La botola del tempo è sempre stata lì, nascosta tra le vie della Milano della finanza, coperta da strati e secoli di vita cittadina.
Il viaggio inizia sotto la Borsa, basta un piano di scale per tornare indietro di duemila anni.
Si parte al buio, ma è un attimo: luci, suoni e odori aggrediscono chiunque affronti questa avventura.
C’è un teatro romano nelle viscere dì Milano. E visitarlo è un’ubriacatura dei sensi. Perché non si tratta di qualche muro in rovina spiegato da quattro pannelli. Questo è il primo «museo sensibile» d’Italia. Un percorso archeologico modernissimo, che trascina il visitatore nella Milano dell’età augustea, che lo accompagna in un’epoca lontana, quando gli uomini si profumavano con acqua di rose e sulle gradinate si vociava e si mangiava. Ora è tutto pronto: in autunno, dopo 22 secoli, il teatro sarà restituito ai milanesi.
L’antica Roma riaffiora dalle fondamenta di Palazzo Turati e Palazzo Mezzanotte. Con i resti di un teatro imponente e gli odori di 22 secoli fa: zafferano da diffondere durante gli spettacoli, acqua di rosa per profumarsi, vino dolce da bere tra un atto e un altro, sentori umani e animali.
Un’attenta ricerca storica e le suggestioni di un’epoca lontana, spesso conosciuta solo sui banchi di scuola.
Dopo due anni di scavi, quattro di studi archeologici condotti dalla Cattolica e un milione di euro investiti, la Camera di Commercio ha ultimato gli allestimenti del museo.
Riportando alla luce il teatro da quasi 9 mila posti costruito in età augustea (primo secolo avanti Cristo — primo dopo Cristo), quando Milano contava 25 mila abitanti e si estendeva su venti ettari di superficie.
Pausa estiva e poi l’inaugurazione: tra settembre e ottobre sarà aperto il più antico edificio pubblico di Milano. L’ingresso, naturalmente, da via San Vittore al Teatro.
Museo gratuito, interattivo e «sensibile»: olfatto, vista e udito dei visitatori sono stimolati durante tutto il percorso. E il viaggio inizia proprio così, con un’immersione tra gli odori del tempo: zafferano, acqua di rose, vino, afrori corporali. Quattro «miscele» (emanate da altrettanti pannelli) che inebriano, stordiscono, evocano, mentre tutto intorno una musica (creata apposta per il museo dal maestro Francesco Rampichini) racconta di carretti che cigolano, cavalli che nitriscono, urla di bambini.
Ettore Lariani, l’architetto che ha seguito l’allestimento, spiega: «Abbiamo voluto entrare nello spirito del tempo con varie suggestioni. Attenzione però: questo non è un luna park, ma un percorso museale dal profilo alto che si avvicina all’arte contemporanea». Il primo in Italia.
Avanti tra le rovine: la passerella trasparente conduce in mezzo alle pietre degli spalti, il viaggio nel tempo continua. Il suono attira lo sguardo verso un muro. Parte una videoproiezione «acusmetrica», su un telo viene rappresentato il sistema di fondazione del teatro.
Linea dopo linea, le note che diventano più acute man mano che si sale: «Vogliamo raccontare in una forma nuova», analizza Rampichini.
Ultimo atto, il «Gigante» — così lo definì Pompeo Castelfranco, l’archeologo che per primo identificò alla fine del XIX secolo — rivela i suoi segreti. Un sensore proietta su due statue lisce, bianche, le immagini di due attori. Un uomo recita (in latino) il prologo della «Casina» di Plauto: è Giorgio Albertazzi.
L’antico e il moderno insieme. Le nuove tecnologie e migliaia di pietre antiche che per secoli sono rimaste nascoste a dieci metri di profondità. E un altro tassello della Milano romana, che si aggiunge all’anfiteatro di via De Amicis, usato per la caccia alle fiere, al museo archeologico di corso Magenta, a San Lorenzo.
La visita dura circa venti minuti, l’ingresso è libero negli orari di ufficio. Non resta che godersi il viaggio nel tempo e immaginarsi un teatro frequentato dal pubblico colto — quello che assisteva alle tragedie di Eschilo — e da quello più popolare abituato a seguire mimi, acrobati e naumachie, le battaglie navali.
Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio, è soddisfatto: «II teatro romano rientra a pieno titolo nel patrimonio culturale della città. È un percorso suggestivo, culturale, un contributo in più per facilitare la visita e per renderla più piacevole a tutti».
L’ultimo spettacolo fu una battaglia navale
Il teatro romano funzionò fino agli inizi del V secolo, quando Milano, capitale dell’impero romano (lo fu dal 286 al 402), riceveva la corte. Il Palazzo dell’imperatore Massimiliano sorgeva tra via Gorani e via Santa Maria alla Porta. Il teatro mantenne la funzione di edificio per spettacoli fino alla fine del IV secolo d. C. Nel 398 vi fu celebrata la designazione a console del Patrizio Manlio Teodoro: in quell’occasione si esibirono buffoni, mimi, musicisti. Vi si svolse anche una battaglia navale (naumachia). Fu questo, forse, uno degli ultimi spettacoli.
Fu distrutto nel 1162 da Federico Barbarossa
Sul finire del IV secolo d. C, gli spettacoli teatrali conobbero un forte declino per la condanna della Chiesa. Da due atti del Comune di Milano del 1119 e del 1130 si desume che la cavea continuò a essere in uso almeno fino al XII secolo: là si radunava il senato cittadino per deliberare su questioni di vario genere. È probabile che il teatro, come gran parte della città, sia stato distrutto nel 1162 da Federico Barbarossa. Successivamente, sui ruderi dell’edificio, furono costruite varie chiese (san Vittore al Teatro, Santa Maria Fulcorina): la zona divenne polo di edifici religiosi e privati.
Fonte: Corriere della Sera 05/08/2007
Autore: Annachiara Sacchi
Cronologia: Arch. Romana