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MESSINA: Gli scavi archeologici hanno chiarito molti aspetti della città mamertina.

La ricerca archeologica continuativa a Messina è sempre stata problematica”, Sosteneva il celebre archeologo Paolo Orsi che “nulla sappiamo della topografia e dell’archeologia di Messana, perché alle disastrose vicende e ai cataclismi si aggiunse l’apatia degli studiosi nell’osservare e notare tutto ciò che pur avendo parvenze modeste, sarebbe stato di grande giovamento”.

Allo stato attuale delle ricerche, in seguito alle indagini e alle limitate esplorazioni condotte in questi anni dai servizi archeologici della Soprintendenza di Messina, si può affermare con certezza che molti lati oscuri della topografia messinese di epoca ellenistico-romana e più specificatamente del periodo mamertino, sono stati svelati, almeno in parte.

Una inedita analisi topografica delle due città dello Stretto fu affrontata da George Vallet in “Rhegion et Zancle” (Parigi 1958). Il testo affrontava una prima ricostruzione topografica, dei due centri calcidesi, in base ai risultati provenienti dalle ricerche archeologiche. Le esplorazioni territoriali, dopo il tragico terremoto del 1908, hanno permesso di individuare l’ubicazione di alcune necropoli ellenistiche e romane; la più importante è situata nella zona a sud della città, nell’area dell’attuale via Santa Cecilia e degli antichi Orti della Maddalena, la necropoli fu esplorata dal Griffo nel 1942 e di seguito dallo stesso Vallet nel 1952. Si tratta di una necropoli collocabile in un segmento cronologico che va dal IV al III secolo a.C. i cui materiali ci offrono la possibilità di esaminare uno “scorcio” della vita rituale-funeraria della città ellenistica. Altri significativi ritrovamenti di contesti cimiteriali sono stati effettuati nella necropoli romana di San Placido, oltre che in isolati contesti tombali, di età ellenistica, individuati da Vallet in diversi punti della città: torrente San Cosimo, nei pressi del curvone di Gazzi, ai piedi delle colline Santo e Gonzaga; inoltre ai tempi dei lavori di sbancamento, iniziati per costruire la Galleria Vittorio Emanuele e il Liceo “La Farina”, sono stati recuperati alcuni reperti archeologici, di buona fattura, appartenenti a corredi tombali ellenistici. I materiali più indicativi provengono da altre necropoli situate al di sotto della città attuale: sulla riva sinistra del torrente Portalegni, a sud del porto e ancora nei pressi degli isolati 323 e 327; il materiale proveniente da quest’ultima necropoli ha dei precisi confronti con quello degli Orti della Maddalena. Nel lontano 1926, lungo la via S. Marta, isolato 162, a valle di Camaro, furono messe in luce alcune tombe a sarcofago costituite da grandi lastre di terracotta, con corredi ancora di epoca ellenistica. In questa maniera l’insieme delle necropoli viene a formare una sorta di arco di cerchio a sud della città, che permette di determinare orientativamente il limite della città mamertina.

Altri aspetti importanti della pianificazione urbanistica dell’antica città di Messana sono riconducibili alla presenza di aree santuariali e quartieri artigianali. Vicino alla chiesa dello Spirito Santo si trovano le fondazioni di un importante santuario, proprio nei pressi della grande necropoli di S. Marta-Orti della Maddalena; in base al materiale ritrovato il santuario è ascrivibile al pieno periodo ellenistico IV-III a.C.

Uno dei problemi più discussi della topografia di Messina è però l’identificazione dell’altro grande santuario dedicato a Poseidon, divinità per eccellenza dello Stretto, presso il capo Peloro, luogo associato alla figura gigantesca “peloria” di Orione.

Nella parte sommitale di Montepiselli invece, in base ad una ricognizione effettuata nel 1975 vennero alla luce notevoli quantità di materiali di IV secolo a.C., tra cui scarti di fornace, nella fattispecie materiale ceramico, lucerne e coroplastica, indicativi della presenza di un quartiere di vasai. Nei pressi degli isolati 194 e 146, a conferma di tale presenza, sono state individuate due fornaci per la produzione all’aperto, insieme ad altri scarti di lavorazione provenienti da scarichi artigianali individuati all’altezza degli isolati 144 e 158. I quattro poli produttivi degli isolati sopra citati, secondo gli archeologi, dovevano essere attivi nel periodo tardo ellenistico, impegnati nella produzione di ceramica a vernice nera (campana c) oltre che nella fabbricazione di vasellame comune da cucina in argille refrattarie locali.

I cambiamenti dell’abitato tardo-classico furono imputabili agli avvenimenti storici e traumatici del periodo, ultima la conquista degli ex mercenari italici (mamertini) di Agatocle intorno al 288 a.C. Nel corso del IV secolo a.C., l’abitato tende a spostare il proprio centro di interesse verso nord-ovest; nel periodo imperiale, la città è ridotta di dimensioni e appare definitivamente attestata a ridosso dell’insenatura portuale a nord del torrente Portalegni. Questo circuito murario, di cui, sostiene l’archeologa Giovanna Maria Bacci, probabilmente il solo segmento in via Università può essere approssimativamente posizionato, sembra fare parte di un sistema difensivo riferibile all’età mamertina.

Nel 264 a.C., in seguito ad un attacco di Gerone II, il gruppo campano-mamertino al governo si rivolse, per aiuti, a Roma con regolare ambasceria, promettendo la consegna della città.

Messana, allontanato il presidio punico, fu consegnata al console Appio Claudio dal gruppo mamertino filo-romano.

Ierone che aveva abbandonato Roma per allearsi con i cartaginesi, battuto il console Appio, si ritirò dalla contesa per stipulare, l’anno successivo, dopo un periodo di ostilità, la pace con Roma.

Messana rimase a lungo assediata, finché il console Mario Valerio liberò il porto stanziandovi la flotta romana, da questo momento l’ex colonia calcidese divenne una “civitas foederata”. La storia della città sarà ormai strettamente legata alle vicende di Roma.


Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno 05/10/2005
Autore: Girolamo Sofia
Cronologia: Protostoria

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