I marinai le invocavano per proteggere imbarcazioni e viaggi. Erano benevole divinità marine, le più famose la ninfa Calipso, amante di Ulisse, e la madre di Achille, Teti: nell’insieme, le Nereidi.
Un fregio che le raffigura è stato trovato a Modena vicino all’ara di Vetilia Egloge, l’imponente monumento sepolcrale scoperto lo scorso settembre a pochi metri dalla via Emilia Est. Il fregio faceva parte di un altro monumento, presumibilmente funerario, demolito in antico per reimpiegarne i materiali. Il reperto è di straordinaria importanza sia per le dimensioni (è lungo più di 4 metri ed è il più completo finora trovato in Emilia-Romagna) che per la fattura. Raffigura un corteo marino di mostri, pesci e ippocampi aggiogati a carri o cavalcati da Nereidi e Amorini, un elemento decorativo usato spesso nei mosaici e più raramente nei monumenti funerari, forse a simboleggiare il traghettamento dei defunti nell’Ade.
Oltre al fregio sono state rinvenute parti di colonne, capitelli, cornici ed elementi della copertura a cuspide che ne identificano la tipologia.
A breve inizierà il restauro e l’assemblaggio dei vari frammenti architettonici recuperati, operazioni che dovrebbero consentire la ricostruzione del monumento e di accertarne cronologia e funzione; per la collocazione finale si valuteranno le possibili destinazioni.
Questa nuova scoperta e gli sviluppi delle indagini attorno al monumento di Vetilia, dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, hanno portato in luce un’area di straordinario valore archeologico.
L’ara funeraria di Vetila Egloge, eretta verso la metà del I secolo d.C., si è rivelata uno dei monumenti più imponenti rinvenuti a Mutina. Alta più di quattro metri, 25 tonnellate di peso, l’ara poggiava su tre gradoni di pietra calcarea, a loro volta poggiati su un dado formato da quattro lastre disposte verticalmente. Oltre alle informazioni dedotte dallo specchio epigrafico (la liberta Vetilia Egloge commissiona il monumento per sé, il marito decurione ed il figlio “apollinare e augustale”), l’incisione sul basamento ha fornito la dimensione del recinto funerario (20 piedi per 30 corrispondenti a più di 50 mq). All’interno di questo recinto sono state rinvenute quattro sepolture, presumibilmente riferibili ai personaggi citati nell’iscrizione dell’ara o ad altri congiunti o liberti legati alla famiglia.
In età tardoantica la base del monumento fu parzialmente seppellita da un’alluvione e nell’Alto Medioevo l’ara, che continuava a svettare sui tre gradini, fu risparmiata dalla demolizione, contrariamente a quanto accadde ad altri monumenti della zona. L’ara di Vetilia fu sempre rispettata, diventando luogo di offerte rituali come testimoniano le numerose monetine tardoantiche rivenute attorno ad essa.
I lavori di scavo sono stati diretti dal Soprintendente Luigi Malnati e dall’archeologo Donato Labate della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna che hanno coordinato gli archeologi della ditta Archeosistemi di Reggio Emilia.
Nei giorni scorsi, sotto il controllo dei restauratori della Soprintendenza Antonella Pomicetti, Roberto Monaco e Micol Siboni, l’ara è stata definitivamente collocata nel Lapidario Romano dei Musei Civici di Modena dove dal 16 dicembre al 27 aprile sarà allestita la mostra “Benvenuta Vetilia!” visitabile tutti i giorni dalle 8 alle 19 (info 059.2033101)
Info:
Donato Labate (339.7930338 donato.labate@beniculturali.it)
Fonte: MiBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Sopr. Archeol. Emilia Romagna 13/12/2007
Cronologia: Arch. Romana
Link: http://www.archeobo.arti.beniculturali.it/modena_ara/scavi_2007.htm