Della disciplina etrusca (il complesso dei precetti religiosi etruschi) faceva parte anche l’interpretazione dei fulmini e dei tuoni. Gli insegnamenti sulla materia venivano attribuiti alla Ninfa Vegoia e furono trascritti nei cd Libri Fulgurales.
Dei testi etruschi non è rimasta traccia ma alcuni riferimenti e/o frammenti degli stessi sono confluiti in scritti di autori classici giunti fino a noi quali Plinio il Vecchio (Storia naturale), Seneca (Questioni Naturali) e Giovanni Lido (Sui Segni Celesti).
Seneca precisa che gli Etruschi erano i più abili nell’interpretazione dei fulmini e che secondo quest’ultimi i fulmini non erano eventi naturali ma manifestazioni della volontà degli dei che potevano essere interpretate.
Per interpretare le folgori era necessario individuare la provenienza degli stesse, dove cadevano e dove ritornavano (gli Etruschi infatti ritenevano che il fulmine rimbalzasse sempre indietro).
Secondo gli Etruschi il cielo era suddiviso in sedici sezioni, ognuna presieduta da una divinità, orientate secondo gli assi cardinali. Tracciando due linee ideali in senso nord – sud (Cardo) ed est – ovest (Decumanus) il cielo risultava quindi diviso in quattro quadranti di quattro sezioni ciascuno. Le divinità posizionate ad oriente (Pars Familiaris) erano considerate favorevoli, quelle ad occidente (Pars Hostilis) sfavorevoli.
I fulmini potevano essere lanciati da Tinia ma anche da altre otto divinità (tra cui Uni, Menerva, Setlans, Maris e Satres). Il padre degli dei però, diversamente dagli altri, disponeva di tre tipi di saette: la prima ammoniva (presagum), la seconda poteva avere effetti benevoli ma anche dannosi (ostentarium), la terza era distruttiva (perentorium). Tinia poteva utilizzare liberamente la prima folgore, per il lancio del secondo e del terzo fulmine doveva invece rivolgersi agli dei Consentes e agli dei Involuti. Ogni divinità lanciava le saette dalla propria sede nel cielo, salvo Tinia che poteva mandarle da tre zone.
Ai fini della corretta interpretazione non era importante solo la provenienza della folgore ma anche dove ricadeva e quindi il segno era il più favorevole quando scaturiva da oriente e li ritornava.
Secondo gli Etruschi i fulmini oltre che dal cielo potevano venire anche dal suolo (inferi), i primi avevano andamento obliquo, i secondi rettilineo.
La disciplina etrusca sotto il profilo classificatorio era molto dettagliata ed individuava almeno quaranta diversi tipi di folgori per aspetto, colori ed effetti.
Relativamente al significato i fulmini potevano essere di tre specie: il primo (prima dell’atto) consiglia o meno di compiere un’azione che è stata pensata, il secondo conferma se un evento (compiuto) debba avere conseguenze positive o negative, il terzo ammonisce su un pericolo da evitare.
Osservando certi riti e invocazioni era possibile condizionare od anche ottenere i fulmini.
All’esito dell’interpretazione del fulmine veniva posta in essere la cerimonia di seppellimento del fulmine e purificazione del luogo. I resti bruciati venivano raccolti in un pozzo che veniva sigillato e recintato. Il rito comprendeva anche il sacrificio di un animale ed il luogo non poteva più essere calpestato.
Relativamente all’interpretazione dei tuoni possiamo consultare il calendario brontoscopico trascritto da Giovanni Lido nel Liber De Ostientis (fine VI secolo a.C.) che si avvalse di una traduzione latina dello stesso realizzata da Nigidio Figulo sulla scorta probabilmente di un testo etrusco. Si tratta di una sorta di elenco di predizioni a seconda del giorno in cui si era udito il tuono.
Per completezza è da segnalare che grazie al testo di una bilingue latino etrusca di Pesaro – “Laris Cafatius Larisis Filius Stellatina haruspe(x) fulguriator” = Laris Cafatio figlio di Laris della (tribù) Stellatina aruspice/interprete dei fulmini); “Cafates netśvis trutnvt frontac” = (Laris Cafatio (figlio) di laris aruspice e interprete fulgurale -, sappiamo che il nome etrusco del sacerdote che interpretava i fulmini era frontac.
Sull’arte fulgurale etrusca cfr., tra gli altri:
– Adriano Maggiani in Gli Etruschi una nuova immagine, Giunti, 1984, pagg 146 e ss;
– Giovannangelo Camporeale, Gli Etruschi Storia e civiltà, Quarta edizione, UTET, 2015, pag. 166 – 167;
– Maurizio Martinelli, Gli etruschi Magia e Religione, Convivio, 1992, pagg. 102 e ss,
– Andrea Verdecchia, Mitologia etrusca, Effigi, 2022, pagg. 43 e ss.
Di seguito immagini di bronzetto di Tinia intento a scagliare un fulmine databile al VI – V secolo a.C presso il Cleveland Museum, di statuetta in bronzo di Tinia con un fulmine da Firenzuola del V secolo a.C. al Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona e della iscrizione bilingue di Pesaro.
Autore: Michele Zazzi – michele.zazzi@alice.it