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MERETO DI TOMBA (Ud). L’uomo di Mereto, ricco, potente e di 4.000 anni di età.

Passerà qualche mese e un mistero vecchio di 4mila anni sarà svelato. Dello scheletro, rinvenuto martedì a Mereto, non si conoscerà mai il nome, la voce, i ricordi, ma si potrà sapere il sesso, l’età, e la statura. È già evidente, invece, che quelle ossa sono appartenute a una persona importante, perché le piccole comunità che vivevano in Friuli in quel tempo celebravano il prestigio con la maestosità della tomba.

Paola Càssola Guida, ordinaria di protostoria e preistoria all’Università di Udine e promotrice nel 1973 delle prime ricerche in materia sul territorio friulano, racconta il contesto nel quale questa scoperta si inquadra.

«Quello di Mereto di Tomba era un luogo di culto funerario persistente, non a caso la presenza di tombe è rimasta nel nome moderno del paese. La civiltà qui stanziata, a cavallo tra l’età del rame e quella del bronzo, ossia nel III millennio circa, apparteneva al ceppo linguistico indoeuropeo; vivevano di agricoltura e pastorizia e non erano nomadi, ma gruppi stanziati in piccoli villaggi. L’organizzazione era di tipo familiare, cioè si basava su rapporti di parentela; il “capo” era il più vecchio che generalmente era anche il più “ricco”, ossia possedeva presumibilmente più bestiame».

Il tumulo di Mereto è una tomba unica, accoglie cioè un solo defunto e, vista l’imponenza del monumento, si pensa abbia accolto un personaggio importante.

«Lo scheletro – dice ancora Paola Càssola Guida – è una scoperta notevole, in quanto nelle zone finora scavate erano stati rinvenuti pochissimi inumati, un antecedente importante è quello di San Osvaldo. Dagli studi, che si effettueranno in tempi non brevi, perché l’archeologia non dà risposte rapide e perché i fondi sono sempre pochi, potremmo avere informazioni importanti. Conosceremo il sesso del defunto, anche se per meritare un monumento così imponente, si può già presumere che fosse un uomo. Dalla robustezza, capiremo se si nutriva bene e lo stile di vita che conduceva. Si potrà conoscere l’età, ma solitamente morivano giovani e, anche se è difficile, si potrebbe scoprire anche la causa della morte; la malattia non lascia tracce sullo scheletro, ma se fosse morto per ferite da animali, potremmo riuscire a saperlo».


Le campagne di scavo per lo studio dei tumuli nel friulano sono cominciate in modo sistematico nei primi anni del 2000, con lo scavo di San Osvaldo. Sul sito di Mereto, oltre ai due direttori, lavorano studenti dell’Università di Udine e di Trieste e archeologi laureati presso il primo ateneo. I lavori di ripulitura dello scheletro si concluderanno venerdi, quando sarà portato in laboratorio e sottoposto alle analisi al radiocarbonio.

Anche a San Osvaldo 4mila anni fa fu deposto un uomo notabile, un capo. Quando nel 2002 il team di archeologi dell’Università di Udine lo scoprirono, «giaceva sul fianco sinistro, con i gomiti piegati, con le mani raccolte davanti al volto e le gambe lievemente flesse», ma era stato seppellito senza corredo, solo con se stesso. Era un uomo tra i 25 e i 35 anni, un giovane per noi, ma più che maturo per l’epoca; era robusto aveva la stazza del capo: 170 cm d’altezza per 76 kg di peso. Anche lui apparteneva allo stesso tipo di civiltà del defunto di Mereto: i capi erano dei pastori-guerrieri e l’importanza del ruolo ricoperto in vita si manifestava nell’imponenza della tomba. Nel pensiero di chi ne aveva ordinato la costruzione, il tumulo di San Osvaldo doveva essere il più maestoso di tutti, tanto che fu concepito in modo tale da renderlo visibile a distanza. San Osvaldo, come Mereto, ha conservato la presenza delle tombe nel nome: in friulano la località si chiama “pras de tombe“, prato di tombe, appunto.

I tumuli friulani si somigliano tra loro, ma somigliano molto anche a quelli dei territori transalpini, delle isole della Ionia, della Grecia Occidentale e a quelli balcanico-adriatici. «Lo scopo degli studi inaugurati negli anni ’70, infatti – dice Paola Càssola Giulia, docente di protostoria e preistoria all’Università di Udine – è anche quello di capire il legame tra i tumuli friulani e quelli europei».


Fonte: Messaggero Veneto 25/07/2008
Autore: Augusta Maranci
Cronologia: Protostoria

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