d.C. (un paio d’anni prima di morire nell’eruzione del Vesuvio, a Pompei) dice che…Ligurum quidem lingua amnem ipsum [il Po] Bodincum vocari, quod significet fundo carentem. Cui argumento adest oppidum iuxta Industria vetusto nomine Bodincomagum, ubi praecipua altitudo incipit..(«Infatti in lingua ligure il fiume stesso [il Po] si chiama Bodincum, che significa privo di fondo. A questo proposito esiste una località presso Industria con l’antico nome di Bodincomagum, dove inizia l’altura principale»).
I coloni romani di Industria dunque convissero a lungo con i celto liguri di Bodincomagus, senza darsi fastidio e anzi trasformando il castrum romano, nato per scopi militari e organizzato sulla tradizionale maglia di strade ortogonali, in un centro florido.
Fiorirono le attività connesse alla lavorazione del rame e del ferro, estratti dalle miniere della Valle d’Aosta e Industria divenne uno scalo importante per i prodotti minerari, come sembra confermato dai resti di officine metallurgiche — probabilmente in connessione al santuario delle divinità egizie — oltre che dall’attività storicamente accertata nella zona delle famiglie degli Avilii e dei Lollii, imprenditori e mercanti, la cui presenza è testimoniata dall’epigrafe oggi incastonata nel muro della chiesa di San Sebastiano a Pessine di Odalengo Piccolo, dedicata a Lollius Masculus, originario di Bodincomagus, e dalla dedica del ponte di Aymavilles sulla quale leggiamo che Imperatore Caesare Augusto XIII consule designato Gaius Avilius Gaii filius Caimus privatum, cioè «che al tempo in cui Cesare Augusto fu nominato console per la 13° volta, Caio Avilio costruì questo ponte con mezzi privati» ( e ci tenne a farlo sapere).
Due genti importanti, quelle degli Avilii e dei Lolli, e soprattutto, già devote a Iside da generazioni, come scrive l’archeologa Emanuela Zanda (Atti del V Congresso italo egiziano).
monteu da poIndustria era diventata nel frattempo anche un importante mercato di schiavi, provenienti dall’Oriente, da inviare poi verso Nord (Augusta Praetoria) e verso Sud (Hasta). Ed è probabilmente insieme a schiavi e mercanti che giunsero anche in questa zona i culti orientali, che già avevano invaso Roma negli anni concomitanti alla diffusione del cristianesimo. La produzione di bronzetti, ex voto o destinati al commercio, legati ai culti isiaci infatti fu molto abbondante e alcuni oggetti di grande bellezza — il Toro, il Satiro ebbro, la Tyche, la Danzatrice, quest’ultima celeberrima — conservati al Museo di Antichità di Torino, mostrano l’abilità degli artigiani «Industrienses» e la profonda influenza dei culti orfici nella tradizione locale.
Nel I sec d.C. Industria è ormai un’importante città-santuario, dove si pratica il culto delle divinità egizie Iside e Serapide, un centro di attrazione e devozione che attira fedeli da molte parti del mondo antico.
E oggi? Cosa resta del grande tempio di Iside? La zona archeologica attualmente visitabile (gratuitamente, tre giorni alla settimana, chiamando il 379 1592724) comprende l’area sacra, delimitata da strade acciottolate ed alcuni settori di botteghe e di case di abitazione.
L’edificio più antico è il tempio di Iside di cui resta l’imponente podio rettangolare, circondato da un recinto e preceduto dal pronao. L’ingresso al tempio era rivolto ad est, dove si trovava presumibilmente l’area del foro. Il tempio era circondato da varie costruzioni funzionali alle cerimonie sacre, spazi per la danza e per le abluzioni; l’area a sud era invece utilizzata per le offerte votive. Sulla strada porticata si affacciavano una serie di botteghe artigiane, riconoscibili per le piccole dimensioni regolari, e di magazzini per le merci, di forma rettangolare allungata. Sono ancora leggibili la tracce degli ampliamenti che nel corso del I sec. d. C. coinvolsero gli edifici intorno al tempio, man mano che il culto di Iside trovava nuovi fedeli non soltanto ad Industria, ma anche nel circondario, tanto da rendere poi necessaria una completa riorganizzazione dell’area sacra.
Nel II sec. d. C. infatti le costruzioni intorno al tempio di Iside furono abbattute e nello spazio delle offerte fu costruito un grande santuario dedicato a Serapide di cui, nonostante oggi siano visibili soltanto le fondazioni, si percepiscono ancora originalità e imponenza.
Ma il tempo di «Iside splendente», la dea che Apuleio descrive come «di meravigliosa figura che il linguaggio umano non permette di descrivere» sta per finire.
Nel IV secolo d.C. la diffusione del cristianesimo portò alla crisi del santuario e alla distruzione del tempio di Serapide, anche se alcuni isolati continuarono ad essere abitati.
Nel V secolo attorno alla pieve di S. Giovanni, costruita accanto al santuario romano e dipendente dalla diocesi di Vercelli, si stabilì una comunità cristiana che accelerò il definitivo abbandono della città.
In età medioevale i Longobardi sfruttarono le murature dei templi come pareti per sporadiche sepolture o costruzioni senza tuttavia riuscire a cancellare completamente la romana Industria, oggi ancora in gran parte sepolta sotto Monteu da Po.

Autore: Carla Piro Mander

Fonte: www.torino.corriere.it, 4 aprile 2024

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