Adagiata sul fondale del golfo di Manfredonia, fra Zapponeta e Torre Rivoli, vi sarebbe un’antica città la cui nascita risalirebbe al IV secolo d.C. chiamata Santa Pelagia. Quella che sembra essere una leggenda, in realtà è una storia ben nota ai pescatori più anziani di questa zona, che conoscono da sempre l’ubicazione dell’antico borgo sommerso, da loro chiamato “Aspro di Santa Palacena”.
Spesso, gettando le proprie reti in mare, le stesse si sarebbero trovate imbrigliate, per poi tornare in superficie con anfore e monete. E se ciò potrebbe far pensare alla presenza di antichi relitti, a destare la curiosità degli studiosi è il fatto che a finire nelle reti dei pescatori vi siano state anche tegole e porzioni di basolato (una tipologia di pavimentazione stradale antica).
Secondo quanto riferito nel suo libro “Manfredonia, storie e personaggi” dal giornalista e scrittore Antonio Universi, sipontino d’origine e svizzero d’adozione, il villaggio si troverebbe a circa 600 metri dalla riva e a 7 metri di profondità.
Ma come mai un villaggio in questa zona e chi lo costruì?
Bisogna fare qualche passo indietro nel tempo. Correva l’anno 326 d.C. e a Siponto vi erano due conventi di vergini. In uno di essi, quello addetto alle vergini di nobile famiglia, vi era la matrona Pelagìa degli Aurelij, sorella di Lucio Domiziano, ventisettesimo duce delle armi sipontine, la quale, a trentadue anni, si fece monaca e divenne la superiora del convento.
Pelagia rimase in convento per cinquantadue anni e, raccontano gli storici: “fu tanto cara a Dio che meritò, in vita, lo spirito di profezia”. Morì alla veneranda età di 84 anni in odore di santità. E fu proprio alla sua morte, nel 378 d.C., che apparve in sogno al vescovo di Siponto, Simplicio, “mentre che in una notte orava nell’oratorio di Sant’Oronzo”, chiedendogli di edificare una chiesa in riva al mare, tra la Terra di Rivoli e la Terra di Pietra (oggi Torre Pietra per via della torre d’avvistamento che vi fu costruita), nei pressi di Zapponeta.
La chiesa viene subito costruita “a spesa della famiglia degli Aurelij”, che provvide anche a mantenere “con la loro elemosina, un sacerdote per la messa di tutti i giorni”.
In poco tempo, attorno a quella chiesa dedicata al culto della santa, nacquero altri edifici dove trovavano ospitalità i pellegrini. Questa borgata di Siponto fiorì per quasi 700 anni. Poi, poco dopo l’inizio dell’anno Mille, sprofondò, molto probabilmente travolta da uno tsunami, come diremmo oggi, a seguito di un forte terremoto. L’area sipontina è infatti notoriamente sismica e la stessa Siponto antica fu completamente rasa al suolo da un terribile sisma e dal successivo maremoto.
La storia di Santa Pelagia, che ci è giunta condita da qualche dettaglio dal sapore leggendario (così come gran parte degli antichi racconti che hanno dei santi come protagonisti), trova la sua fondatezza in numerosi testi antichi. Anzi, secondo lo storico del secolo scorso nativo di Manfredonia, Vincenzo Gennaro Valente, in quella stessa zona insistevano ben due villaggi adiacenti, Santa Pelagia e Salpi.
Quel che è certo è che ancora fino agli anni ’60 e ‘70 i pescatori riuscivano a distinguere chiaramente sul fondale, nelle giornate limpide e col mare calmo, i ruderi di Santa Pelagia, con le sue strade, i tetti di alcune case e addirittura la cima di un campanile. Col tempo, però, i ritrovamenti di tegole ed anfore sono diventati sempre più rari, fin quasi a scomparire. Probabilmente di quell’antica città oggi vi è rimasto ben poco, ma i sub che si immergono a livello amatoriale scorgono una pavimentazione insolita, la cui natura sarebbe sicuramente importante approfondire.
Nonostante l’interessamento negli anni scorsi persino di studiosi inglesi e tedeschi, nonché di incontri ad hoc organizzati da cultori del mare, come il professor Giovanni Simone (al cui nome è legato il delfino Filippo che viveva nel Golfo di Manfredonia), purtroppo nessuno mai ha voluto investire tempo e risorse in apposite ricerche archeologiche subacquee.
Dunque nelle acque pugliesi, precisamente nel golfo di Manfredonia, vi sarebbe una piccola Atlantide, ma a noi restano solo i racconti dei pescatori e quello strano suono di campane che da secoli navigando in questa zona è possibile udire.
Autore: Maria Teresa Valente
Fonte: bonculture.it, 31 lug 2019