Con il termine graffione ci si riferisce ad un’asta di bronzo terminante in più uncini (con un diametro anche superiore a 40 cm).
Alcuni presentano punte arrotondate attorno ad un anello centrale (graffioni a corona circolare); altri sono costituiti da ganci perpendicolari rispetto ad una barra trasversale (graffioni a barra trasversale). Tali oggetti sono caratterizzati da immanicatura cava che doveva servire per l’inserimento di un asta lignea anche al fine di infiggere il graffione nel terreno.
In passato si era ipotizzato trattarsi di ganci/forchettoni per cuocere/prendere la carne sul fuoco per uso cultuale.
Secondo l’interpretazione attualmente prevalente dovevano essere strumenti per l’illuminazione artificiale, ottenuta tramite una corda che, attorcigliata agli uncini, veniva imbevuta di materiale combustibile. Tale lettura sembrerebbe confermata dalle fonti (Servio; Elio Donato), ma anche da uno specchio etrusco da Civita Castellana (al Metropolitan Museum di New York), della seconda metà del IV secolo a.C., dove, accanto agli sposi Admeto e Alcesti, è raffigurato un personaggio con un graffione in mano con corda attorcigliata nell’atto di prendere fuoco.
Tali strumenti, databili tra il V ed IV secolo a.C., sono stati sovente rinvenuti nel corredo di tombe etrusche. Nelle necropoli di Spina alcuni graffioni sono stati rinvenuti ai lati del defunto, vicino alle mani o sopra la testa.
Immagini: Graffioni esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze nel Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia e nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma e disegno dello specchio da Civita Castellana.
Sui graffioni cfr., tra l’altro:
– Tesori dalle Terre d’Etruria La Collezione dei Conti Passerini, Patrizi di Firenze e Cortona, Sillabe, 2020, pagg. 231 -233
Autore: Michele Zazzi – michele.zazzi@alice.it