Fiabe, leggende, un tempo si raccontavano vicino al focolare, poi la tecnologia ci ha fatto dimenticare quei momenti di svago che rallegravano le serate insieme agli amici. Non ci sono più i vecchi che attiravano le attenzioni dei bambini con i loro racconti e con essi si sono perse le leggende. Che poi a pensarci bene spesso non erano altro che vecchie storie tramandate di bocca in bocca, come quella del re etrusco Porsenna.
In molti luoghi si narra ancora della sua morte improvvisa e del luogo della sua sepoltura come a Proceno, qui su di una collina, si trova una fontana, l’acqua proviene da una sorgente che nasce da una piccola altura chiamata Poggio Porsenna, lì si tramanda sia la tomba del re che ferito da un cinghiale morì lontano da casa e in quel punto fu sepolto.
Oppure si dice che morì a Grotte di Castro, sempre nel Viterbese, per colpa di una ferita e fu sepolto dentro la grande vasca di depurazione della sorgente “la Vena”.
Ma la leggenda più nota della tomba di Porsenna narra che a Chiusi si era fatto costruire un grande mausoleo con cinque piramidi una al centro e quattro una per angolo, nascoste dentro un labirinto.
Questa però non è una fiaba ma il racconto scritto da un grande erudito dell’antica Roma, Marco Terenzio Varrone.
C’è però un altro luogo, poco conosciuto ma altrettanto ricco di suggestione, in cui si tramanda vi fu tumulato un re, di lui non si conosce il nome ma la sua storia richiama alla memoria quella di Alarico il re dei Visigoti che si racconta fu sepolto con il cavallo nel letto del fiume Busento in Calabria.
Ma torniamo a Porsenna, il grande re che sconfisse Roma: regnava su Chiusi e Velzna, di lui si conoscono le gesta, la guerra con Roma e un’altra leggenda, quella del mostro Volta, una specie di drago che viveva nel Lago di Bolsena, e di come riuscì a ucciderlo con un fulmine.
Unendo i vari miti tramandati si può ricostruire un quadro della situazione che pare avvalorare la presenza di Porsenna nel circondario volsiniese e la parte che si ripete più volte è la ferita durante la caccia e la morte sulla via del ritorno verso casa.
La salma di un re però non si poteva certamente lasciare alla mercé dei saccheggiatori di tombe, quindi fu seppellito sicuramente in un luogo segreto scelto dagli dei degno della sua grande personalità.
Doveva essere una tomba inaccessibile a tutti, ma in un luogo dove si poteva onorare la sua memoria anche senza conoscere il punto preciso in cui stava trascorrendo il suo riposo eterno.
Quindi doveva essere presente un qualcosa di unico scelto dagli dei, come una sorgente di acqua solfurea, l’acqua ignea considerata sacra, simbolo dell’unione tra il dio del fuoco e la dea dell’acqua.
Il fuoco e l’acqua, elementi principali della vita, rappresentati dagli dei etruschi Velchans, dio del fuoco e Nortia, la dea delle sorgenti, nata dal lago volsineo.
I loro simboli arcaici sono scolpiti nei tufi del muro etrusco di Porte Capite a Bolsena, sono due A rovesciate, che indicano la provenienza divina, accanto a due triangoli uno maschile in basso con la punta verso l’alto, la punta di lancia e l’altro quello femminile rovesciato, il calice della vita.
Per questo nel luogo scelto dovevano essere presenti i segni dei Numi, come una forza immane della natura, un torrente indomito e l’immagine della potenza del vulcano, un grande scoglio che con la sua sola presenza riusciva a deviare il fiume dal suo corso naturale.
Questo luogo l’ho cercato e trovato è sotto Monterubiaglio, frazione di Castel Viscardo, nell’Orvietano.
Il fiume è il Paglia, lì accanto un tempo passava la strada etrusca che portava a Chiusi, nelle vicinanze dell’antica via c’è un grande scoglio vulcanico che ricorda la testa di un guerriero con l’elmo, si trova quasi al centro del fiume e ne devia il corso naturale, in quel punto c’è un’insolita cavità profonda circa sei metri, sono presenti nell’area a confermarne la sacralità anche diverse sorgenti di acqua solfurea.
Sarà lì la tomba di Porsenna, chissà? Non si può sapere e nessuno finora se ne è mai interessato ma ogni tanto in primavera, quando l’acqua è limpida, pare di vedere sul fondo una piccola casetta di pietra chiara.
Un’ultima chicca prima di chiudere: nei primi del Novecento in quella zona fu costruito un mulino ad acqua che veniva presa dal Paglia, deviando in un’ansa una parte del suo corso, ma con stupore, durante i lavori ci si accorse che sotto, nel letto del fiume era già stata costruita una barriera di cui non si era mai sentito parlare.
Chissà a cosa mai sarà servita una deviazione proprio a monte del “sasso pinzo”…
Autore:
Marco Morucci – marcomorucci60@gmail.com