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Mario Zaniboni. Drago e Cina, un tutt’uno.

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Durante una serie di ricerche e di scavi nella tomba di pietra del tipo circolare di Yuanbaoshan nel territorio dell’Aohan Banner di Chifeng, città della Mongolia Popolare Cinese, è venuto alla luce un artefatto che è stato chiamato “Drago di Giada”, dal materiale che fu usato per costruirlo e che, sino a oggi almeno, è riconosciuto come il più grande reperito.
I draghi sono elementi importanti della cultura e della mitologia cinese e, pertanto, tenuti nella massima considerazione; però, non si è ancora riusciti a comprendere se i draghi avessero pure un carattere religioso. Comunque, sicuramente gli antichi mongoli avevano la massima considerazione per i draghi, ritenendoli animali pacifici e legati al sovrannaturale.
Nella cultura cinese, il drago assume un aspetto della massima importanza, tanto da essere ritenuto il simbolo dello stato. In effetti, i Cinesi si ritengono eredi del drago e perciò tutto quanto avviene durante la loro vita gli è strettamente legato, partendo dal presupposto che ogni individuo non sia altro che una squama della sua pelle e che, pertanto, la totalità delle squame, strettamente unite, formino la loro civiltà. Quindi, dire drago e cultura tradizionale cinese è come parlare di un tutto unito e indivisibile.
L’oggetto, stilizzato, è di una giada traslucida, che si sente liscio al tocco ed è caratterizzato dal muso rivolto verso l’alto, dagli occhi leggermente sporgenti, da una forma di chioma sulla testa e da fini incisioni sotto la bocca. La sua lunghezza è di 18,5 centimetri, la sua larghezza di 9,5 e lo spessore di 3; con quelle dimensioni, il reperto, secondo il parere di alcuni esperti, è il più grande drago di giada della cultura Mongshan (appartenente al Neolitico) e forse uno di quelli più antichi, naturalmente fra quelli noti, durante la quale tanti ne sono stati costruiti.
Esso faceva parte di una ricca serie di altri oggetti, in cui erano resti di scheletri umani, bracieri, fosse con una forma adatta ad oggetti cilindrici; non mancarono importanti catini in giada, contenitori in ceramica dipinta, oltreché coppe tripodi pure loro in ceramica.
La ragione che ha spinto gli studiosi a questo lavoro era anche quello di ricostruire, nei limiti del possibile, in quale ambiente si muovessero i loro antenati, di preparare una mappatura topografica su grande scala e di stabilire l’epoca, ricorrendo all’aiuto fornito dal Carbonio 14. E da questa venne confermato ciò che si pensava: il sito fa parte della tarda cultura Honyhogan, che ebbe il massimo sviluppo fra il 3100 e il 3000 a.C.
Ultimamente a Chifeng è stato convocato ufficialmente un seminario specifico, durante il quale sono stati resi pubblici i progressi archeologici ottenuti dalla tomba di pietra dell’Aohan Banner. Curiosi, si resta alla finestra per avere sott’occhio ciò che porteranno alla luce del sole eventuali, futuri ritrovamenti.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

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