Una villa romana di notevoli dimensioni, risalente al I sec. a. C., è stata scoperta e restaurata nel territorio di Montelupo Fiorentino. Si tratta di uno straordinario esempio di villa “rustica”, l’unica interamente ricostruita nella planimetria in area fiorentina. Destinata principalmente alla produzione del vino per l’esportazione, come testimoniano un gruppo di anfore vinarie ritrovate nello scavo, la villa detta “del Vergigno” si estende in un’area di circa 2.000 metri quadrati.
Un patrimonio archeologico di eccezionale valore recuperato grazie all’impegno e alla collaborazione tra il Comune, Museo e Gruppo Archeologico di Montelupo la Regione Toscana, la Fondazione Museo Montelupo e il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.
Lunedì 1 maggio l’apertura al pubblico dell’area archeologica. Per evitare danneggiamenti, la villa è stata recintata con una barriera di circa un metro di altezza che permette un’ottima visione del monumento lungo tutto il perimetro. E’ possibile accedere all’interno solo con visite guidate per piccoli gruppi. Nei mesi di maggio e giugno 2006, la villa rimarrà aperta al pubblico i giorni di sabato e domenica (ore 10.00/13.00, ingresso gratuito) e successivamente sarà visitabile solo con visite guidate su prenotazione.
Scoperta agli inizi degli anni Ottanta e successivamente restaurata, la villa romana è situata in un terreno a terrazzo tra il torrente Pesa e il suo affluente Vergigno, da cui prende il nome. Il corpo principale della villa è costituito da un’imponente parte residenziale (di circa 60 metri di lunghezza per 12 di larghezza), strutturata all’origine in 16 vani su due piani. Se del secondo piano non rimane traccia (ma possiamo ricostruirne la distribuzione degli ambienti), della parte principale dell’edificio, posta al piano terreno, rimangono le strutture murarie che ci mostrano come fosse organizzata una villa romana dell’epoca. Oltre ad un vasto portico di 52 metri di lunghezza per 11,20 di larghezza, le terme con il frigidarium, la vasca del tiepidarium, il laconicum – luogo destinato ai bagni di vapore – e il calidarium. In quest’ultimi due ambienti i pavimenti rialzati permettevano la circolazione sottostante dell’aria calda, prodotta da un ipocausto (forno a legna che riscaldava l’acqua). Sempre al piano terreno, contigui alla parte abitativa, gli ambienti destinati alle attività produttive, tra cui due fornaci per la cottura della ceramica d’uso comune ed altri per la produzione del vino, due dei quali pavimentati in malta e cocciopesto per la raccolta del liquido spremuto, conservato poi in anfore e dolia interrate.
Ville come questa, erano delle vere e proprie “aziende agricole”, in cui vivevano oltre al proprietario, un massaio (uomo di fiducia) e la sua famiglia, artigiani impegnati nella produzione e nel restauro degli strumenti agricoli, sorveglianti e schiavi (chiusi in apposite costruzioni dette ergastula). Si calcola che in una villa di queste dimensioni potessero lavorare fino a 70 schiavi. Attorno alla costruzione principale gravitavano vari edifici destinati ad attività produttive quali lo stoccaggio dei prodotti alimentari e l’allevamento di animali.
Scoperte come la “villa romana del Vergigno” sono rese possibili da campagne di ricerca e scavi condotte dalle Istituzioni locali e dal Gruppo Archeologico di Montelupo. Un’eccezionale collaborazione che ha portato ad oggi all’individuazione di ben 160 siti sul territorio.
Ed è proprio ai risultati conseguiti in questi anni che sono dedicati gli appuntamenti di “Montelupo 2006, un anno per l’archeologia”.
Dopo l’apertura della villa romana del Vergigno, sarà la volta della mostra documentaria sulla Via Quinzia, la strada militare romana tra Fiesole e Pisa.
A seguire le visite guidate (giugno-luglio 2006) agli scavi di un villaggio protovillanoviano del 1100 a.C. in località Bibbiani. Si tratta di un’importante scoperta: un villaggio dell’età del Bronzo finale di cui sono state individuate ad oggi sei capanne di grandi dimensioni (ognuna di circa 13 metri x 5), ma che con ogni probabilità restituirà un numero maggiore di “abitazioni”, si pensa addirittura fino a trenta. Nelle capanne sono stati ritrovati reperti di particolare interesse tra cui: ceramiche con anse a corna cave, anche del tipo detto protobucchero; spilloni ed altri materiali in bronzo; macine in pietra (tefrite leucitica) provenienti dai monti della Tolfa nell’alto Lazio. Particolarmente eccezionale è il ritrovamento di alcuni grani di collana in pasta vitrea (tipo Frattesina) e una grande quantità di semi di grano (4,7 kg) bruciati per un incendio e recuperati setacciando il terreno. Il grano – studiato dai paletnobotanici del Museo Giovio di Como – ha rivelato tecniche agricole avanzate sia nella coltivazione che nella selezione delle semente. Secondo Fausto Berti, direttore del Museo: “Si tratta di un importante villaggio, probabilmente centro di riferimento topografico per i passaggi verso l’Appennino, come suggerisce la presenza di materiali alto-laziali e padani”. Gli scavi, iniziati dal Museo di Montelupo, sono oggi condotti dall’archeologo Pino Fenu, esperto in Preistoria e Protostoria italica dell’Università di Siena.
Sempre nello stesso periodo (giugno-luglio 2006) le visite guidate all’abitato etrusco di Montereggi, su una straordinaria terrazza che domina a 360° gradi la valle dell’Arno. Scoperto nel 1982, – fondato nel VI sec. a. C e distrutto nel I sec. a. C. dalla colonizzazione romana – l’abitato presenta un’imponente serie di costruzioni che si estendono dalla cima della collina a metà della stessa. Il sito sarà oggetto di un importante campagna di scavi che ha l’obiettivo di portare alla luce i resti di una struttura che sembra appartenere ad un tempio. Materiali di grande valore sono stati ritrovati nel passato in questo luogo, tra cui una kylix attribuita al pittore di Kodros (440-30 a.C.), un olifante in terracotta ed un bronzetto votivo con la mano dell’offerente che tiene un fiore di loto.
Infine l’apertura del nuovo Museo Archeologico di Montelupo (ottobre 2006), dove saranno riuniti i materiali già esposti nel Museo Archeologico e della Ceramica di Montelupo (che sarà chiuso per costituire due nuovi musei) e i reperti provenienti dagli scavi condotti in questi anni.
Il nuovo museo è ricavato in un ex complesso ecclesiastico, costituito da due chiese una di fondazione preromanica (VIII secolo) e l’altra del 1600. Il museo è inserito nel parco della grandiosa Villa Medicea dell’Ambrogiana (1587-89). Si tratta di un “museo dinamico”, la sua caratteristica principale sarà di essere in stretto rapporto con i siti archeologici del territorio, di cui accoglierà i reperti, oltre a promuovere campagne di ricerca, scavo e restauro ed attività didattiche e sperimentali.
Info:
Ambra Nepi Comunicazione
via dei benci 23, 50122 Firenze
Tel. 055/ 24 42 17 – 24 27 05 – 348-6543173
e-mail ambranepicomunicazione@gmail.com
ATTIVITÀ DIDATTICHE a cura della Cooperativa Ichnos: in una porzione dell’area archeologica, detta ALA (Aula-Laboratorio d’Archeologia), la Cooperativa Ichnos ha posizionato le strutture necessarie ad un’attività pratica di archeologia dimostrativa e sperimentale: una fornace per la fabbricazione della ceramica, un fornello per la fusione dei metalli e piccoli appezzamenti di terreno seminati a lino e canapa, funzionali alla ricostruzione delle antiche pratiche di filatura.
Per informazioni e prenotazioni Cooperativa Ichnos – tel. 347/1112928-349/8794612-338/9758777.